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La strategia di Vendola: "Mai con Casini. Anzi, no"

Appena ieri Vendola aveva assicurato di non essere interessato all’accordo con l’UDC, e subito in molti avevano ripreso le sue dichiarazioni, convinti che fosse una posizione definitiva. In realtà, mentre lo affermava, aggiungeva che “nulla è scontato”, e che “le cose bisogna costruirle”. Per giunta “quando parliamo di centrosinistra evochiamo soggetti che oggi non esistono. Il centrosinistra è quell'alleanza politico elettorale che si è presentata alle ultime elezioni amministrative? O ha una diversa configurazione? Di che coalizione stiamo parlando? Parliamo di una coalizione che ha il segno culturale del governo Monti? O parliamo di una coalizione che ha il segno culturale di un'alternativa radicale al liberismo?”. Beh, già questa non so dove se la poteva sognare nel centrosinistra

Comunque, per chi conosce l’abilità trasformista di Vendola, nessuna sorpresa di scoprire che oggi, in due diverse interviste, dice di non aver “mai posto obiezioni alla prospettiva di un allargamento della coalizione di centrosinistra o di un punto di compromesso con i cosiddetti moderati”. Questo ripensamento (ieri non sapeva se il centrosinistra esisteva e quale fosse, oggi lo si può “allargare”) è su “l’Unità”, che può titolare trionfante “Col centro è possibile l’alleanza, non la resa”. Vorrei vedere chi può essere disposto ad ammettere che sta arrendendosi…

Sul “Manifesto”, la formulazione è tale da permettere un titolo che sembra escludere l’alleanza: “PD-UDC? Una resa. Così non ci sto”. In realtà all’alleanza ci sta e come. Vorrebbe le primarie, ma senza Renzi, accetta un allargamento all’UDC, ma cerca di escluderne l’omofobo Buttiglione (lo nomina su l’Unità, sul Manifesto lamenta genericamente l’indulgenza verso “il cavanserraglio dei moralisti, degli omofobi, dei neoconfessionali, dei neocatecumenali, dei liberisti a oltranza”, ma solo per osservare che non c’è un’analoga tolleranza per “le intemperanze di Di Pietro”. Si noti che non c’è nessun accenno a discriminanti di classe, a parte quella definizione di “liberisti a oltranza” che potrebbe comprendere però non solo tutta l’UDC ma gran parte del PD.

Come si può prendere in considerazione l’intesa con un partito organicamente di destra come l’UDC? Solo con lo stesso metodo con cui furbescamente, dopo aver osservato che la sua prospettiva è “contro Monti”, quella di Bersani “oltre Monti” (cioè fumosità pura), e quella di Casini è “Monti dopo Monti”, finisce per cercare l’alleanza con entrambi, purché non sia una resa…

D’altra parte che importa l’atteggiamento verso Monti? È solo un problema di definizione, di “narrazione”, come ama dire Vendola. Infatti la critica che fa al governo è solo che sarebbe “fallimentare” perché al suo interno troviamo “alcuni ministri fondamentali che sono gaffeur impagabili”. Sarebbero Passera e la Fornero.

Magari le loro fossero solo gaffes, sono espressione di una rara sincerità. La Fornero può dire che “il lavoro non è un diritto”, e può farlo tranquillamente perché l’articolo 1 della Costituzione non è mai stato applicato, perché scritto in modo che non significasse null’altro che vuota retorica (l’autore della stesura definitiva fu Amintore Fanfani). Naturalmente non mi sogno di giustificare la dichiarazione della ministra, che sarà ricordata come la peggiore della storia repubblicana, ma solo di ricordare che ha potuto intonare questo peana di vittoria nella certezza di restare impunita. La dichiarazione è stata fatta mentre gli amici di Vendola davano il loro voto alla legge infame, che mette in pratica le idee della Fornero. 

Quanto al “montismo”, Vendola lo caratterizza come “un tentativo flebile di correzione della linea demenziale di Merkel”. Per Vendola non è il più feroce attacco sferrato alle conquiste dei lavoratori negli ultimi settant’anni, quindi si può discutere fraternamente tra chi è contro, chi lo vuole a ogni costo anche per il futuro, e chi è fantasiosamente “oltre Monti”…

Quanto al dubbio più che legittimo che l’apertura a Bersani da parte di Casini (che rivendica contemporaneamente la sua appartenenza al PPE, non solo come la Merkel e Rajoy, ma come Berlusconi e Gasparri) “fosse solo una tattica per alzare il prezzo di un alleanza con il PDL”, Vendola risponde furbescamente: “Non sono un dietrologo. Mi interessa capire qual è la loro idea per uscire dalla crisi”. Incredibile, aspettarsi un’idea per uscire dalla crisi da uno dei responsabili delle politiche di destra liberista e da un confusionario allo sbando come Bersani. E per evitare la concretezza, Vendola se ne esce con una delle sue formule retoriche: “Vorrei discuterne fuori delle dinamiche di palazzo, non come antichi e post-moderni alchimisti”.

Nella conclusione dell’intervista al Manifesto, Vendola esclude il suo interesse per una “Syriza italiana” (meno male, ci mancava solo lui…), ma lamenta l’assenza in Italia di un partito socialista francese, che a lui piace tanto (in Francia lo avrebbe votato). Peccato che non si sia accorto da che parte sta Hollande nel dibattito europeo, e che comunque in Italia sta con Monti, in Grecia con il Pasok…

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.6) 29 giugno 2012 16:04

     Vendola ha un’anima inguaribilmente veltroniana, ma è più raffinato.
     Stravolge il senso ed il valore delle parole: un esempio tra tanti: gli avverbi mai ,forse, certamente sono usati con torsioni continue, si inseguono, si tuffano l’uno nell’ altro e , come un mago , sa sortirne un capolavoro di spregiudicatezza.
     Una spregiudicatezza che molti osano definire poetica.
    Peccato che lo porti sempre sul carro di chi gli pare il vincitore. E ciò è poco poetico.

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