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L’Egitto sull’orlo dell’irreparabile

Nessuno in Egitto sembra intenzionato alla riconciliazione, anzi sono in molti a soffiare sulla brace perché possa divampare un devastante incendio sull’esempio siriano.

L’esercito come i Fratelli Musulmani si sono accodati e insinuati nello scontento popolare che portò alla destituzione di Mubārak, strumentalizzandolo per fine opposti. I Generali, per mantenere il potere con tutti gli optional, mentre la Fratellanza per collocare l’Egitto nell’alleanza islamica.

I militari continuano a detenere dietro le quinte il potere, mentre i Fratelli si sono impegnati a piegare la democrazia ai loro piani islamistici, mentre l’inettitudine di Morsi è riuscita ad aggravare la crisi economica nella quale versa l’Egitto degli ultimi anni di Mubarak.

Un anno di governo islamico ha evidenziato tutta la debolezza di una vittoria elettorale ottenuta con un aritmetico 26% degli aventi diritto, che si trasforma in un 52% di quelli che sono andati effettivamente a votare. Un Morsi divenuto Presidente grazie ad un’astensione trionfante per uno schieramento laico e liberale diviso.

Una rivoluzione che, se mai si può così definire, due anni fa si mosse dai giovani da Piazza Tahrir per coinvolgere ogni strato sociale scontento della mancanza di pane e di benzina, ma da allora nulla è cambiato se non l’incarcerazione di una famiglia per essere sostituita da un’altra. Un nepotismo islamico che è riuscito ad aggravare la crisi con le tasse su vari generi compresi gli alcolici.

I giovani manifestano a piazza Tharir e malvolentieri l’esercito si schiera al loro fianco, l’Islam esce vincitore dalle elezioni per dimostrare tutta l’inettitudine politica e tutta l’ambiguità democratica di Morsi nel soddisfare le richieste dei suoi Fratelli. È nuovamente da piazza Tharir che sale lo scontento per un islamismo poco moderato e i giovani manifestanti di 21 aprile hanno trovato nel movimento Tamarod la forza di ribellarsi ed ora è ancora una volta l’esercito ad intervenire come salvatore.

I militari si dimostrano alleati della piazza laica, lasciando alla polizia il lavoro sporco di sparare sui manifestanti islamici, sollecitando lo scontro tra i pro e gli anti Morsi, ma tenendo pronti i blindati nelle strade e gli elicotteri nel cielo.

Non sono solo degli osservatori e garanti della volontà popolare, i militari operano anche dietro le quinte, strumentalizzano lo scontento e le nefandezze degli squadroni paramilitari per poi arrivare, dopo centinaia di morti, come i pacificatori in armi. La “rivoluzione” rimane incompiuta, rischiando di trovarsi tradita per tornare ad un ancien regime.

La "Primavera parte seconda" è ormai alla quarta fase e si sta addentrando nel buio più profondo di una notte modello siriano. Una riconciliazione resta impossibile dalla crescente ira, come presagio per un conflitto in tutto il nord Africa tra islamismo e laicismo. La sperimentazione di ogni di alleanze variabili sembra giunta a termine, rimangono i militari nel ruolo di ago della bilancia.

 Così i militari assurgono nuovamente ad ago della bilancia dei cambiamenti egiziani, per non perdere la loro influenza in una rivoluzione di un ancien regime che può definirsi colpo di stato applaudito dalle folle, ma per l’opposizione, con la sua ritrovata unità, è la Primavera parte seconda.

È stata la politica di Morsi ha trasformare i milioni di astenuti delle ultime elezioni in sostenitori dei militari, ritenendo che siano meglio loro della piovra islamica, come tende a giustificare il fotografo e scrittore Ahmed Mourad, autore del giallo Polvere di diamante (Marsilio).

Continuano le vittime e i feriti degli scontri tra le due fazioni in un Egitto che si affida alla tutela dei militari, usando le maniere forti per non permettere che il paese si rompa irreparabilmente sotto la rabbia islamista.

Nelle prossime settimane i militanti del movimento Tamarod potrebbero scoprire che i cambiamenti in Egitto non saranno ad una svolta, ma seguendo il copione della destituzione di Mubarak, scopriranno di essere stati usati per la seconda volta dalla vecchia nomenclatura per rimanere al potere.

L’esercito invita allo scontro tra opposti schieramenti anti e pro Morsi, per poi intervenire come pacificatori in armi, strumentalizzatori dello scontento per giustificare le maniere forti.

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