Khalida sta soffocando nella sua cella. Dove sono le femministe?
La politica palestinese Khalida Jarrar ha vissuto una vita pressante e dolorosa, sino all’ennesima violazione avvenuta nel 2021 quando il governo israeliano rifiutò la richiesta della donna di poter partecipare al funerale della giovane figlia trentenne Suha Jarrar.
La ragazza venne trovata morta nel suo appartamento in circostanze misteriose, era impegnata dal 2017 con l’organizzazione per i diritti civili e dei prigionieri palestinesi Al-HAQ.
Nonostante i membri del team con cui lavorava avessero inviato insistentemente mail e lettere a tutte le organizzazioni competenti a livello mondiale tra cui la Croce Rossa Internazionale, perché Khalida potesse assistere al funerale della figlia ed accompagnarne così il feretro per una degna sepoltura, la prigione israeliana in cui era detenuta nuovamente quell’anno diede una risposta negativa, violando per l’ennesima volta la sua vita e dando prova di non rispettare i diritti civili dei prigionieri palestinesi.
La parlamentare palestinese Khalida Jarrar esponente del Fronte Popolare per La liberazione della Palestina. attivista per i diritti umani e femminista, membro del Consiglio Legislativo palestinese è stata arrestata nuovamente il 23 dicembre 2023, per la quinta volta nella sua vita e detenuta nella prigione di Damon e scontando un totale di quasi sei anni nelle carceri israeliane.
L’organizzazione Euro Med-Human Rights Monitor ha recentemente inoltrato una lettera urgente al Working Group on Arbitrary Detention e al Relatore speciale delle Nazioni Unite in merito alle violenze inflitte contro tutte le donne detenute nelle carceri soprattutto dopo una richiesta esplicita di aiuto da parte del marito della donna, Ghassan Jarrar.
All’interno della denuncia sono pienamente descritte le spregevoli forme di tortura che Khalida Jarrar subisce dopo il suo trasferimento nel carcere di Neve Terzia, prigione solitamente indicata a detenute criminali ed estremamente pericolose, inoltre è evidenziata la condizione disumana in cui è trattenuta illegalmente.
La cella è pari a 2,5 e 1,5 metri, arredata solo da una panca di cemento ed un water privo di acqua di scarico, nella totale insalubrità.
Ghassan Jarrar pochi giorni fa ha condiviso le parole di sua moglie con il proprio legale, parole che descrivono la lenta agonia della donna e che lascerebbero esterrefatto qualsiasi essere umano:
“Muoio ogni giorno. La cella sembra una piccola scatola ermetica. Questa minuscola stanza è dotata di un bagno e di una piccola finestra sopra, che è stata chiusa il giorno dopo il mio arrivo. Non mi hanno lasciato spazio per respirare. Anche il cosiddetto oblò sulla porta della cella è stato sigillato. Trascorro la maggior parte del tempo seduta accanto a una piccola apertura che mi consente di respirare. Aspetto che passino le ore mentre soffoco nella mia cella nella speranza di trovare molecole di ossigeno per poter sopravvivere.”
Khalida Jarrar forse per la prima volta nella sua vita sente di essere vicina alla morte, una morte lenta e devastante ed aggiunge:
“Le alte temperature rendono il mio isolamento ancora più tragico. In parole povere, mi trovo all’interno di un forno rovente. Il calore mi ha reso impossibile dormire. Non solo mi hanno messa in questa situazione da sola, ma hanno anche chiuso di proposito l'acqua nella cella. [Inizialmente] ci hanno messo almeno quattro ore per portarmi una bottiglia d'acqua. Dopo otto giorni di reclusione, mi è stato permesso di lasciare la cella una volta, per andare nel cortile della prigione. Inoltre, hanno rimandato di proposito la terribile cena di ore.”
La relatrice per i diritti delle donne palestinesi Reem Al-Salem ha pubblicamente chiesto a tutti gli organi competenti di intervenire immediatamente per la tutela della donna e anche delle altre detenute, Khalida infatti è trattenuta senza alcun capo d’accusa da mesi e la sua condizione è considerevolmente peggiorata dopo essere stata trasferita in regime di massima sicurezza da almeno venti giorni.
Il marito ha inoltre denunciato la privazione di cibo a danno di tutte le detenute, problema al quanto grave nei confronti di questa detenuta perché costretta ad assumere cinque tipi di farmaci diversi per coprire tre tipi di patologie di cui è affetta.
La prigioniera Khalida Jarrar sta palesemente soffocando nella sua cella mentre la condizione a causa della sua denutrizione peggiora di giorno in giorno, aggravata dalla quasi totale mancanza di ossigeno a causa dei sigilli apposti sulle uniche prese d’aria presenti nella cella e dalle temperature molto alte che spesso superano i 40 gradi. Possiamo confermare che nessun essere umano soggetto a queste condizioni potrebbe sopravvivere a lungo, eppure né le Nazioni Unite e tanto meno i politici occidentali si sono schierati a supporto della donna chiedendo sino ad oggi né per lei né per nessun altro detenuto palestinese, una commissione d’inchiesta indipendente per verificarne le condizioni e denunciare così attraverso anche la Corte Internazionale di giustizia gli abusi che queste persone ancora oggi sono costrette a subire silenziosamente.
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