La “Madre di tutte le Riforme” è quasi conclusa. E i risultati? (Parte II)

La prima parte è qui.
C’è troppo da dire sulla “Madre di tutte le Riforme”, ossia sul federalismo fiscale, per non dare un seguito al precedente articolo del vostro cronista di pari titolo.
Si cominci dalla cedolare secca sugli affitti degli immobili ad uso abitativo non locati nell’esercizio di impresa. La prima cosa che salta fuori è l’esatta individuazione del target cui la norma è destinata: privati affittuari di case destinate ad abitazione, nella stragrande maggioranza persone appartenenti alla piccola borghesia. La seconda è che la norma è ben poco coraggiosa; anzi qualcuno potrebbe anche pensare che sia demagogica. Non è affatto vero che nella percentuale del 20% della cedolare secca si vengano a ricomprendere una miriade di imposte: continua ad essere applicate l’imposta sul trasferimento degli immobili, sia pure municipalizzata e ridotta di qualche punto percentuale; continua ad essere applicata l’ICI anche su questi immobili locati. L’unica imposta assorbita è l’imposta di registro, una una tantum annuale. Non è molto simpatica la contemporanea applicazione di due imposte municipali distinte sullo stesso bene immobile, ossia l’ICI e la cedolare secca IRPEF: sarebbe stato più comprensibile dire al cittadino la verità, ossia fissare la cedolare secca al suo vero valore percentuale di circa il 33-35 % (questa stima del vostro cronista è del tutto estemporanea).
Si passi poi al detto anglosassone “no taxation without representation”. Giusta e lodevole l’applicazione del principio in questione, peraltro già contenuto dall’art. 119 della Costituzione, alle Regioni, alle Province ed ai Comuni. Esso però appare del tutto inapplicabile nel caso delle Province. Infatti, malgrado disperati sforzi, il vostro cronista è riuscito a ricordare solo un paio di casi in cui la Provincia ha specifiche competenze, e precisamente :
a) Negli edifici scolastici degli Istituti di II grado, i pochi che ci sono;
b) Nelle strade provinciali, le poche che esistono, essendo la generalità delle strade comunali e statali;
Che questo basti ad una normale rappresentation è un insulto all’intelligenza dei cittadini. Invero le Province hanno competenze del tutto marginali e sono funzionali solamente ai giochi della pseudo-politica tanto diffusa nel nostro Paese; un Paese, avrebbe detto Leonardo Sciascia, «dove non hanno più corso le idee, dove i principi – ancora proclamati e conclamati – vengono quotidianamente irrisi, dove le ideologie si riducono in politica a pure denominazioni nel gioco delle parti che il potere si assegna, dove soltanto il potere per il potere conta». Dalle parti del vostro cronista è tutto un rincorrersi ed un mescolarsi di persone che dal capoluogo vanno in provincia e dalla provincia vanno nel capoluogo, con l’unico obiettivo di “far carriera in politica”, chiamati a ricoprire ruoli politici in comunità diverse da quella propria e, perciò, senza alcun senso di appartenenza nei riguardi dei problemi politici chiamati ad affrontare. Che poi anche a Bergamo si senta tanto l’esigenza di questo modo di procedere e di far politica, questo la dice lunga su taluni movimenti politici che nulla fanno per nascondere il loro modo arcaico ed indecoroso di concepire la politica.
Per concludere sempre la Regione Sicilia e la sua ricerca di denaro da spendere, testimoniata dal prossimo mutuo della Cassa Depositi e Prestiti per 862 milioni di Euro. Qualcuno potrebbe anche pensare che sono fortunati i cittadini di questa Regione, cui vengono destinate tante risorse dai propri amministratori. Purtroppo non è proprio così. Vediamo un caso concreto di come vengono spesi questi denari, quello dei custodi per i Beni Culturali, caso recentemente venuto alla ribalta della cronaca. Pare che i custodi in questione appartengano a diverse specie, dagli ex dipendenti di aziende fallite che lavorano a part time, a quelli che erano in carico ad una società “partecipata” denominata con un poco di ottimismo “Federico II” (col pericolo che lo Staussen si rigiri nel sarcofago di granito rosso nella cattedrale di Palermo!), a quelli direttamente dipendenti dal Dipartimento Beni Culturali. Questi ultimi, i “normali” insomma, percepiscono uno stipendio medio annuo lordo di circa Euro 35.000. Vi sono, però, anche i custodi della società “partecipata” dalla Regione denominata “Beni Culturali S.p.A.”, i quali, in numero di 472, ricevono circa Euro annui lordi 48.000, Euro più Euro meno. E non è affatto facile spiegare perché un custode riceva 48.000 euro all’anno lordi ad un operatore di call center, che ne prende due all’ora.
Anche per questo, per combattere questi sprechi e queste ingiustizie, il cittadino siciliano si chiede quali nuove “armi” siano state messe a sua disposizione dalla riforma del federalismo fiscale, la "Madre di tutte le riforme" introdotta dal ministro Giulio Tremonti.
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