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L’aborto in America Latina. Altre ripercussioni dell’elezione di Bergoglio

Questo articolo fa parte di una riflessione inziata qui: "Bergoglio e l'America Latina". 

Rafael Correa, il presidente dell’Ecuador, non è andato come altri in pellegrinaggio in Vaticano, ma ha fatto un gesto che è stato apprezzato moltissimo dalla Chiesa ecuadoriana, che per bocca del presidente dei vescovi Antonio Arregui lo ha elogiato “per il coraggio e la nobiltà d’animo con cui ha parlato”. Infatti Correa, di fronte a una legge che depenalizzava l’aborto presentata da un gran numero di deputati del suo partito, Alianza País, non solo ha preannunciato il suo veto, ma ha minacciato di dimettersi nel caso la legge non fosse ritirata. Un atteggiamento che ricorda un po’ quello di Grillo di fronte alla eliminazione del reato di clandestinità, ma che intanto ha avuto successo, ed ha avuto molti imitatori nel continente. O meglio, ha incoraggiato e rafforzato chi aveva assunto lo stesso atteggiamento già precedentemente.

Ad esempio Ramón Tabaré Vazquez, ex presidente dell’Uruguay, che nel 2008 aveva posto il suo veto a una legge analoga e anche per questo non era stato riproposto come presidente, si prepara a ripresentarsi nelle elezioni dell’ottobre 2014 e sta facendo una campagna martellante sul tema, sostenendo che “nessun scienziato mediamente sensato può negare che il zigote, frutto della fusione di due cellule, è un individuo distinto dal padre e dalla madre”, e che “la filiazione non è determinata dall’annidamento ma dalla fecondazione e questa non è una questione religiosa ma una certezza biologica”.

In Argentina la presidente Cristina Kirchner mantiene la sua posizione antiabortista sul piano personale nonostante la maggioranza del kirchnerismo sia a favore, ma un altro socialista, per di più candidato presidente, Hermes Binner, alla pari di Tabaré Vazquez afferma “come medico” di “difendere la vita e essere contro l’aborto”, pur non condividendo la sua penalizzazione. Simile in questo al presidente della Bolivia Evo Morales quando sostiene che “l’aborto è un delitto”, anche se nel dibattito in corso sulla depenalizzazione sembra per il momento inclinare a favore di quest’ultima.

Un commentatore cattolico argentino, Alver Metalli, ha osservato sul suo sito che “la sinistra più rivoluzionaria, quella ex guerrigliera, è anche la più intransigente contro l’aborto”, e ritiene che ciò si debba probabilmente “alla sua storica attenzione al «sentire» delle popolazioni rurali, prevalentemente cattoliche, che si proponeva di sollevare in armi”. In realtà è assai dubbio che la sinistra ex guerrigliera sia “la più rivoluzionaria”, perché spesso ha fatto autocritiche decisamente eccessive su tutti i terreni, anche economici e sociali, collocandosi alla destra dello schieramento riformista. È il caso soprattutto di Mujica, ma anche del presidente salvadoregno Mauricio Funes, proposto dal FMNL, di cui era stato fiancheggiatore, ma che si è opposto in più occasioni, durante il suo mandato iniziato nel giugno 2009, alla depenalizzazione dell’aborto, e anche di recente ha ripetuto che non promuoverà nessuna riforma della Costituzione in questa direzione.

Daniel Ortega, formalmente sandinista, ma ormai ripudiato da gran parte dei compagni di lotta del primo sandinismo (che parlano oggi di “orteguismo”), ha respinto gli emendamenti che depenalizzavano l‘aborto terapeutico, ma non è una sorpresa: per essere ancora una volta rieletto nel 2006 aveva fatto un accordo senza principi con esponenti somozisti, e con il cardinale ultrareazionario Miguel Obando y Bravo (di cui la rivista Newsweek aveva scoperto che era al soldo della CIA quando appoggiava attivamente la “contra”). Tra l’altro il Nicaragua è stato scosso qualche mese fa dal caso di una bambina vittima di uno stupro rimasta incinta a nove anni. Miguel Obando y Bravo ha chiesto e ottenuto di inserire nella commissione medici dichiaratamente antiabortisti per valutare se davvero esistono pericoli per la vita della madre. Che siano «dottori responsabili», ha detto il cardinale Obando, «che non provochino un aborto, che salvino la vita della madre e della bambina che deve nascere». E i toni sono diventati da crociata. Il ministro per la famiglia, Natalia Barillas, ha ordinato alla "Red de mujeres" che assisteva la bimba di consegnarla perché la legge stabilisce che sia sotto la sua tutela finché non si arriverà ad una decisione. Poi è intervenuto il Comitato in difesa della vita secondo il quale siccome «la Costituzione stabilisce che il diritto alla vita è inviolabile», anche l' aborto terapeutico è anticostituzionale. Dal giorno alla notte il Nicaragua è ripiombato nell' antico clima da guerra civile. La cinica posizione antiabortista dell’indistruttibile presidente nicaraguense è condivisa anche dalla moglie Rosario Murillo che dovrebbe succedergli alla presidenza nelle prossime elezioni.

La sinistra che vuole l’aborto, pur con gradi diversi di “libera autodeterminazione della donna”, ha i suoi paladini quasi soltanto nell’ex presidente brasiliano Lula Da Silva, contrario all’aborto come cittadino, ma favorevole come Capo di Stato, e nella socialista Michelle Bachelet, la cui elezione, data quasi per certa, riproporrebbe la depenalizzazione nel codice penale cileno. In Messico è a favore dell’aborto solo il Partito democratico rivoluzionario, che almeno nel distretto federale di Città del Messico, governato da un suo candidato, ha già approvato la depenalizzazione dell’aborto offrendo il servizio pubblico negli ospedali per l’interruzione della gravidanza. Nel resto del paese, l’aborto è solo clandestino.

Singolare poi lo scambio di posizioni tra il presidente del Venezuela Nicolás Maduro che legalizzerebbe l’aborto solo nei casi di violenza e incesto, e l’oppositore Henrique Capriles che è di più larghe vedute, dichiarandosi “d’accordo con l’aborto terapeutico e la pillola del giorno dopo” e disposto a introdurre le unioni civili omosessuali (col risultato di rafforzare la penosa campagna contro di lui basata su insinuazioni omofobe). Ancora una volta, che tristezza questa sinistra!

Come un sasso nello stagno il “cattolico” e “rivoluzionario” presidente ecuadoriano ha smosso le acque in tutto il continente, dove la sinistra, nelle sue differenti gradazioni governa oramai da un decennio. E un Papa come Francesco, che si presenta come vagamente innovatore in materia sociale, ma non lo è certo sulla morale sessuale, anche se usa toni più comprensivi nei confronti dei “peccatori”, quando propone un “nuovo equilibrio all’edificio morale della Chiesa”, rimescola le carte anche in una sinistra latinoamericana che ha accantonato da tempo le sue idee laiche che l’avevano caratterizzata fino a Salvador Allende.

 

Foto: Immagini dalla Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile - Semilla Luz/Flickr

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