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La fabbrica degli sprechi, come la malasanità incide sulla crisi economica

13 miliardi di euro, a tanto ammonta la mole di risorse pubbliche devastate dall'inefficienza degli ospedali italiani, pari a circa il 29% dei finanziamenti ricevuti dallo Stato che continuano a risultare di gran lunga superiori alle prestazioni effettivamente erogate ai cittadini.

Si tratta di uno spreco inaudito, che se oculatamente rimosso potrebbe contribuire a risolvere la crisi economica che stiamo vivendo. A rivelare questo fosco scenario - ma non c'era certo bisogno di ulteriori dossier per comprendere in quale stato di coma quasi irreversibile versi la sanità italiana - è il Rapporto Aiop 2011 su "Ospedali e Salute", appena presentato alla Camera dei Deputati.

L'analisi mette in luce, oltre alla fitta rete di sperperi, il crescente ricorso da parte dell'utenza (oltre l'82% in più rispetto al 2010), evidentemente proprio a causa della grave crisi economica, ai centri pubblici rispetto alle strutture private. Quanto invece agli sprechi, che rappresentano la parte sostanziale dello studio, ai dati emersi si è giunti attraverso il confronto dei finanziamenti pubblici per la gestione ordinaria ricevuti dalle aziende ospedaliere con la stima del valore economico delle prestazioni erogate.

Ebbene, la sorpresa è che l'inefficienza non riguarda più solo il Mezzogiorno, con Campania, Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio comunque saldamente in coda alle classifiche dell'efficienza, già divulgate la scorsa estate dal Rapporto CERM 2011 sulla spesa sanitaria, ma investe ormai pure il nord con punte medie di dissipazione che sfiorano il 22%.

Più in generale, anche nel 2011 la Calabria risulta essere la regione peggiore, con più del 46% di inefficienza riscontrata. Al nord, invece, la Lombardia perde il primato di regione più virtuosa (19% di improduttività), e viene superata dal Veneto (17%), ma rimane assieme all'Emilia Romagna quella che attrae più pazienti dal resto d'Italia. Al centro, la regione che in assoluto spreca più soldi è il Lazio con quasi 2 miliardi di euro bruciati nel 2011. Assai critica è anche la situazione delle regioni a Statuto Speciale, con una inefficienza media del 36% e picchi del 42% in Sardegna.

Il rapporto offre un altro spunto di riflessione molto interessante: nel nostro Paese continuano ad aumentare le richieste di cure, a conferma del progressivo e inesorabile invecchiamento della società. Nell'anno che sta per concludersi, ben un cittadino su tre (29,5%, +6% rispetto al 2010) ha dovuto usufruire delle prestazioni ospedaliere. In sensibile aumento (+2,6%) anche il ricorso ai presidi di pronto soccorso. In flessione, come detto, i numeri del privato: 17,8% (-2%) per le strutture accreditate, 4,6% (-0,5) per le cliniche.

Nonostante le palesi disfunzioni, l'indagine sui cittadini ha evidenziato una positiva percezione dei servizi offerti dai centri ospedalieri. Un giudizio "molto" o "abbastanza soddisfatto" è stato espresso addirittura dall'87,8% dei pazienti che hanno usufruito delle strutture pubbliche e dal 96,6% di chi si è rivolto invece a quelle private. 

Eppure, circa mezzo milione di cittadini rimane vittima ogni anno negli ospedali italiani di eventi cosiddetti "avversi". Una infezione provocata da una ferita, una malattia batterica, un problema legato ad un errore commesso in sala operatoria, sono sempre più numerosi gli episodi di "malasanità" narrati dalle cronache dei media. Spesso si tratta di danni assolutamente evitabili (nel 56,7% dei casi), semplicemente osservando in modo corretto le procedure o tenendo fede alla deontologia professionale. Ma quasi sempre sono errori le cui conseguenze sul malcapitato paziente possono spingersi fino alla disabilità permanente o alla morte.

Lo stesso Ministero della Salute ha condotto la prima ricerca italiana sulla delicata materia, avvalendosi del prezioso apporto del Centro rischio clinico della regione Toscana. Lo studio ha preso in esame 8 mila cartelle cliniche di cinque grandi policlinici italiani (Milano, Firenze, Pisa, Roma e Bari), valutando i risultati delle cure. E' un approfondimento innovativo e scrupoloso che, a differenza di quanto avviene già da tempo in altri paesi evoluti, in Italia non era mai stato eseguito.

Ne risulta che il 5,1% dei 10 milioni di ricoveri annui italiani, si caratterizza per un "evento avverso" ai danni del malato. Vale a dire, come attestato dai ricercatori, "per un incidente inatteso e indesiderato, incluso nella cartella clinica e attribuibile alla gestione sanitaria piuttosto che alla patologia di base del paziente, che ha provocato una lesione e/o disabilità e/o il prolungamento del ricovero e/o la morte".

La conseguenza più ricorrente dell'errore sanitario (pari al 66% dei casi rispetto al 28% in cui si verifica il decesso) è il prolungamento del ricovero, che comporta un esborso supplementare di denaro da parte dello Stato. Un giorno di degenza in ospedale, infatti, costa all'incirca 400 euro al servizio sanitario nazionale.

Dunque, malasanità e sperpero di risorse spesso coincidono. Un lusso che il nostro Paese in particolare, dove nonostante le buone intenzioni e le competenze del governo Monti gli egoismi delle tante caste esistenti sembrano voler ancora prevalere sul buon senso e sul bene comune, non può più permettersi.

Come se ne esce? Pure in questo caso, con maggiore Democrazia. Quella vera, però, basata sulla buona politica. Che in Italia, visti i cialtroni che occupano abusivamente il Parlamento e i più o meno noti conflitti di interessi che resistono tentando di condizionare gli eventi, paradossalmente significa meno peso delle oligarchie travestite da partiti. E una sanità senza partiti, così come l'informazione pubblica o l'istruzione o la cultura, ci farebbe compiere un bel salto di qualità. Individualmente e come Nazione.

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