• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Media > La mort de la presse écrite n’est pas écrite

La mort de la presse écrite n’est pas écrite

Nell’ultimo decennio, l’avvento delle nuove tecnologie ha chiaramente messo la carta stampata di fronte ad un bivio: accettare e integrare i nuovi canali d’informazione o subire la crisi dei media. Una visione d’insieme, con opinioni e dati, della stampa, in Italia, oltralpe e oltreoceano. (Il titolo, La morte della stampa non è ancora scritta, è il manifesto che campeggia sulla sede de Livre Parisien, sindacato generale a difesa del libro e della comunicazione scritta, a Parigi, sul boulevard Auguste Blanqui).

Calo delle vendite. Fuga di annunci e inserzioni. Flessione rapidissima delle pubblicità e, di conseguenza, delle entrate. John Lanchester, scrittore e giornalista britannico, pubblica sulla London Review of Books un lungo articolo, riproposto da Internazionale, in cui descrive, dati e percentuali alla mano, la parabola in discesa della carta stampata. A partire dal New York Times, punta di diamante della stampa americana, al gruppo Tribune, cui fanno capo il Los Angeles Times e il Chicago Tribune, già fallito. Gli unici a sopravvivere al declino sono i giornali economici come il Financial Times, a cui resta fedele un nutrito e inossidabile gruppo di addetti al settore.

A determinare il calo delle entrate è, secondo l’analisi di Lanchester, il florido panorama della stampa on-line. L’infinita rete globale di Internet che, definita quasi all’unanimità nemico numero uno della carta stampata, tuttavia potrebbe rivelarsi un prezioso alleato, le cui innumerevoli potenzialità sono ancora in attesa di essere sfruttate e capitalizzate dalle redazioni tradizionali. Lanchester cita in proposito il direttore del Guardian, Alan Rusbridger, che divide il panorama dei media in tre settori: la stampa, i grandi network pubblici e i nuovi media. Il terzo polo, gigantesco, caotico e imprevedibile, ha i suoi punti di forza nella democratizzazione e soprattutto nel decentramento dell’informazione: con lo svilupparsi del citizen journalism, o giornalismo partecipativo, la rete si è infatti trasformata in un’infinita agorà, un’enorme babele di lingue, opinioni, interpretazioni e punti di vista. E la pluralità di pareri, di idee personali, diventa essa stessa notizia, l’interpretazione si fa news, attualità, e si offre come spunto a sua volta a giornalisti e sociologi per trarre bilanci, tratteggiare un quadro globale, legare la reazione dei cittadini al fatto del giorno. Ognuno sceglie il proprio canale di informazione, o meglio, di espressione, dalla foto alla registrazione audio, dal video al grafico al tradizionale articolo, e ad ogni voce viene assicurata pari dignità e pari opportunità di trovare il proprio posto nel web. Tuttavia, se da un lato questo sconfinato parlamento costituisce un’inesauribile fonte di commenti, notizie e riflessioni, dall’altro non rimpiazza l’informazione vera e propria e non può che completare e integrare i canali canonici del giornalismo.

È proprio questa assenza di filtro, questa enorme mole di notizie, aggiornamenti, visioni, questa scatenata e mutevole libertà d’espressione che chiama in gioco il giornalista. Il buon vecchio reporter che, taccuino e registratore alla mano, si ritrova a rivaleggiare con tanti, a volte troppi, occhi sguinzagliati per il mondo che, non più con la penna ma anche con un semplice cellulare, registrano la realtà e inscatolano il mondo per ributtarlo negli smisurati contenitori virtuali messi a disposizione dal web.

Il citizen journalist, il cittadino reporter, offre il suo pezzo di vita, la sua testimonianza, la sua voce e la regala al mondo. Al giornalista resta il compito di intercettarla, masticarla, collegarla e trarne fuori una notizia. Con l’avvento e lo sviluppo inarrestabile del terzo polo dell’informazione, per dirla con Rusbridger, cambia quindi anche la funzione del giornalista: accanto al raccontare, la sua funzione principale diventa collegare le informazioni, metterle insieme, divulgarle. E questo puzzle d’informazioni trova la sua dimensione ideale nel formato elastico della rete, della pagina on-line, spazio prolungabile infinitamente, duplicabile attraverso una serie di link, dove un semplice click riporta all’articolo di un mese prima, ad un approfondimento o trasforma la notizia in bianco e nero in uno scorrere di immagini.

