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Così fan tutti, il declino di una Nazione corrosa dalla barbarie dell’utilitarismo e in cerca di nuovi riferimenti

"Capitale corrotta, Nazione infetta", così recitava la copertina de l'Espresso della settimana scorsa a proposito degli ultimi scandali che hanno portato alla caduta della giunta Polverini nel Lazio. Perché la "casta" famelica che ha incentivato il sentimento di indignazione anti-politica nei cittadini non è più solo quella dei "nominati" che vegetano in Parlamento, ma è ormai altresì quella che prospera nelle istituzioni locali, composta da manipoli di emuli cialtroni animati da smaniosa brama di protagonismo tanto da generare il fenomeno già passato alle cronache come "corruzione decentrata".

Malaffare e immoralità, del resto, come ha pure di nuovo sottolineato in questi giorni il cardinale Bagnasco che già un anno fa si era prodotto nella celebre prolusione di denuncia del "disastro antropologico" italiano dopo lo scalpore suscitato anche fra i cattolici dall'ennesima spregiudicata ostentazione del potere berlusconiano, si sono sempre più spostati dal centro alla periferia.

E non a caso il presidente della CEI parlò allora di questione antropologica, per sottintendere che non solo la politica e le istituzioni sono assurte nell'ultimo ventennio a penose espressioni della barbarie dell'utilitarismo, ma con essa il mondo della finanza e delle imprese, perfino quello dello sport e in genere larghissimi strati della stessa società. Perché "così fan tutti". E nella giungla individualista ognuno, corroborato nelle proprie tentazioni dai pessimi esempi provenienti da un ceto dirigente nel complesso inadeguato e disinibito, ha contribuito allo sfaldamento etico e culturale di un Paese alla deriva.

La dottrina del "liberi tutti", perseguita pervicacemente sul piano dei cattivi comportamenti proprio nell'era del berlusconismo, ha finito per indurre molti rappresentanti istituzionali "marginali" e cittadini comuni, a prescindere dall'orientamento politico e dal livello sociale, a convincersi del fatto che se una cosa si può fare allora si fa e basta, senza tabù. Riducendo così il valore supremo della libertà a mero arbitrio personale, e distorcendo il sacrosanto principio di garanzia in pretesa di impunità.

Quando un presidente di società di calcio, in barba a un'ordinanza prefettizia che impone alla sua squadra di giocare la partita a porte chiuse per ragioni di sicurezza e di ordine pubblico, si rivolge ai propri tifosi chiedendogli di entrare ugualmente allo stadio, compie non solo un gesto rilevante dal punto di vista penale e disciplinare, ma soprattutto infame a livello morale. Così come quei non pochi politici, economisti e giornalisti che giustificano (non si sa quanto inconsapevolmente) gli evasori fiscali sostenendo che sì, loro sbagliano, ma lo Stato è anche peggio perché li tassa eccessivamente. O, ancora, come quel politicante di provincia che non sopportando più di non poter parcheggiare la propria auto extralusso sul comodo posto riservato a un cittadino disabile munito di regolare permesso, ha pensato "bene" di tagliargli le gomme per poi candidamente scusarsi con un "sì ho sbagliato, ma in fondo c'è di peggio". Insomma, sono tanti quelli che in Italia si comportano ogni giorno come un Francesco Schettino qualunque, difendendosi anche dinanzi all'evidenza come un qualunque Francone Fiorito al grido di "tutti colpevoli, nessun colpevole".

Certo, benché siano evidenti i segni di un declino assai difficile da arrestare (bisognerebbe consentire a Monti di governare senza l'ingombro di un Parlamento di fatto ormai privo di ogni legittimità politica e morale, ma è vietato dalla Costituzione) e restando la nostra società fortemente corrosa sul piano dei valori e saldamente in vetta alle classifiche internazionali della corruzione, come testimonia anche l'ultimo rapporto di Transparency sui sistemi nazionali di integrità, gli indizi pur timidi di una inversione di tendenza, stimolati proprio dalla virtuosa azione del governo Monti sul piano del contrasto, in particolare, all'evasione fiscale e su quello dei tagli ai costi della politica, non mancano e lasciano sperare che in futuro si possano ottenere maggiori risultati nel tentativo necessario di rieducare questa "Nazione infetta".

