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La Grande Crisi cinese arriva alle banche

In Cina, il regime spinge le banche pubbliche a prestare agli sviluppatori immobiliari dissestati e alle amministrazioni locali, che dallo sboom delle costruzioni hanno visto sparire buona parte dei loro ricavi, legati a concessioni di terreni. È il grande dissesto del real estate cinese che, dopo aver spinto la crescita per lustri nella più classica delle bolle, ora esige pegno con gli interessi.

PRESTARE AGLI INSOLVENTI

Come riporta Bloomberg, grandi prestatori pubblici come la Industrial and Commercial Bank of China potrebbero presto essere chiamati a prestare a tassi agevolati e senza garanzie a sviluppatori ed enti locali, sopprimendo il rischio di credito. Nel frattempo, i prestiti in sofferenza del sistema bancario crescono: quest’anno, le dieci maggiori banche cinesi hanno accantonato 89 miliardi di dollari aggiuntivi per perdite su crediti, pari al 21% degli utili ante accantonamenti previsti per il 2024.

Le autorità cinesi chiedono alle banche di adempiere in contemporanea al “servizio nazionale” di prestare a comunità locali e immobiliaristi e produrre utili, sui quali pagare le tasse. Si stanno quindi valutando misure formali, come l’autorizzazione alle banche a concedere prestiti di breve termine non garantiti e legati al finanziamento del circolante, cioè alle necessità quotidiane, per poter liberare capitale da destinare al rimborso dei prestiti. Si stima che tale fabbisogno da finanziare sia oggi in un intorno di 450 miliardi di dollari.

La lista dei costruttori beneficiari include anche entità che sono dissestate in modo conclamato, come il gigante Country Garden, che peraltro si trova a dover gestire i creditori internazionali che non hanno ricevuto quanto di loro spettanza in occasione di scadenze di prestiti obbligazionari. Quindi siamo nelle situazione di banche che finanziano debitori insolventi ed esposti anche su giurisdizioni non domestiche.

Non il miglior viatico per far tornare investimenti esteri in Cina, ammesso e non concesso che ciò possa effettivamente avvenire. Per ora assistiamo al Grande Deflusso di capitali occidentali, malgrado i Big Banker della nostra parte del mondo insistano a magnificare grandi e persistenti opportunità, se solo si puntasse alla distensione. Resto dubbioso.

La pressione del regime sulle banche è sempre più forte: in occasioni pubbliche viene rimarcato come gli istituti dispongano ancora di margini di profitto da “snellire” per sostenere l’economia. La realtà è ben diversa, visto che a fine settembre le banche commerciali cinesi avevano un margine di interesse, cioè la differenza tra quanto incassato sui prestiti e quanto pagato sui depositi, di solo 1,73%, inferiore alla soglia considerata critica per preservare un minimo di redditività, posta a 1,8%. Nel frattempo, e in parallelo, le sofferenze lievitano.

Le autorità hanno più volte ridotto il coefficiente di riserva obbligatoria e spingono per autorizzare le banche a ridurre ulteriormente i tassi sui depositi, che in Cina non sono rimessi a dinamiche di mercato ma sono di fatto un prezzo amministrato. La motivazione è che la deflazione che colpisce il paese necessita di riduzioni parallele alla struttura dei tassi, attivi e passivi. Le cose sono un po’ più complesse di così.

CACOFONIA DEI REGOLATORI

Le banche sono poi prese tra l’incudine e il martello dei regolatori: i banchieri sono convocati dalla banca centrale e istruiti a prestare di più alle aziende immobiliari. Ma subito dopo, possono essere chiamate dal regolatore bancario per spiegare perché stanno prestando troppo aggressivamente al settore immobiliare. Cose che capitano, quando la burocrazia dirigista parla con più bocche.

Non bisogna poi scordare che, in questo sistema di incentivi perversi e di dinamiche di mercato che si punta a sopprimere, i banchieri possono essere chiamati a rispondere del fallimento dei clienti affidati. Le banche reagiscono come possono, tentando di preservare la redditività anche in una situazione in cui la finzione sta avendo il sopravvento. Si comprende il motivo: un giorno, il cosiddetto parlamento potrebbe chiedere ai banchieri per quale motivo hanno prestato a società dissestate, subito dopo aver ordinato di farlo. Orwell aveva capito tutto.

Allo stesso modo, nascono critiche ai “fondi inutilizzati” che le banche e grandi aziende terrebbero in deposito. Ricordate questa retorica tipicamente italiana degli anni di crisi? La logica bacata dei conti bancari equiparati al materasso: “quanti depositi fermi, e invece potremmo far volare l’economia”. Ma quei depositi, proprio per il fatto di essere nel sistema bancario, fermi non sono. Se lo sono, è perché non trovano opportunità di investimento correttamente remunerato per il rischio. Ora, prestandoli ai dissestati e involventi, pare quadreremo il cerchio. Qualcuno alle nostre latitudini potrebbe trovare ispirazione e dire che la Cina dopo tutto resta un modello di lotta al capitalismo darwinista.

Per ora, e piuttosto ironicamente, ci sono voci che molte banche starebbero per agire sui propri costi, in particolare quello del lavoro. Si parla di soppressione di impieghi proprio nei dipartimenti preposti a fare credito. Forse perché, se le cose stanno in questi termini, non serve avere analisti di credito ma solo burocrati che mettono timbri. E quella attività può essere felicemente automatizzata.

Nel frattempo, le autorità hanno ben chiaro che il settore immobiliare non può essere semplicemente depurato dalla componente speculativa mediante una “salutare” fase di fallimenti: troppe sono le ramificazioni. Ci sono famiglie che hanno pagato per la casa e attendono da troppo tempo la consegna. Ci sono altre famiglie che hanno investito in prodotti di risparmio creati in modo piuttosto anarchico e destrutturato nel cosiddetto shadow banking, il settore bancario ombra che sfugge alle più strette regolazioni pubbliche, che a sua volta ha creato prodotti legati alla bolla immobiliare che stanno morendo in mano ai compratori.

EXTEND AND PRETEND

Queste situazioni, come detto, sono la naturale conseguenza dello scoppio della bolla immobiliare. Saranno costose, richiederanno molto tempo per essere gestite, produrranno un inevitabile aumento di debito pubblico centrale, finiranno col danneggiare ulteriormente i meccanismi di mercato e aumentare l’interferenza pubblica, favoriranno non solo indirettamente corruzione e azzardo morale.

La Grande Crisi cinese è in corso. Come abbiamo facilmente profetizzato in passato, è molto simile a quella vissuta una quindicina di anni addietro dal decadente occidente. È il famoso extend and pretend delle banche: fai credito, fingi che il debitore sia solvibile e spera nel meglio. È un mondo molto unito, malgrado tutto.

Foto di Julien Tromeur da Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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