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La scoperta del neutrone e le «forze di Majorana»

Nel 1927 Enrico Fermi, appena nominato professore, tenne presso l’istituto di via Panisperna il suo primo corso di Fisica teorica. L’anno seguente ebbe tra i suoi allievi Edoardo Amaldi, Emilio Segrè e Ettore Majorana. presto attivi nelle ricerche condotte a Roma. 

La scoperta del neutrone, realizzata all’inizio del 1932 da James Chadwick, risvegliò l’interesse dell’intero Istituto di Roma sulla fisica del nucleo e lo riaccese anche in Majorana, che già nella sua tesi aveva manifestato una certa attenzione alla struttura del nucleo dell’atomo. Sino dalla fine del 1931 erano stati organizzati dei seminari, in istituto, durante i quali si esponevano i dati delle ricerche sul tema effettuate da Rutherford, Chadwick ed Ellis. In quella fase si realizzò una sorta di esodo dovuto ai vari soggiorni di studio all’estero dei ricercatori che componevano l’affiatato gruppo di Fermi: Segrè andò ad Amburgo e Rasetti a Berlino. Rimasero in sede il titolare della cattedra Fermi, Amaldi e Majorana che ebbero modo di venire a conoscenza delle ricerche della coppia Joliot-Curie attraverso i «Comptes Rendus» dell’Accademia delle Scienze di Parigi. La lettura delle note degli scienziati francesi indusse Majorana a ritenere errata la loro ipotesi, supposizione che trovò conferma di lì a poco nella lettera di Chadwick al Direttore di «Nature» nella quale veniva dimostrata l’esistenza del neutrone sulla base di una serie di esperienze nelle quali si osservavano i fenomeni che Majorana aveva intuito. In quei giorni – seppure in forma incompleta – si fece strada nella mente del fisico l’ipotesi di un nucleo composto da protoni e protoni neutri, così chiamava i neutroni, legati tra loro da forze di scambio. Teoria non definita nel dettaglio, la cui sola immaturità di precisazione fece sì che – nonostante le insistenti richieste di Fermi – lo scrupoloso scienziato evitasse di darne pubblica notizia19. Sarà proprio Fermi, a Parigi il 7 luglio 1932, alla Quinta Conferenza Internazionale sull’Elettricità, che, autorizzato dal giovane scienziato, presenterà l’ipotesi sul nucleo atomico, senza peraltro far cenno a quelle forze di scambio che saranno, soltanto in seguito, chiamate appunto «forze di Majorana». Interessante è il ritratto che ne dà, in quel periodo, Laura Fermi: «Majorana aveva però un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell'andare in tram all'Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente un'idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate. Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all'Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea.»

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