Se si prende, ad esempio, l'ultima indagine condotta dal Censis sulla situazione sociale del Paese, emerge chiaramente la stanchezza della stragrande maggioranza degli italiani - che probabilmente sono gli stessi che pretendono un integrale rinnovamento politico senza abbracciare il grillismo demagogico ma riconoscendosi appunto nella sobria figura di Mario Monti - rispetto a un lungo periodo dominato dai conflitti esasperati ad ogni livello e dall'individualismo selvaggio, al punto che secondo Giuseppe De Rita gli effetti di quel disastro antropologico prodotto dagli ultimi lustri hanno paradossalmente determinato l'avvento di una sorta di sentimento nuovo nei cittadini: la "post-soggettività".

Si avverte, in sostanza, probabilmente per un naturale meccanismo di romantico riflusso verso rapporti e comportamenti più semplici e meno volgari, maggiore voglia di aprirsi all'altro e di partecipare del comune destino. Un'attitudine emersa in modo prepotente in occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia e stimolata dall'altra luminosa figura pubblica di cui gli italiani si fidano in maniera incondizionata: Giorgio Napolitano. Che ancora in queste ore è tornato ad ammonire la politica e la società tutta, in occasione del suo discorso ad Assisi per la giornata del dialogo fra laici e credenti, affinché si producano in uno slancio capace di recuperare al Paese credibilità e di ricostruire le fondamentali regole di convivenza civile mediante la riscoperta del senso morale. Senso morale, ovviamente, che chiama in causa anche la questione legalitaria.

Come per la libertà, infatti, anche per la legalità si è da diversi anni comunemente propensi a ritenere che "tutto ciò che non è vietato dalla legge è lecito". Che all'atto pratico, superati anche i residui freni dovuti al retaggio di pratiche educative, dentro e fuori la famiglia, fortemente condizionate dalla morale religiosa, ha significato via via che la legge si può forzare o ammorbidire o addirittura modificare se serve a tutelare i propri interessi particolari e nell'assoluto silenzio generale. Anzi, spesso favoriti da sentimenti di vera e propria omertà o dalla compiacente indulgenza con la quale si è usi "coccolare" il furbo di turno. E i risultati di questo approccio culturale perverso, divenuto prassi, sono sotto gli occhi di tutti. Purtroppo anche oltre i confini nazionali.

Per dirla con Maurizio Crozza, cos'è "legale" oggi nel nostro Paese? E' legale, ad esempio, che il potere di acquisto delle famiglie, che pure stanno dimostrando di comprendere il momentaccio economico e finanziario sopportando con speranza le politiche di rigore in nome di uno scopo certamente superiore qual è quello della salvezza nazionale, sia retrocesso al livello di qualche decennio fa mentre i "rappresentanti del popolo" sovente usano le istituzioni e le risorse pubbliche per gozzovigliare con urticante tracotanza? Negli ultimi venti anni la diffusione dell'illegalità è costata all'Italia diversi punti del già non esaltante Pil, e pure in questo caso ci voleva la perseveranza di un governo "non politico", nel senso di alieno alla stantia partitocrazia senza partiti della seconda Repubblica, per tentare di portare finalmente a conclusione il difficoltoso iter legislativo del provvedimento anticorruzione. Perché non basta che le decine e decine di politici perbene, di preti coraggio, di magistrati in trincea, di associazioni e giornalisti antimafia diffondano il verbo della legalità nelle istituzioni, nelle parrocchie, nelle scuole e sui giornali se poi lo Stato non fa la propria indispensabile parte.

Io, che pure sono un "antitaliano" per vocazione, di fronte all'incedere dei fatti di malaffare che, come detto, riguardano tanto la politica quanto la cosiddetta società civile (basta dare un'occhiata all'interessante rubrica dell'Ansa "L'Italia dei furbetti" per averne conferma), e alla dignità con cui la maggioranza di cittadini onesti continua nonostante tutto a reagire, ho dovuto ricredermi e condividere la conclusione che, in fondo, siamo un grande popolo. Un popolo che si indigna senza eccessi, persino quando scopre che i propri tributi locali finiscono nelle tasche di uno squallido lestofante come nel caso dell'amministratore della Tributi Italia spa. Un popolo, in definitiva, che non è mai riuscito a trasformarsi in Nazione pienamente coesa ma che di certo non si lascia vincere dalle difficoltà. La vera forza dell'Italia è questa, l'unico strumento che auspicabilmente ci consentirà di fermare il declino in atto al netto di ogni propaganda ideologica.

