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Atlantico e Linkiesta. Venti nuovi sull’informazione

Mentre in Francia sbarca l'ultimo protagonista dell'informazione on-line, in Italia una nuova rivista virtuale scuote i media tradizionali e punta a un business innovativo applicato al giornalismo. Da un lato all'altro delle Alpi, pregi e difetti di due attori emergenti del mondo della notizia. Uno davanti all'altro. 

 

Da entrambi i lati delle Alpi, una folata di novità sembra voler scompigliare il vecchio modo di fare giornalismo. “Un vent nouveau sur l’info”, promette Atlantico.fr, l’ultimo “pure player” francese, rivista on-line di attualità, politica e società, scesa in campo il 28 febbraio scorso. “A metà strada tra un aggregatore di contenuti e un sito d’informazione che produce i suoi articoli”, ma prima di tutto, “un facilitatore d’accesso all’informazione”, garantisce il caporedattore Jean-Sébastien Ferjou.

Tuttavia, in Francia, sono in pochi ad aver percepito la brezza annunciata con tanto clamore.

Niente di rivoluzionario, in fondo. Solo un altro giornale in rete, che ricicla link e idee rastrellandoli qua e là dagli infiniti meandri della rete. L’ennesima rivista wanna-be geek, che copia il DailyBeast e Slate.

E, per di più, schierata a destra. Questi i commenti più comuni.

Infatti, più che la struttura, già vista, delle riviste on-line, infarcita di succulente pillole direttamente dal mondo delle star, quello che fa storcere il naso ai colleghi di mouse è la line-up del nuovo arrivato. I giornalisti di Atlantico, provenienti quasi tutti dalla televisione, hanno esperienze di militanza, più o meno esplicita, negli ambienti della destra francese. Lo stesso Arnaud Dassier, co-fondatore del sito insieme a Ferjou, ha consigliato l’UMP (il partito di Nicolas Sarkozy) a proposito della campagna su internet del presidente e intende aspettare le future elezioni, e le future mosse presidenziali, per lanciarsi nel vivo dell’attualità politica più scottante.

Dalle colonne di Mediapart, storico attore dell’informazione on-line in Francia, Laurent Mauduit tuona: “se [Atlantico] occupa una nicchia, è sicuramente quella della vecchia destra francese, ultraconservatrice e reazionaria”.

Ma non si perdono d’animo le firme di Atlantico. “Tout bad buzz est avant tout un buzz”, sintetizza Vincent Glad su owni.fr e, dal canto loro, le penne di Atlantico ringraziano sostenitori e detrattori per aver fatto del nuovo arrivato uno scottante “trending topic”.

Immediato il paragone con i pure players già operanti sul web francese. C’è chi parla di un Mediapart o di un Rue89 di destra. In realtà, le intenzioni, almeno quelle dichiarate, dei caporedattori sono quelle di dare vita a un protagonista dell’informazione completamente diverso, che lascia spazio all’analisi e all’opinione ma mantiene un filo diretto con l’attualità. Da qui l’ossessione per la brevità di Atlantico, per sopravvivere all’inevitabile tendenza allo zapping, tra un sito all’altro, che fa copiose vittime tra gli internauti.

Niente media militanti, assicurano. Solo un nuovo attore, dall’anima liberale e indipendente, a 360 gradi. Ed è davvero ampia la scelta dei soggetti, dalla politica, argomento principale, alla scienza, all’insolito, fino alla press people. “L’idea è quella di dare un taglio alla gerarchia dell’informazione”, dichiara Ferjou. 

Il metodo, invece, è quello di affidarsi essenzialmente al giornalismo interattivo. Il 50% dei contenuti del nuovo sito non sono che una breve sintesi e un rimando, un invito ad andare più in là. Da un monitoraggio continuo della rete vengono fuori ulteriori link, suggerimenti verso voci più autorevoli, chicche da non perdere, articoli che rischiano di passare inosservati tra l’immensa mole di contenuti che ogni giorno produce il web. Per il resto, sempre in omaggio alla rapidità, Atlantico propone brevi articoli, analisi dei collaboratori, ma anche qualche “decryptage” più esteso, cioè dossier e commenti a margine dell’attualità.

”Il giornalismo d’inchiesta sembra essere l’ultima delle preoccupazioni per gli animatori di Atlantico”, questo il pungente commento di Mauduit. Per ora la redazione, infatti, non sembra concedere molto spazio al reportage. In attesa, forse, di un budget più cospicuo e di un primo bilancio tra entrate e uscite.

Puntuali invece gli appuntamenti con le rassegne stampa: dal luccichio di star e starlette al minuto tech, gli argomenti sono eterogenei e abbordati da ogni punto di vista.

