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Lettera aperta al Ponte sullo Stretto di Messina

Cara Spettabile Sagoma, Permettimi di rivolgermi a te, o meglio, alla tua illustre assenza, con la familiarità che si riserva a un parente stretto, un amico di vecchia data, o forse, più precisamente, a quel cugino di cui tutti parlano ma che nessuno ha mai realmente visto. Sì, parlo proprio a te, Ponte sullo Stretto di Messina, la più grande opera d’arte concettuale mai concepita dall’ingegno (o forse dalla fantasia) italiano!

È dal lontano 1971, anno in cui la lira era ancora una moneta e le cabine telefoniche erano un must, che sentiamo parlare di te. Quella che per la maggior parte del mondo è un’infrastruttura, per noi in Italia è diventata una vera e propria saga epica. Anzi, a ben vedere, un reality show a puntate lunghissime, con colpi di scena degni di una soap opera brasiliana: annunci trionfalistici, smentite categoriche, cantieri aperti e poi magicamente chiusi, e un infinito balletto di progetti, finanziamenti e "ricerche di fattibilità" che farebbero impallidire anche il labirinto di Cnosso. Devo ammettere, sei stato un maestro nell’arte dell’evasione. Mentre il mondo costruiva ponti avveniristici, noi abbiamo perfezionato l’arte del "non-ponte". Sei la dimostrazione vivente che si può essere famosi senza esistere, un po’ come un influencer fantasma. Immagina la tua notorietà: si parla più di te, che non ci sei, che di tanti ponti che invece collegano davvero qualcosa! E a proposito di collegamenti, quanti collegamenti hai creato negli anni? Non tra la Sicilia e il continente, ovviamente, ma tra le poltrone parlamentari, i salotti televisivi e le prime pagine dei giornali. Ogni tanto riaffiori, come un Loch Ness dell’ingegneria, per poi svanire di nuovo tra le nebbie della burocrazia e le correnti dello Stretto. Recentemente poi, con un balzo da campione olimpico, sei tornato prepotentemente alla ribalta, quasi a voler dimostrare che le vecchie glorie non muoiono mai, al massimo… si ripropongono. E lo fai con una costanza ammirevole, quasi fossi un orologio svizzero, anche se in questo caso, un orologio che segna sempre la stessa ora: "progetto in fase di discussione". Certo, si dice che tu risolveresti un sacco di problemi: traffico, trasporti, turismo... Ma ammettiamolo, sei diventato tu stesso un problema, o forse, la soluzione perfetta per avere qualcosa di cui discutere ad ogni cambio di governo. Sei la nostra eterna promessa non mantenuta, il nostro desiderio proibito, il nostro Sisifo edilizio che spinge su per la collina una roccia di cemento e acciaio che puntualmente rotola giù. Insomma, caro Ponte che non c’è, grazie per le risate, per i dibattiti accesi, per averci fornito un argomento inesauribile per le nostre chiacchiere da bar. Continua così, a brillare nella tua splendida e confortevole inesistenza. E chissà, magari un giorno, tra un secolo o due, qualcuno si ricorderà di te e dirà: "Ah, il Ponte di Messina! Quello di cui si parlava sempre, ma che nessuno ha mai visto". Con la più profonda, e ironica, ammirazione, Ing Aldo Domenico Ficara

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