La risposta è dunque innanzitutto dentro di noi, nella nostra capacità di coltivare il desiderio di giustizia individuale senza mai perdere di vista il benessere collettivo che si realizza nel rispetto delle regole. Solo partendo da questa presa di coscienza culturale, forse, saremo infine in grado di partorire anche impianti normativi realmente incisivi (sulla scia del Decreto appena varato dal governo per eliminare e punire gli sperperi della politica negli enti locali) contro il degrado morale nel quale siamo sprofondati come società. Raccogliendo magari l'esortazione attualissima di un maitre à penser come Norberto Bobbio a sfidare quanti - ancora troppi! - sono sempre pronti a rivolgere in assoluta malafede le accuse di giustizialismo e di moralismo a chi ha ancora la capacità di indignarsi.

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.211) 9 ottobre 2012 00:48
    Renzo Riva
    Molto interessante l’analisi del prof. ing. Roberto Vacca
    di cui mi pregio esserne una dei destinatari della sua sterminata mailing list.
    Grazie ingegnere.

    l’ing. Roberto Vacca,
    comunica:

    Allego mia analisi del grosso imbroglio perpetrato a Londra da banchieri
    inglesi (soprattutto Barclays) per lucrare guadagni su derivati relativi a
    tassi interesse.
    Pare abbiano fatto fuori 70 miliardi di dollari — i ns ladri regionali
    hanno fregato molto di meno: di loro parliamo molto. Invece degli imbroglioni
    londinesi da luglio non se ne parla quasi più ---- ma a settembre il
    Commons Treasury Committee britannico dichiarava che già dal 2010 loro
    avevano avvisato che non era bene nominare R. Diamond amministratore
    delegato di Barclays perché già allora (con altri) manipolava i tassi.
    Il volume dei derivati IRD manipolato dai banchieri UK
    ammontava a 300.000 miliardi di $ - cifra ardua da immaginare ------su un
    circolante totale di 518.000 miliardi di $: ancora più ardua da immaginare.
    Credo che la crisi non finirà presto.
    teniamoci forte
    best
    roberto