Ad analizzare la corrispondente situazione della stampa italiana è Piero Macri, per l’European Journalism Observatory: secondo Macri, ai giornali italiani è stato (per ora) risparmiato il vortice che ha travolto la carta stampata statunitense e britannica. Internet è responsabile solo in parte del calo di lettori. È stato in effetti riscontrato un utilizzo molto più contenuto delle nuove tecnologie rispetto agli utenti d’oltreoceano e, culturalmente, il nostro Belpaese resta ancora alquanto tradizionalista.

Tuttavia, non serve attraversare l’Atlantico per capire come le nuove tecnologie stiano cambiando il mondo del giornalismo. Basta oltrepassare le Alpi per ritrovarsi catapultati nel bel mezzo di un brulicante fermento giornalistico, inevitabilmente e magistralmente legato alle nuove tecnologie e alle ultime frontiere dell’informazione come il data journalism, il documentario web, l’infografia. Un nuovo tipo d’informazione in cui la notizia si spalma su immagini, grafici e video, si allunga seguendo innumerevoli link che conducono ad ulteriori interpretazioni, a nuove immagini. Dinamico, nuovo e pioniere dell’infografia è il giovanissimo owni.fr, coloratissima Soucoupe di freschissime voci del giornalismo francese, personalità versatili e polivalenti, che mischiano alla grafica un’attitudine decisamente nerd e un occhio impegnato in un costante monitoraggio del web 2.0 e della blogosfera. Dall’effervescente équipe di owni.fr sono nate geniali applicazioni grafiche, realizzazioni innovative e sperimentali del giornalismo digitale, che unisce i dati all’immagine e alla totale accessibilità dell’informazione.

Prima di Natale, owni.fr ha confezionato, in versione pdf, undici piccoli libri, con tanto di copertina vintage, un regalo agli utenti sempre più numerosi da sfogliare durante le vacanze, undici interessantissime selezioni di articoli relativi agli interrogativi contemporanei e più dibattuti del giornalismo attuale, dal ruolo dei social network alla verità su wikileaks, dal data journalism alla contro storia del mezzo internet. È opera di owni.fr anche la realizzazione grafica Warlogs, applicazione crowdsourcing sui documenti relativi alla guerra in Afghanistan, dal design efficace e innovativo che è valso alla giovanissima équipe una chiamata dall’uomo che ha fatto tremare i colletti bianchi della diplomazia internazionale. È stato lo stesso Assange, infatti, ad affidare a owni.fr la realizzazione di Iraq warlogs, applicazione crowdsourcing, concepita per la divulgazione dell’enorme mole di notizie scovate da Mr Wikileaks.

L’anno 2010 ha indubbiamente segnato una tappa ed evidenziato un divario tra quella parte della professione che subisce la crisi dei media e l’altra che invece ne rinnova e rivitalizza il mestiere. Dalle colonne della London Books of Review, John Larchester invoca un utilizzo più consapevole e regolato della rete: che i giornali non si limitino a monitorare l’approccio degli utenti al web e si mettano in gioco, proponendo un abbonamento alla versione online. Un pagamento che sia “invisibile e allo stesso tempo trasparente”, una sorta di canone mensile che sia anche garanzia della qualità degli articoli e soprattutto ancora di salvezza per le numerose redazioni che rischiano di affondare.

C. W. Anderson, docente al Department of Media Culture del College of Staten Island e ricercatore alla Columbia University Graduate School of Journalism, ha analizzato le due principali tendenze generali che hanno cambiato il mestiere del giornalista in questi primi dieci anni del terzo millennio: l’introduzione di nuovi strumenti che si sono fatti strada nel cuore stesso del giornalismo, e cioè i famigerati nuovi media, dai resoconti dei citizen reporter ai video sfocati girati con un cellulare, metodi ancora in potenza che s’infiltrano e sfidano l’informazione tradizionale; a questa si aggiunge la lenta ma sempre più potente ascesa dei geek, autodidatti del giornalismo multimediale, cui dovrebbe corrispondere una risposta adeguata da parte della formazione giornalistica canonica, quella delle scuole e dei master, e da parte delle redazioni più consolidate.

