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Come uscirne: l’economia al tempo della crisi

Di tentativi ne sono stati fatti – da ultimo le dimissioni di Silvio Berlusconi a favore di un nuovo governo tecnico capeggiato dal Professore Mario Monti – ma, alla fine, nessuno in Italia sta avendo la meglio sull’attuale crisi economica. Non che la si possa cancellare di punto in bianco – e non che con l’ingresso sulla scena politica di Monti le cose andranno subito a gonfie vele – tuttavia: quali potrebbero essere le ricette – radicali e non – tali da rimettere in carreggiata il Paese lungo l’asse finanziario mondiale?

In un momento di frenetiche consultazioni a Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli, che sanno tanto di ultima spiaggia, a livello popolare le suggestioni e i suggerimenti non mancano. Per esempio, c’è chi propone di sbarazzarsi del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Lanciato nel 1944 da Bretton Woods per evitare nuove depressioni stile anni Trenta, stabilizzare i rapporti di cambio e promuovere la cooperazione monetaria, l’FMI, che ha sede a Washington ed è guidato dalla francese Christine Lagarde, si è poi impegnato in una lunga serie di finanziamenti per aiutare i Paesi in crisi e risparmiarne altri dal contagio. I capitali sono versati dai 187 Stati membri, fra i quali (Italia compresa) non fanno più parte i governi progressisti latinoamericani che hanno rotto i ponti con la più importante istituzione finanziaria mondiale. Chi non ricorda l’insolvenza da 95 miliardi di dollari dell’Argentina nel 2001? L’FMI offrì i suoi prestiti in cambio di politiche di austerità, ma Kirchner minacciò la cancellazione del 75% del debito imponendo accordi più favorevoli. Alla fine il Presidente ebbe ragione: nel 2005 il debito fu pagato e l’Argentina uscì dall’Fmi per assistere a una graduale ascesa – tutt’ora in corsa – della propria economia. Nel Belpaese le strade dell’FMI si incrociano con quelle dell’Unione Europea. Già da una settimana, infatti, assieme a David Lipton, numero due di Lagarde al Fondo Monetario, sono a Roma alcuni inviati di Bruxelles per testare la validità ma soprattutto l’attuazione del pacchetto finanziario imposto dai 27, ossia l’ultimo atto legislativo del governo Berlusconi. Proprio l’ex Premier aveva affermato come il motivo principe della crisi dell’Eurozona fosse la moneta unica. Le ingerenze interne al nostro Paese da parte dell’UEhanno creato non pochi maldipancia a tanti italiani che non vedrebbero come il male peggiore un’uscita dall’Europa. Ebbene, noi riteniamo che questi due scenari non siano percorribili: lasciare l’UE vorrebbe dire reintrodurre la Lira con una sua svalutazione che avrebbe conseguenze imponderabili per il Paese così come staccarsi dall’FMI significherebbe isolamento diplomatico oltre che economico. Nonostante il periodo di crisi che anch’esse stanno attraversando, l’UE e l’FMI sono due punti di riferimento cui l’Italia potrà sempre affidarsi.

C’è chi, poi, come Giuliano Melaniacquista una pagina di un noto giornale italiano per invitare i cittadini a comprare il debito. Originalità a parte, anche questa idea è difficile a farsi per due motivi: da una parte, il debito ammonterebbe a circa 5 mila euro a persona, una spesa che non tutti possono permettersi, dall’altra non è giusto che i semplici lavoratori debbano accollarsi anche il macigno più pesante della crisi.

Quale soluzione, dunque? Forse le cose sono molto più facili di quanto possano sembrare: forse basterebbe tagliare del 50% tutta la politica (da Roma alle Regioni), forse si dovrebbe, come fece Roosevelt col New Deal, programmare un grosso piano di lavoro per intervenire a livello infrastrutturale su tutto il territorio, in particolare quello a rischio idrogeologico e sismico, forse basterebbe avere il coraggio di investire sui giovani e farli entrare nelle scuole e nelle fabbriche. Forse.

Staremo a vedere quello che sarà il corso della storia, ma di una cosa si può essere certi: come sempre, le soluzioni sono sempre meno radicali di quanto si pensi. Ai posteri la sentenza.  

Commenti all'articolo

  • Di Truman Burbank (---.---.---.133) 14 novembre 2011 23:24
    Truman Burbank

    Le vie d’uscita sarebbero parecchie, il problema reale è che quasi tutte le istituzioni lavorano contro l’Italia. Esemplare in questo senso Attila Napolitano, che ha calpestato tutte le regole della Costituzione, designando il nuovo premier prima ancora che la crisi fosse formalmente aperta.

    Una via d’uscita banale sarebbe un accordo con Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda per l’uscita immediata dall’euro ed il contemporaneo passaggio ad un euro dei maiali.

    In alternativa ognuno degli stati ritorna alla valuta nazionale, ma tali valute vengono concordate come accettabili in tutti gli stati maiali. L’FMI non serve più. La BCE non serve più. Con accordi del genere si potrebbe tranquillamente rinegoziare il vecchio debito con le banche: tutti i debiti verranno onorati, con tasso d’interesse dello 0,1 % all’anno, imposto dai debitori. Prendere o accettare il default.

    Ma sarebbe sufficiente far balenare la concreta realizzabilità di questa prospettiva per convincere la BCE a finanziare i debiti nazionali allo stesso tasso, 0,1% all’anno.

    Certo servirebbe un premier, non un commissario liquidatore mandato dalle banche.

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