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La crisi d’identità del PD

La vittoria dell’Avv. Pisapia nelle primarie del PD di Milano e la crisi d’identità del PD stesso

Prendo spunto dall’articolo di Francesco Zanfardino, uscito qualche giorno fa proprio su AgoraVox per dire che la vittoria dell’Avv. Giuliano Pisapia nelle primarie del PD di Milano mi pare sia collocabile in quella che è la più generale crisi d’identità del PD stesso e che, pertanto, l’analisi di questo esito non possa prescindere da come questo partito viene, per così dire, sentito dalla gente.

Non sono un elettore di Milano ma conosco molto bene questa città. Ci ho abitato, ci ho studiato e ci lavoro da sempre. Ne conosco, quindi, il pragmatismo e ne avverto la voglia di cambiamento, unita ad un senso di smarrimento per l’apparente impossibilità di attribuzione di quella voglia ad un soggetto politico credibile ed affidabile nel tempo.

Mi riferisco, in particolare, a quella Milano progressista, laica, non comunista, quella Milano spesso anticipatrice dei grandi eventi italiani, che molto aveva confidato nella svolta “liberal“ di Veltroni e nel suo disegno riformatore ispirato alla tradizione delle grandi democrazie anglo-sassoni. Beh, abbiamo visto come è andata a finire, nonostante il non disprezzabile risultato elettorale ottenuto in Italia ed in città (quasi il 34%).

Dopo la sciagurata rimozione dell’esperienza veltroniana, si confidava che il PD fosse in grado di tesaurizzare i molteplici errori e le smisurate malefatte del governo di centro destra e del suo leader, non solamente sul fronte della gestione disinvolta e personale delle istituzioni e della cosa pubblica, ma anche su quello dei programmi, delle cose da fare, come si suol dire. Si attendevano parole chiare su come riformare questo Paese, in tema di politica del lavoro, specie per i giovani, sul rilancio dell’economia, partendo dall’ammodernamento delle infrastrutture di cui l’Italia e le sue imprese hanno un enorme bisogno, così come nel campo della politica energetica. A proposito, personalmente stimo ed apprezzo il Prof. Veronesi e mi fido di lui, oltre che per quanto ha fatto in campo oncologico o forse proprio per questo, perché ha accettato la carica di Presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, altro tema sul quale il PD risulta diviso al suo interno, fra i pasdaran dell’ambiente e quelli che giudicano, invece, il nucleare il miglior sistema oggi possibile per produrre molta energia, liberarsi dal giogo politico/economico dei paesi produttori di petrolio e salvaguardare, al contempo, l’ambiente. Ci si aspettava programmi chiari anche sul fronte delle riforme istituzionali, dalla riduzione del numero dei parlamentari, all’abolizione delle Province, alla riforma elettorale. Come non accennare, poi, alla riforma del fisco e di quella della tassazione delle rendite finanziarie, al fine di riequlibrare il prelievo fiscale oggi così sperequato a danno quasi esclusivamente dei lavoratori dipendenti.

Insomma, gli elettori non ideologici come me non hanno sentito o si sono persi programmi chiari e forti da parte del PD che, anzi, su molti dei temi sopra ricordati, ha posizioni molto diverse al suo interno, tanto diverse da ricavare la spiacevole impressione che, piuttosto che prendere decisioni univoche, preferisca tenere un basso profilo e rimanere nella vaghezza più assoluta.

Ciò detto, penso di non essere lontano dal vero se dico che l’Avv. Pisapia ha vinto per le ragioni sopra esposte e perché, conseguentemente, ha catalizzato su di sé soprattutto il voto della sinistra ideologica, quella sinistra radicale che comunque avrebbe votato per lui. Ciò a prescindere dal fatto che la sua non fosse una candidatura di portata nazionale, ma di una portata locale di enorme importanza. Molti degli altri, quelli che hanno un approccio laico, riformatore, pragmatico, progressista non ideologico sono rimasti a casa e l'affluenza ben al di sotto l'attesa ne è stata la riprova, stufi di questo PD inconcludente e indeciso a tutto, perfino sull’opportunità che i suoi dirigenti lombardi diano le dimissioni, essendo notizia di oggi che non le hanno date ma che hanno “messo a disposizione“ il loro incarico.

E questo scenario potrebbe riproporsi a livello nazionale, con la candidatura di Vendola che adesso fa tremare le vene ai polsi della dirigenza PD.

Veltroni nel 2008 ottenne il 34% dei voti. I sondaggi danno, oggi, il PD al 24%. Il timore è che questa percentuale, ammesso che rimanga tale, possa servire solo a fare una coalizione di governo con tutti quelli che ci possono stare per non fare alcunché, sballottati fra una contraddizione e l’altra.

Che faranno gli italiani? Temo, ahinoi, che possano ridare il voto a Berlusconi, non per i suoi meriti, che evidentemente non ha, anzi, ma per i demeriti dell’opposizione. E poi, diciamolo, una parte non irrilevante degli italiani è alla costante ricerca dell’uomo forte, quello, secondo le circostanze, da blandire o da fregare, quello che tutto sommato gli somiglia, quello che cadrà non tanto per iniziativa di qualcuno, ma perché soccomberà sotto il peso del macigno delle proprie contraddizioni. Ed allora molti diranno di essere sempre stati “anti“. Agli altri, ai delusi come me, a quelli a cui non è dato di avere una rappresentanza seria, coerente, responsabile, onesta e coraggiosa, non resterebbe che dovere amaramente constatare che la storia spesso si ripete con le sue lezioni il cui manuale cambia la copertina, rimanendo di contro le sue pagine immutate nel tempo. Ma la speranza è l'ultima a morire.

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