Ritornando in suolo italico, sembra ormai chiaro che internet e le nuove tecnologie non siano i negletti artefici della perdita di lettori della carta stampata; come evidenzia Alexander Stille, scrittore, giornalista e docente presso la Columbia University, la vera piaga dell’informazione in Italia sarebbe non l’invasione delle nuove tecnologie multimediali ma il puzzo di politica sulla stragrande maggioranza dei giornali e dei canali televisivi, cui si accompagna l’accecante luccichio di un luna park perenne, che mira a irretire, distogliere e abbagliare l’attenzione pubblica.

Una prima sfida sarebbe quindi quella di sbarazzarsi una volta per tutte dell’ossessione per il gossip politico e per il macabro teatro della cronaca nera e investire tempo ed energia verso un giornalismo più oggettivo, fresco e libero. Questo il punto di partenza per sganciarsi dall’informazione vecchio stile e puntare sul mezzo Internet, imparando a considerarlo non più come inarrivabile rivale ma come utilissimo elemento complementare. La carta stampata non è destinata a scomparire. Avrà sempre il suo pubblico, i suoi più affezionati lettori, a cui piace tenere in mano il giornale, ripiegare anche a fatica le pagine di un quotidiano, toccarlo con mano, sottolinearlo, colorarlo e appuntarci sopra spunti e riflessioni ma questi lettori sono gli stessi che hanno voglia di lanciarsi alla scoperta dell’informazione on-line, della faccia multimediale della stampa, quella che dà la possibilità di interagire, commentare e sentirsi parte della realtà. In Italia (salvo poche brillanti eccezioni come i versatili redattori del nuovo personalreport.it) sembra ancora mancare la coscienza di quello che i giornalisti di owni.fr chiamano “journalisme augmenté”, giornalismo aumentato, uno svecchiamento del giornalismo vecchia maniera, che non intende fare fuori l’appassionante arte del raccontare il vero ma solo accompagnarla ad una nuova sfida. Tutta da giocare.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.68) 7 febbraio 2011 02:13

    Un’analisi spiccata dell’evoluzione delle modalità di informazione.Il cambiamento della figura del giornalista , le nuove dinamiche che caratterizzano il suo modus operandi nell’immenso e variegato universo della notizia interattiva segnalano un processo di cambiamento globale che , con ritmi così tanto accellerati che risultano quasi impercettibili , non riguarda questo o quel sistema o settore ma il mondo , inteso , nella maniera più totalizzante , come il teatro per antonomasia dell’informazione , luogo da cui questa trae origine , viene selezionata e si diffonde. L ’inevitabile appartenenza e attenzione del lettore moderno a quel grande e sconfinato giornale che è internet non riescono , comunque ,ad alienarlo dal tipo di realtà fatta di odori , di materia tangibile , di quotidiani letti al bar , divorati in fretta nelle pause mattutine per poi essere abbandonati , a testimonianza del fatto che ,il fascino della materia cartacea e la bellezza di un libro da sfogliare , anche nell’internetmondo , sono intramontabili. La web informazione non deve , dunque , essere intesa come minaccia agli standard tradizionali , bensì , bisogna concepirla come un ’opportunità maggiore sia per gli operatori della materia che per i semplici lettori.Giornali interattivi e cartacei sono ruote di uno stesso carro.Da italiano esausto , annoiato dal reality politico e dall’informazione faziosa , accolgo l’ invito della Nicoletti a "sbarazzarci una volta per tutte dell’ossessione per il gossip poilitico " . La qualità , consapevoli che l’ intelletto di una nazione si struttura relativamente alle informazioni che vengono selezionate e offerte , deve divenire la priorità.
     Greco Roberto , Franco.

  • Di (---.---.---.148) 23 febbraio 2011 12:39

    COMPLIMENTI 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares