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Le due strade di Prandelli

I percorsi per commentare l’Europeo italiano appena terminato sono due. Il primo parte da un quesito: per voi quale calciatore dell’Italia potrebbe essere concupito dalle grandi squadre europee? Balotelli, poi? Giovinco si deve ancora fare mentre si sta disfacendo, Buffon e Pirlo sono troppo in là con gli anni, il resto niente da fare. Stanno bene al di qua delle Alpi. Posta questa premessa, il lavoro di Prandelli è stato eccezionale e quello che è successo in finale non sfiora l’ottimo operato del tecnico.

Seconda strada: può un allenatore di calcio non accorgersi che Chiellini è infortunato, che Cassano non può scendere in campo contro il pressing spagnolo, che uno tra Marchisio e De Rossi doveva partire dalla panchina, che Thiago Motta non sposta di nulla l’inerzia di una partita, che non può finire di giocare una partita al 50’ minuto?

Se invece partiamo da qui Prandelli è stato molto bravo nelle piccole cose mentre è stato solo sufficiente se non mediocre nelle grandi scelte, nelle decisioni di polso e difficili da far digerire per il bene della squadra.

La risposta su quale sia il percorso critico corretto potremo darla soltanto seguendo con attenzione il biennio che sta arrivando, in cui Prandelli non può più nascondersi: o paladino del bel gioco e del si fa come dico io, o impiegato del meglio così che il Lippi sudafricano.

 
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