Penne più moderate salutano in Atlantico il nuovo Huffington Post alla francese. Il blog statunitense, ormai punto di riferimento per gli internauti di tutto il mondo, è indubbiamente una delle muse di Atlantico, insieme al Daily Beast e a Slate. E, aspirando forse al successo della maestosa colonna americana, Atlantico intanto punta ai 600.000 visitatori all’anno. Con quattro assi nella manica.

Gli esclusivi, articoli non firmati che strizzano l’occhio allo scandalo ma si rivelano spesso essere una ripresa sul web di qualcosa già apparso sui tradizionali organi d’informazioni. Poi le “pepite”, direttamente ispirate al Daily Beast e a Slate, moltiplicatori di link finalizzati a condividere il meglio del web con i lettori. In realtà, i link sono tutti interni e spesso si limitano a ricavare un articoletto di tre righe da un lancio d’agenzia. Così Atlantico, con un solo colpo, si accaparra i lettori e la visibilità su Google. Ancora polvere di stelle, o aspiranti tali, nella rubrica Atlantico Light, un caleidoscopio di celebrità scollacciate, raccattate dal meglio, o dal peggio, scovato sul web. Infine a incuriosire e a stuzzicare l’agguerrita voglia di polemica che sul web genera catene di commenti infuocati, le firme dei collaboratori.

Tuttavia, a quasi un mese dalla sua comparsa sul web francese, Atlantico resta un po’ scarno e con un’identità ancora in via di definizione.

Un refolo di novità è invece quello che ha investito l’Italia con la comparsa de Linkiesta.it. Nel paese dove i giornalisti si rifiutano di scrivere per il web, i giornali tradizionali continuano a perdere copie, e i quotidiani si trasformano in tabloid, l’avventura della start-up nata nel corso del 2010 ha tutti i riflettori puntati addosso.

“Un giornale di approfondimenti e inchieste su temi sociali, politici ed economici”, questa la definizione del direttore Jacopo Tondelli, 32 anni, ex penna del Corriere della Sera, alla guida del sito insieme a Jacopo Barigazzi, collaboratore di Newsweek e Adnkronos e Massimiliano Gallo, ex vicedirettore de Il Riformista. Una nuova voce che racconterà i fatti “senza schierarsi in modo preconcetto e ideologico”.

Sbarcata sul web italiano il 31 gennaio del 2010, la formula de Linkiesta punta alla realizzazione di un nuovo modello di business applicato al giornalismo, ispirato al principio della public company. Vale a dire tanti soci e nessun padrone. Una decina di giornalisti e una schiera nutrita di collaboratori, con alle spalle un organigramma societario ben organizzato, per un totale di una settantina di soci. Il tutto si traduce in un ottimo capitale di partenza ma senza correre il rischio che uno tra i tanti prenda il sopravvento e influenzi la linea editoriale.

Grafica snella e contenuti interessanti, che variano dall’economia del territorio all’ambiente, all’economia fino alle nuove tendenze. Con ampio spazio riservato ad approfondimenti, inchieste ben fatte e una rubrica, anche se ancora un po’ rudimentale, riservata alle infografie. Curioso l’appuntamento domenicale con la graphic novel della settimana. Costantemente aggiornato, Linkiesta propone due appuntamenti quotidiani: la rassegna stampa del mattino, direttamente dalle prime pagine dei giornali, e quella pomeridiana, con il meglio del web e dei blog, entrambe scaricabili via podcast. E se non bastassero i contenuti originali della redazione, Linkiesta rimanda i suoi lettori ancora più in là, con link ad approfondimenti collegati direttamente al sito di provenienza. E sempre più contenuti multimediali, reperibili sulle altre pagine de Linkiesta.it, da Facebook a Twitter, o dai canali di Vimeo a Youtube.

Presente su tutti i social network, Linkiesta coltiva l’interazione con i lettori che potranno contribuire al nuovo organo d’informazione, inviando articoli, nuovi soggetti, idee e segnalazioni attraverso sms. E suggerimenti per la nuova versione, che sarà lanciata in primavera, insieme all’applicazione per i-pad. Linkiesta, infatti, è ancora in versione beta. Ma “questo è solo l’antipasto”, promettono.

Fonte di ispirazione, le pagine on-line dei migliori quotidiani internazionali e i grandi attori della stampa in rete, dal francese Mediapart al mitico ProPublica, vincitore del Premio Pulitzer nel 2010. E l’antesignano dell'informazione on-line in Italia, Il Post.

Con il 2010 alle spalle, anno in cui, secondo il rapporto State of the News Media, realizzato dal Pew Research Center’s Project for Excellence in Journalism, per la prima volta l’on-line ha superato la carta stampata, non solo in quanto a fatturato pubblicitario, ma anche per numero di lettori, l’Italia sembra aver fatto un primo passo verso le nuove frontiere dell’informazione.

Linkiesta punta intanto ai 25.000 visitatori unici per il primo anno. Ed è sulla buona strada per riuscirci.

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