Intervista: la piccola Omnia potrà evacuare, il papà Mahmoud è invece destinato a sopravvivere sotto le bombe
Nelle scorse ore l’organizzazione UNFPA per la tutela delle donne in gravidanza anche in zone di conflitto dichiara che circa 4.000 puerpere nel nord di Gaza incontrano serie difficoltà ad accedere alle cure mediche, soprattutto dopo la chiusura dell’ultima unità di terapia intensiva neonatale in quella zona.
Pare infatti siano in aumento le segnalazioni di donne morte durante o dopo il parto nell’enclave, e di altre costrette a partorire senza cure, rischiando così gravi infezioni non curabili a causa dell’assenza di farmaci. Un’altra drammatica notizia conferma a causa di un bombardamento recente all’ospedale Kamal Adwan la distruzione di forniture mediche, consegnate dalle Nazioni Unite proprio 5 giorni fa. Gli ospedali di Gaza sono fuori servizio non solo a causa della distruzione a livello materiale ma anche per i continui rapimenti attuati contro il personale medico e la confisca di attrezzature essenziali.
Mi misi in contatto con Mahmoud dopo che il caso mi venne segnalato da due attiviste Roberta e Francesca alcuni giorni fa, ero restia a segnalare questo caso ed a scrivere l’articolo vista la poca chiarezza di numerose raccolte fondi soprattutto gestite da occidentali, decisi così di visionare le cartelle cliniche della bambina e riuscì a contattare i medici grazie ad alcuni agganci a livello internazionale. Scoprii così grazie al documento originale che Omnia, la mamma e i fratellini sono stati finalmente inseriti in una lista per evacuare, con la concreta possibilità di essere operata, purtroppo la lista è molto lunga e non si sa quando potranno partire e tanto meno in quale stato verranno accompagnate, senza inoltre la presenza del padre che sarà destinato a scappare dalle bombe su Gaza sino a quando questa guerra non finirà, Mahmoud come gli altri padri sulla Striscia di Gaza non è permesso accompagnare i propri familiari all’estero.
Mahmoud è un giovane papà, prima del 7 ottobre il suo sogno più grande si racchiudeva in una bolla di cristallo dove la sua famiglia, sua moglie ed suoi quattro figli erano protetti da un sogno di libertà. Poi tutto si è dissolto all’improvviso dal risuonare di un’ esplosione, dalle grida di terrore che si sollevavano nell’aria come polvere, dalla paura, dal fosforo bianco e nella totale devastazione. Con accanto sempre sua moglie ha lottato per dare alla luce la piccola Omnia, nonostante la fame e la paura, nella speranza di poterla vedere crescere un giorno, cullata nella speranza della Pace e dell’uguaglianza accanto ai suoi quattro fratellini. Alla piccola Omnia di soli quattro mesi è stato diagnosticato un gravissimo problema cardiaco che richiederà un operazione all’estero, mentre scrivo questa intervista Mahmoud mi contatta dicendo che ha appena ricevuto la conferma dai medici di Gaza che la piccola è in lista per poter uscire, la lista però comprende molte persone e non sappiamo quando accadrà, una cosa è certa, Mahmoud resterà a Gaza a rischio della propria vita e perché l’Occidente, quello falsamente democratico non permette ancora oggi alle famiglie di restare unite.
Com’era la tua vita prima della guerra?
Come tutti gli altri giorni mi stavo preparando per andare al lavoro, ero un operaio addetto alla lavorazione del marmo. Sarei tornato poi a casa da mia moglie e dai miei bambini, Il 7 ottobre queste certezze sono crollate all’improvviso, tutto è crollato all’improvviso.
Ti accade mai di avere paura di non poter proteggere la tua famiglia?
Si, soprattutto quando sei costretto a scappare in qualsiasi luogo per non essere ucciso o per rischiare che la tua famiglia venga rapita, in un anno ci siamo spostati più di sei volte. Significa che spesso sei obbligato ad abbandonare anche i beni di prima necessità che finalmente eri riuscito a procurarti, questo accadeva anche quando mia moglie partorì la nostra ultima bimba, Omnia. Durante tutta la gravidanza per mia moglie è stato difficoltoso riuscire a scappare, era stanca, debole e terrorizzata ma Omnia è un dono del cielo.