    City di Londra – appropriazione indebita, aggiotaggio?
    di Roberto Vacca

    Nel delizioso film The Ladykillers (1955) (mal tradotto come “La Signora Omicidi”), Alec Guinness e Peter Sellers organizzano una rapina in banca. Sono pensionanti a casa di una vecchietta e si fanno passare per musicisti. Incontrano inciampi di ogni tipo e non si possono godere il grosso malloppo in banconote. Lo danno alla vecchietta che si stupisce. La tranquillizzano: “Sa che in banca girano milioni di pagamenti. Spesso su ciascuno avanzano alcuni penny che non servono a nessuno. Si sommano e costituiscono una bella somma di cui non si sa che cosa fare. La diamo a lei: sono solo tanti centesimini messi insieme.”
    Devono aver meditato questa storia parecchi banchieri inglesi che, a forza di penny, hanno fatto fuori molti miliardi. Se ne è parlato poco, specie in Italia, ove sentiamo frequenti, orride notizie di concussioni e appropriazioni indebite (da parte di pubblici ufficiali) e aggiotaggi commessi da finanzieri, [L’aggiotaggio è il reato di chi specula su variazioni del prezzo di titoli o merci, valendosi di informazioni riservate o divulgando notizie false.] 
    Faccendieri o cassieri di partiti si sarebbero appropriati di decine o centinaia di milioni di euro. Non ho trovato una stima dell’ammontare totale di queste ruberie. Azzardo a valutarle in alcuni miliardi di Euro. La Corte dei Conti ha valutato che, se non ci fosse stata evasione fiscale, il debito pubblico sarebbe ora il 76% del PIL invece del 120%. Ammonterebbe a 1200 miliardi di euro (G€) invece che a 1880 G€. Questi 680 miliardi e quelli rubati gridano vendetta. Però reati gravi sono stati commessi dai grossi banchieri inglesi cui accennavo sopra. Avevo previsto “manovre pilotate da speculatori” nel mio libro su come salvare il prossimo decennio nel Gennaio 2011: riporto in calce il mio articolo del Maggio scorso in cui ne cito passi rilevanti e racconto cosa siano gli IRD, Interest Rate Derivatives. Ecco la storia.
    Il LIBOR (London InterBank Offered Rate) viene fissato dalla BBA (British Bankers Association) in base a dati forniti da 18 banche inglesi. Si escludono i 4 valori più alti e i 4 valori più bassi e si calcola il tasso medio sui 10 restanti. Il valore di questo tasso medio determina fra i vari derivati (IRD) che hanno per sottostante tassi di interesse quali salgono di valore e quali scendono. Il circolante di questi IRD a fine Settembre 2012 era salito a 518.000 miliardi di dollari (T$). Di questi pare che 300.000 miliardi di dollari siano influenzati proprio dalle decisioni della BBA sul LIBOR. Se i banchieri che fissano il LIBOR intanto speculano su quel tasso, sanno in anticipo quello che fisseranno in avvenire. Quindi scommettono sul sicuro e incassano profitti indebiti percentualmente piccoli, ma proporzionali alle gigantesche somme totali citate.
    Nel Luglio 2012 il Financial Times scriveva che i banchieri avevano manipolato il LIBOR e la Federal Reserve Bank USA li accusava di collusione e menzogna. La banca accusata di essere responsabile delle più forti manipolazioni era la Barclay’s. Ai primi di Luglio 2012, Marcus Agius, il presidente della banca, dava le dimissioni. Doveva tornare al suo posto due giorni dopo per occuparsi di trovare un successore all’amministratore delegato Bob Diamond, dimissionario in seguito alle accuse di essere il maggiore responsabile elle manipolazioni, sebbene fosse molto stimato per aver innalzato turnover e profitti della banca. Anche J. del Missier, direttore generale di Barclay’s, dava le dimissioni in conseguenza dello scandalo. Diamond dichiarava di rinunciare al suo bonus annuale, ma si veniva a sapere che dal 2007 al 2011 aveva incassato 186 milioni di dollari fra stupendi e premi. Dopo le dimissioni, Diamond si ritirava dal comitato organizzatore di una cena per finanziare (25.000 dollari a piatto) la campagna di Mitt Romney
    Barclay’s veniva multata dalla Financial Service Authority britannica e dal Department of Justice americano per 453 milioni di dollari per le manipolazioni effettuate. Non è chiaro l’ammontare del ricavato dalle manipolazioni perpetrate da Barclays ed altri. Se ne trovano in rete valutazioni molto diverse fra loro Jamie Doward (The Observer del 30/6/2012) riporta la cifra di 45 miliardi di sterline equivalenti a 70 miliardi di dollari. In questo caso la multa citata ne rappresenterebbe solo i 2/3 dell’uno per cento. La punizione e le dimissioni del top management di Barclays sembrano nettamente inadeguate.
    Curiosamente da oltre due mesi dello scandalo non si parla e non si scrive più. Il 19 settembre il Commons Treasury Committee britannico sottolineava che già il 15 settembre 2010 aveva espresso ufficialmente la propria opinione che Bob Diamond fosse inaccettabile alla guida della Barclays proprio perché implicato nelle manipolazioni sul LIBOR.
    Temo che le cifre che ho citato siano incerte: non sono il risultato di una inchiesta, ma soltanto stime. Sembrano nettamente più grosse di quelle dei scandali italiani. Quei banchieri britannici (li immaginiamo con bombetta e ombrello?) non avevano pensato male di prelevare centesimini: 70 miliardi su 300.000 fanno solo un terzo dell’uno per mille. Gli è andata anche bene per qualche anno. Poi, almeno alcuni, sono stati smascherati – e trattati con indulgenza eccessiva. Quis custodiet custodes?

