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 Home page > Tempo Libero > Recensioni > La vera storia del primo incontro tra Berlusconi e Ingroia

La vera storia del primo incontro tra Berlusconi e Ingroia

Vive da vent'anni sotto scorta. Non ha mai vissuto un momento di intimità con la sua famiglia se non all'interno della propria casa. Ha avuto come primo maestro Giovanni Falcone e come primo capo Paolo Borsellino.

Per molti è il continuatore delle battaglie di quei due contro la mafia, per altri un eversore in toga, un malato di protagonismo.

Stiamo parlando naturalmente di Antonio Ingroia, il cui libro di memorie "Nel Labirinto degli dei", uscito un paio d'anni fa, è tornato adesso in libreria nell'edizione tascabile.

Ci sono molte cose interessanti in questo libro, ma quella piu' straordinaria è la storia che ci viene raccontata nel capitolo 10, intitolato "Un giorno a Palazzo Chigi".

Era il 2002, e a Palermo si svolgeva il processo a Dell'Utri, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Ingroia, pubblico ministero in quel processo, aveva chiesto di sentire, in qualità di teste assistito, Silvio Berlusconi, in quell'anno già in carica come Presidente del Consiglio.

Vengono fissate dal tribunale diverse udienze successive, tenendo conto delle esigenze del presidente del consiglio, ma tutto si rivela inutile, Berlusconi ha sempre altri impegni.

Finalmente, dopo quella che Ingroia definisce "una estenuante rincorsa" viene fissata una data, il 26 novembre 2002.

Il Presidente si avarrà della prerogativa che la legge gli riconosce, quella di essere esaminato a domicilio cioè a Palazzo Chigi.

A Palazzo Chigi, quindi, quel giorno ci sono tutti : i tre giudici del Tribunale, assistiti da un cancelliere, i due pubblici ministeri accompagnati da alcuni assistenti, gli avvocati di Dell'Utri e quelli di Berlusconi, anch'essi accompagnati da collaboratori.

Vengono fatti accomodare nella grande sala riservata agli incontri con "le parti sociali".

C'è un tavolo lunghissimo. I giudici del tribunale vengono piazzati ad uno dei due lati lunghi del tavolo, gli avvocati all'altro. Berlusconi e i due Pm vengono così a trovarsi lontanissimi, alle estremità dell'interminabile tavolo.

"Lo vedo a malapena - scrive Ingroia - è quasi un punto all'orizzonte".

Il presidente del Tribunale Guarnotta prende la parola, ricorda brevemente a tutti perché sono lì, quindi precisa che Berlusconi ha la facoltà di non rispondere. Il premier dichiara subito con tono solenne di avere deciso di avvalersene.

A quel punto, del tutto inaspettatamente, Ingroia chiede la parola.

Cala il silenzio nella sala, l'atmosfera si fa tesa. Tutti pensavano che l'incontro fosse una pura formalità, l'intervento di Ingroia è un fatto non previsto.

Ecco il resoconto di quel discorso nelle parole del magistrato:

"Faccio un vero e proprio appello al presidente Berlusconi.

Mi appello al suo senso dello stato, dico che non ho alcun dubbio sul fatto che proprio lui abbia, più di ogni altro, a cuore l'accertamento della verità.

In primo luogo, in ragione della sua carica istituzionale, non può che avere a cuore che la verità sia accertata in ogni sede, e specialmente nei luoghi in cui si fa giustizia.

In secondo luogo perché il processo riguarda uno dei suoi più stretti collaboratori, Dell'Utri, della cui innocenza ed estraneità ai fatti contestati in più occasioni il Presidente si è detto certo.

Infine perché su alcune circostanze solo Lui sa come sono andate veramente le cose, solo Lui può ristabilire la verità" 

Il discorso di Ingroia genera quello che lui definisce un "silenzio irreale e pesante"


Il magistrato ne approfitta per entrare nello specifico dei singoli temi di prova: le operazioni finanziarie che hanno preceduto la nascita del gruppo Fininvest, l'origine dei rapporti con Dell'Utri, le ragioni dell'assunzione di Mangano, i rapporti con Gaetano Cinà e con il finanziere Rapisarda ecc.

"Solo lei puo' aiutarci a chiarire. E' il momento giusto per farlo" conclude Ingroia.

Il presidente del Tribunale si rivolge a Berlusconi e gli chiede: "Presidente, intende confermare la sua intenzione di non rispondere oppure accoglie l'appello del pubblico ministero?"

Tutti gli occhi sono puntati su Berlusconi.

"Silenzio, lunghissimi minuti di silenzio - scrive Ingroia - il tempo sembrava essersi sospeso".

Il premier probabilmente, scrive Ingroia, si sente sfidato, forse è addirittura tentato dall'idea di raccogliere quella sfida.

Interviene, però, con grande tempestività, Ghedini, l'avvocato storico di Berlusconi,

Sostiene abilmente che Berlusconi non avrebbe alcuna difficoltà ad aderire all'appello del Pubblico Ministero.

"La questione, però, è un'altra - aggiunge - La verità è che tutto è stato accertato e chiarito, tutto è chiaro e trasparente. Ragion per cui la testimonianza del nostro assistito su questi temi è del tutto superflua".

Un assist prezioso che Berlusconi si affretta a raccogliere, confermando la sua decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere.

Tutto è finito.

A quel punto accadono due episodi buffi.

Quando il Presidente del Tribunale dice a Berlusconi "Presidente, prego si accomodi", quest'ultimo lo guarda stupito, come se stesse per dirgli: "Ma cosa dice, qui il padrone di casa sono io, non lei!" (però, chiosa Ingroia, è il giudice che ha ragione, quella sala di Palazzo Chigi in quel momento a tutti gli effetti è un'aula di Tribunale).

A quel punto Berlusconi saluta tutti i presenti stringendo loro cordialmente la mano: avvocati, giudici, cancelliere ecc.

Non saluta i pubblici ministeri. Poi però ci ripensa, torna sui suoi passi e agita la mano a distanza in segno di saluto.

Terminata l'udienza i magistrati vengono fatti uscire dal retro del Palazzo. Per ragioni di sicurezza e di discrezione, spiegò loro un solerte funzionario.

"Qualche ora dopo, vedendo i telegiornali - scrive Ingroia - mi accorsi che analoga cautela non era stata consigliata ai legali di Dell'Utri e Berlusconi, che uscirono dall'ingresso principale, dove erano appostati giornalisti e telecamere. Così lunica versione dei fatti, l'unica ricostruzione dell'udienza fu fornita, potremmo dire senza contraddittorio, da una sola delle parti"

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