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La Repubblica Democratica del Congo prossima alle urne

Dopo le passate elezioni (23-24 ottobre) in Tunisia, il paese che ha dato inizio alla Primavera Araba, i seggi elettorali si riaprono in un altro angolo di mondo: la Repubblica Democratica del Congo, già Zaire. Il prossimo 28 novembre, infatti, 31 milioni di congolesi saranno chiamati alle urne per le seconde elezioni multipartitiche degli ultimi 50 anni di storia del paese africano. Ma l’atmosfera nella quale uno dei popoli più poveri e falcidiati da guerre interne si avvicina all’evento è piena di tensioni.

I contrasti partono già dalle facce dei due sfidanti. Da una parte, Vital Kamerhe, classe 1959, padre di 8 figli, una laurea in Economia e un passato politico ricco. Da sempre impegnato nel processo di pace del paese, si candida per l’UNC (Unione per la Nazione Congolese). Dall’altra, Joseph Kabila, ovvero il Presidente uscente - dato per favorito - accusato, nelle elezioni di 5 anni fa, di aver vinto eliminando fisicamente oltre 500 oppositori politici. La sua storia, del resto, parla da sé. A differenza di Kamerhe, vanta una carriera militare fra Tanzania, Uganda e Cina; è inoltre figlio di Laurent-Désiré, il quale, in un’operazione oramai tristemente ricorrente nei paesi decolonizzati e dimenticati dall’Occidente, pone fine nel 1996 alla dittatura militare del generale Mobutu, per insediarsi egli stesso al potere e dare vita a un regime autoritario. Nel 2001 viene assassinato e succeduto dal figlio, Joseph, il quale, alla guida dello stato cui il padre aveva ridato l’originale nome Congo, continua la politica repressiva e autistica del padre. Non a caso, lo sfidante Kamerhe negli ultimi anni denuncia il governo Kabila di pericolosi accordi con le truppe ruandesi.

Gli osservatori internazionali sollevano non poche preoccupazioni circa la trasparenza delle elezioni, con il rischio che possa ripetersi quanto accaduto 5 anni fa, con la vittoria di Kabila macchiata dal sangue didesaparecidos.

Quali altri rischi potrebbe correre il Congo, paese reso sì celebre dall’incontro di box tra Ali e Foreman così come dal romanzo di Joseph Conrad "Cuore di Tenebra", ma poco noto quanto a pace e democrazia, sempre assenti a partire dalle influenze portoghesi-olandesi e, infine, belghe con Leopoldo II? Secondo lo Schindler d’Africa – così è soprannominato Henri Ladyi, direttore del Centro di Risoluzione dei Conflitti, per il suo impegno a favore dei bambini soldato – il paese rischia una terza guerra civile. Gruppi militari, infatti, in gran parte nostalgici della dittatura Mobutu, starebbero già organizzandosi nelle fitte boscaglie e foreste congolesi per sferrare un attacco al potere nel caso in cui fosse rieletto Kabila. Nelle milizie ribelli, fra l’altro, farebbero parte anche quei bambini soldato – kadogos – con cui si è macchiato lo stesso Kabila in quelle cruenti battaglie di cui fu a capo e che portarono all’ascesa del padre. Il pacifista Ladyi, inoltre, sostiene che il problema del Congo è quello di non avere imparato la lezione di altri paesi come Liberia e Sudafrica, in grado di avviare un processo di riconciliazione in tutti gli strati sociali dopo anni di morte e conflitti.

Che le cose non si mettano bene in vista delle elezioni è confermato anche dai numeri. In un territorio paragonabile, quanto a popolazione, a un paese Europeo – 71 milioni di abitanti – la percentuale di iscritti alle liste elettorali è bassissima. Laddove da tredici anni si susseguono guerre civili – una di esse definita da molti una sorta di guerra mondiale per il coinvolgimento di 8 paesi africani – e conflitti come quello redente scoppiato nella regione Kivu tra ribelli locali e governo, un nuovo scontro armato significherebbe la fine.

Gli occhi di tutta l’Africa e del mondo intero sono puntati sul Congo nella speranza che le tenebre lascino lo spazio a un raggio di pace. 

Credits Foto: Jeune Afrique

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