    * * *

    Derivati di Damocle – 13 Maggio 2012
    I giornali di oggi titolano tragicamente “Boom dei derivati valgono 14 volte le Borse”. È vero: il problema esiste, ma il rischio era ben noto. Lo avevo spiegato oltre un anno fa nel mio libri SALVARE IL PROSSIMO DECENNIO (Garzanti, 2011). Ne riporto qui una pagina in cui scrivevo che alla fine del 2010 il livello degli IRD era 450 trilioni di $ = 32 volte il PIL degli USA. Non ci dovrebbe stupire che dopo un anno e ½ sia cresciuto a 504 T$ (36 volte il PIL degli USA. Dovremmo stupirci che le regole severe sul funzionamento delle banche non siano state ancora imposte.
    Estratto dal Capitolo 8 di “Salvare il Prossimo Decennio”, di R. Vacca
    “Sorge il dubbio se gli esperti esistano davvero in economia. Tranne rare voci (come quella di N. Roubini), nessuno previde la crisi economica del 2008 e nemmeno suggerì come evitarla. A posteriori, le cause sono state: rilassamento di regole e controlli USA su banche e istituti finanziari. Sono stati emessi titoli estremamente speculativi supportati da garanzie immaginarie e bilanci falsi per giustificare bonus ridicolmente alti dei vertici manageriali. La struttura dei derivati spesso è instabile, o perversa. Nel mio “Patatrac – la crisi: Perché? Fino a quando?” (Garzanti 2009) definisco i derivati e ne spiego i meccanismi. Nello stesso testo indico il livello altissimo del circolante dei Credit Default Swaps: (55 T$ = quattro volte il PIL USA) che, insieme a perdite, frodi, crediti irrecuperabili etc., mostrava che la crisi sarà lunga. Ricordavo quanto sia implausibile che l’andamento di titoli basati su mutui contratti da squattrinati, produca lauti utili incassati da ricconi. Ora il livello dei CDS è diminuito.
    Cresce smisuratamente il volume dei derivati basati sui tassi di interesse (Interest Rates Derivatives - IRD) – vedi tabella seguente.

    Anno.........IRD in T$.........CDS in T$

    2001..............69,2...............0,9
    2002............101,3...............2,2
    2003............142,3...............3,8
    2004............183,6...............8,4
    2005............213,2.............17,1
    2006............285,7.............34,4
    2007............382,3.............62,2
    2008............403,1.............38,6
    2009............427................30,4
    2010............449................30

    1 T$ = 1 Teradollaro (detto anche trilione di dollari) = 10^12 $
    Fonte: ISDA, International Swaps and Derivatives Association, Inc.

    Il sottostante di un derivato basato su tassi di interesse è il diritto a pagare o a ricevere una certa somma di denaro a un dato tasso di interesse. Pare che la maggioranza (80%) tra le 500 maggiori aziende del mondo si serva di questi derivati per controllare il proprio flusso di cassa. Il volume totale degli IRD alla fine del 2009 era di 449 T$ – circa 32 volte il prodotto interno lordo USA!
    In effetti questo impiego é un’assicurazione contro tassi di interesse eccessivi e consegue – talora - una riduzione dei tassi pagati. Questi strumenti vengono talora presentati come scevri da ogni rischio – ma non è così. Esistono IRD più sofisticati il cui valore è funzione non soltanto del livello corrente di un indice (come, ad esempio, il LIBOR – London InterBank Offered Rate), ma anche dei valori passati dell’indice e dei valori e andamenti passati propri, cioè dello stesso IRD. In quest’ultimo caso il titolo, o strumento, si chiama Snowball (= palla di neve) e tenderà a ripetere amplificate o attenuate le proprie vicissitudini precedenti. Esistono molte altre varianti degli IRD. Ad esempio, le clausole dette “bermudiane”, a certe date fisse, permettono all’istituto emittente o all’acquirente di interrompere il rapporto a certe condizioni prestabilite. Le strategie più convenienti per gestire un IRD possono solo essere arguite in base all’impiego di modelli matematici probabilistici: ne sono disponibili parecchi aventi caratteristiche diverse. Per orientarsi su questo terreno, occorre aver raggiunto un alto livello di professionalità. È raro che un investitore o l’amministratore di un’azienda riesca a innalzare adeguatamente le proprie competenze e a prevedere i rischi che sta correndo. I livelli dei tassi di interesse sono stabiliti da leggi nazionali e da accordi internazionali. Oltre a questi è pensabile che si possano sviluppare manovre pilotate da speculatori, data la citata enorme mole delle risorse coinvolte.”

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