Come fai ad andare avanti ogni giorno?
Le mie mattine iniziano col cercare acqua potabile e acqua per lavarci, poi c’è la ricerca del cibo che è sempre più complesso, se riesco mi muovo con un carretto altrimenti devo fare chilometri a piedi, col rischio di non potere ritornare da mia moglie e dai miei bambini, ma ciò che mi da coraggio è sapere che dipendono da me e che io sono vitale per loro. Ho paura di perdere un membro della mia famiglia, ho paura di non essere in grado di proteggerli. Mentre tu ed io stiamo parlando un missile è caduto molto vicino a noi, uccidendo bambini, donne e due giovani. Ho paura che questa guerra continui e sono bloccato in questo tempo tra la distruzione e la morte senza una via di uscita.
Come state sopravvivendo Mahmoud tu e la tua famiglia in questi mesi?
Ti dirò cosa mangiamo. Quasi tutti i giorni mangiamo cibo in scatola e legumi perché sono disponibili sul mercato nero, sono i più economici in termini di costo della vita quotidiana a Gaza, ci costa dai 50 ai 100 shekel al giorno (cibo + bevande + latte per mia figlia + pannolini). Il prezzo è alto a causa della chiusura delle frontiere, dell’esaurimento delle scorte, dell’assedio, del cibo attraverso quel poco che arriva dalle donazioni o dai punti di distribuzione alimentare nei campi, ogni giorno mi domando come sia possibile che io sia ancora vivo, resta un segreto, solo Dio lo sa. Non esiste un posto sicuro qui. Stiamo sopravvivendo in condizioni difficili, viviamo in una tenda di stoffa che non ci protegge dal freddo e dalla pioggia. C’è ancora molto nel mio cuore lo so, ma non riesco a descriverlo, so che oramai non mi importa di me stesso. Tutto ciò che desidero è riuscire a portare i miei figli fuori da questo posto, lontano da questa guerra. Vivo nell’ansia e nella paura per loro, affinché non gli accada qualcosa di brutto.
Come fai a trovare ancora oggi forza e speranza?
Cosa posso dirti? Sono Mahmoud uomo e padre di 4 figli, inclusa mia figlia Omnia, che ha un problema cardiaco. Non smetto mai di pensare a come provvedere a loro, alla loro protezione, al cibo e…alla loro serenità. Sono cosciente che i miei figli non potranno dimenticare la morte, i bombardamenti, la distruzione e i massacri che hanno subito. Siamo sopravvissuti è vero ma i nostri cuori sono morti. Trovo la forza e la speranza nella pazienza e nella perseveranza, soprattutto nella purezza dello sguardo dei miei bambini e nel profondo amore che nutro ogni singolo giorno per mia moglie.
Quando avete scoperto la malattia di vostra figlia?
Ho scoperto la malattia di mia figlia una settimana dopo la sua nascita, abbiamo avuto paura che non ce la facesse ma è ancora qui. Non so come sia possibile ma quel piccolo cuore malato che non cede ci dà il potere di sentire che uniti possiamo farcela.
Tua moglie ha partorito durante la guerra, vuoi raccontarmi cosa è successo quel giorno?
Mia moglie ha partorito con taglio cesareo quindi ho coordinato e fissato la data del parto, ci trovavamo a Rafah all’epoca. Siamo stati costretti ad abbandonare quella zona, si scatenò l’inferno e fu devastante, la piccola Omnia è stata al sicuro tra le nostre braccia mentre nuovamente fummo costretti a scappare sotto le bombe. Riuscimmo ad arrivare a Khan Younis, eravamo stremati ma accadde prima che l’esercito invadesse la zona di Rafah. Mi diressi a piedi verso l’ospedale a causa della mancanza di mezzi di trasporto, mia moglie partorì a Khan Yunis, le stetti accanto dal primo istante e non l’avrei mai lasciata sola in quel momento così importante, aveva bisogno di me, nascondevo il mio dolore mentre ero con mia moglie in ospedale e sapevamo che anche lì non vi sarebbe stata sicurezza per nessuno.
La malnutrizione ha un impatto grave sulle madri incinte e che allattano a Gaza. