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La crisi della Chiesa: consuetudine

Sono nato in un piccolo paesino della provincia bergamasca, padre operaio, madre casalinga. Basso reditto ma decoroso, casa di proprietà, utilitaria nel garage: insomma, una famiglia come tante altre. Quando ero bambino la domenica mattina mi svegliavo, mi lavavo, mettevo il vestito della festa e andavo alla chiesa parrocchiale ad ascoltare la S. Messa. Insieme a me praticamente tutti i ragazzi del paese, chiesa sempre gremita. Nulla di particolarmente strano in un paesino di provincia degli anni 80. Domenica scorsa, sono passati all’incirca 25 anni (anche se sembrano 25 secoli), mi sono svegliato e come al solito sono andato al bar del paese a fare colazione. Passando davanti alla chiesa del paese guardavo la gente che entrava per ascoltare la funzione religiosa ed ho notato una fatto interessante. Dove sono finiti i bambini? E i ragazzi? La quasi totalità che entrava dal portone principale, e dalle due porte laterali, erano persone di mezza età o anziane. Le statistiche sul calo delle vocazioni e dei fedeli danno ovviamente l’idea della crisi che sta attraversando la chiesa all’inizio del terzo millennio,ma nulla può rendere meglio l’idea che osservare cosa in realtà succede in un piccolo paese di provincia nella cattolicissima Bergamo.



Potremmo discutere per ore sul motivo di tale fenomeno:i dogmi ormai fuori dal tempo, gli scandali che hanno attraversato di recente la chiesa, le prese di posizione sull’etica e sulla morale,e via dicendo. Vorrei però soffermarmi solo su un aspetto, sicuramente più banale di quelli che ho pocanzi citato, ma a mio parere non meno importante. Questo aspetto si può tranquillamente riassumere in una parola: consuetudine. Dunque, perché io e i miei amici quando eravamo ragazzini andavamo a messa? Perché ce lo imponeva il prete? No di certo. Perché avevamo paura di andare all’inferno? Nemmeno direi. Io e i miei amici ci andavamo perché obbligati dai nosrti genitori a seguire un’educazione cattolica. I nostri genitori erano ferventi cattolici? Be’, sì e no. Dovete capire che una delle cose fondamentali per essere accettati dal microcosmo di un piccolo paese di provincia è non uscire dagli schemi e dalle convenzioni che esso si è dotato al suo interno. Una tradizione secolare attraversa questi luoghi e da secoli chi va a messa ed è un fervente cattolico viene rispettato ed apprezzato, mentre chi non lo è viene visto con sospetto. Se la consuetudine è quella di seguire queste regole tutti si devo attenere alla lettera, pena una sorta di abiura all’interno della comunità. Se questa crisi di fede è scoppiata così violentemente, essa credo abbia radici più profonde nella storia, e non credo riguardi solo gli ultimi anni, anche se sicuramente il processo di secolarizzazione della società ha avuto recentemente una forte accelerazione. Ultiimamente questa "consuetudine" va perdendosi molto velocemente, forse perché la società anche nel nostro piccolo ecosistema si è evoluta. Una cultura di base superiore, la possibilità, grazie ai mezzi di informazione, di ascoltare non più una sola voce ma bensì molti pareri contrastanti (il famoso pluralismo), la scoperta di altre culture, il delirante cosumismo che ci fa pensare più al beni materiali che alla spiritualità, etc. I bambini degli anni 70/80 sono ormai diventati padri, e non essendo stati completamente convinti dalle regole a loro impartite, non riescono a imporle ai loro figli e la reazione a catena che ne consegue porta allo svuotamento dei luoghi di culto. La società si evolve rapidamente, e quello che precedentemente è successo nelle grandi città ora succede a noi, il principale bacino di utenza della Chiesa Cattolica.

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