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La Giustizia ingiusta. Cacciata dal tribunale perché indossava il velo

Spesso si chiede ad una qualche istituzione pubblica di essere “più umana”. La logica di questa richiesta sfugge ad una definizione precisa e non può che essere lasciata alla ‘sensazione’ individuale di ciò che è umano e di ciò che non lo è. Tanto più se parliamo della Legge e della sua applicazione.

Naturalmente là dove i termini esatti sfumano, si aprono spazi anche per interpretazioni di comodo, le maglie diventano troppo strette o troppo larghe, possono esserci abusi o forzature di senso. Anche ingiustizie se un caso e un altro, che possono risultare simili, sono interpretati diversamente.

Insomma ci troveremmo in una situazione pre-illuministica, quando a decidere la pena o l’assoluzione, senza motivazioni, era l’arbitrio del monarca o di chi per lui. La ragione illuministica cercò di risolvere il problema stilando con puntigliosa determinazione delle regole precise, violando le quali si potevano definire con esattezza le pene. In fondo la strada in questo senso era già stata aperta dal Codice di Hammurabi, tanti tanti tanti anni fa.

Così la società usciva, si pensava, dall’arbitrarietà della volontà umana ed entrava nell’anonimo rigore matematico della “volontà” della Legge. Uguale per tutti e super partes.

Sappiamo tutti che è una bufala per ampie sacche di reati o di imputati. Abbiamo sotto gli occhi il caso del ragazzo accusato di aver rubato un ovetto kinder e, all’altro estremo, il caso di un signore multimiliardario che faceva cambiare dal Parlamento le leggi dello Stato e manipolava le sentenze dei tribunali, corrompendo i giudici, per adattarle alle sue esigenze di lestofante (parlo dell’ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra, cosa credevate ?).

Ma al di là di casi controversi o macroscopici, credo che ci sia un vasto territorio in cui il normale buon senso può prevalere e la definizione di legge “più umana” diventa comprensibile e condivisibile dai più.

Ci sono invece casi in cui la rigidità inumana del diritto si erge sovrana a dominare il piccolo mondo di un’aula di giustizia.

E’ il tribunale di Torino e il caso non riguarda l’imputato, ma una giovane interprete, Fatima, chiamata a dirimere una controversia circa una traduzione dall’arabo.

Essendo una donna rispettosa delle usanze islamiche, si presenta a prestare la sua opera con il capo coperto dal velo. Non si tratta di quella sacca chiamata burqa che copre tutto il corpo occultando le fattezze di chi la indossa; in questo caso sarei d’accordo anch’io che una persona totalmente nascosta, e perciò non identificabile, non possa entrare in un’aula di tribunale. Provate a entrarci indossando un casco integrale e sarete ovviamente fermati e identificati.

In questo caso si trattava solo di un foulard a copertura dei capelli che lasciava tutto il viso scoperto, ma il giudice - Giuseppe Casalbore (nella foto) noto per il maxiprocesso Eternit - è stato irremovibile. O via il velo o via lei. E lei se ne è andata.

L’implacabile difensore dello Stato si è giustificato dicendo “Ho applicato la legge, che per le udienze pubbliche prevede che si stia in aula a capo scoperto. La legge è uguale per tutti".

Adesso, mi chiedo, è una questione di imparzialità della legge o di umana incapacità di distinguere le questioni fondamentali da quelle irrilevanti ? Giustamente altri hanno fatto osservare che la legittima pretesa di chiedere il rispetto dell’istituzione si è sempre (ovviamente) fermata davanti alle suore con il velo, a ebrei ortodossi con la kippà o a donne sottoposte alla chemio, interpretando “umanamente” la norma.

Lasciare quindi che una ragazza araba indossi il velo che le incornicia graziosamente il volto, sarebbe stato un banale atto di sensibile e moderata violazione della rigida norma che impone di togliersi il copricapo in segno di rispetto (ma per le donne non si usa il comportamento opposto ? quando entrano in Chiesa non si coprono la testa con un velo - in segno di umiltà - mentre gli uomini al contrario si tolgono il cappello in segno di deferenza ?).

In ogni caso, lasciar correre avrebbe avuto davvero il significato che la giustizia italiana stava precipitando in una incontrollabile dimensione preilluministica ? Che si rischiava di perdere così la certezza del diritto ?

Nel dubbio pare che il presidente del Tribunale abbia sottoposto il quesito al CSM, il Consiglio Superiore della Magistratura, "data la difficoltà e delicatezza della materia, perché precisi a quali regole debba attenersi il magistrato che dirige l'udienza, sia civile che penale, onde poter fornire ai giudici del Tribunale indicazioni per una condotta uniforme e rispettosa dei diritti individuali della persona"

Di fronte ai numerosi ed eclatanti casi di malagiustizia, di violazione delle norme di legge, di interpretazioni bislacche del codice, dei tempi insostenibili e inaccettabili, dei costi assurdi eccetera eccetera eccetera, l'unica ferrea, implacabile rigidità applicativa sembra essere, per ora, quella che riguarda Fatima, ragazza islamica irrispettosa della suprema e intangibile Legge della Repubblica Italiana.

Adesso, alcuni altissimi magistrati, dagli stipendi d'oro, dovranno passare il loro (costosissimo) tempo a discutere se una qualsiasi ragazzetta può o non può portare un foulard sulla testa quando entra in un'aula di tribunale.

Ma fateci il piacere.

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.171) 15 maggio 2012 14:50

    Se capisco bene, un magistrato ha fatto applicare la legge -suo preciso dovere!- e ha constatato che in altri casi analoghi la legge non viene applicata, per cui si è rivolto ad un organismo superiore (che credo che sia stata la Cassazione e non il Consiglio Superiore della Magistratura) perchè chiarisca e per ottenere che "la legge sia uguale per tutti".

    A fronte di tante distorsioni della ns giustizia, questo invece mi sembra un caso decisamente encomiabile.

    Se poi invece, lo stesso magistrato in altre occasioni non avesse applicato la legge, è chiaro che in questo caso ci sarebbe stato da parte sua un atto arbitrario e arrogante, ma questo non risulta.

    Credo che sia un principio (discutibile) della ns giustizia quello secondo cui ci si puo’ rivolgere ad un’istanza superiore soltanto in seguito ad un atto giudiziario, che in questo caso è l’avere espulso la traduttrice velata.

    Sarebbe più umano se si potesse porre lo stesso quesito prima e non dopo avere espulso qualcuno, ma anche per questo la critica va alla legge, mai al giudice che la applica.

  • Di (---.---.---.107) 15 maggio 2012 15:24

    Sarebbe come dici tu se la Legge fosse ’non interpretabile’. Invece lo è e sta ai giudici interpretare il "senso" vero (in teologia usano la definizione di "senso pieno" nell’interpretazione delle Scritture) del dispositivo di legge. Questo è quanto mi risulta.

    Infatti il CSM (come dice l’articolo di Repubblica) o la Cassazione (come dici tu) deve dare l’interpretazione "giusta", il senso vero, di quello che il legislatore intendeva quando ha scritto la norma.

    Esporre il caso (questo caso) diventa necessario dal momento che altri prima del giudice in questione hanno ritenuto che tale norma non fosse applicabile, in quanto una donna velata per motivi religiosi non è configurabile come ’offensiva’ nei riguardi della corte. In altri termini si è andati oltre la manifestazione visibile (la testa coperta) per comprenderne l’intenzionalità latente, evidentemente considerata non offensiva. Nel caso di una suora la cosa sembra ancora più chiara per la nostra mentalità - chi mai riterrebbe una suora offensiva perché non si scopre il capo ?! - ma in fondo è esattamente la stessa cosa della giovane islamica.

    Si tratta di prendere rapporto con l’intenzionalità, cosa che il giudice di cui sopra non ha ritenuto di dover fare, dando un’interpretazione letterale e (a mio parere) inutilmente forzata della norma.

    FDP

  • Di (---.---.---.107) 15 maggio 2012 15:29

    Altra cosa ovviamente è il burqa che per le sue caratteristiche impedisce di vedere il volto della persona. In questo caso le esigenze di sicurezza evidentemente prevalgono.

    FDP

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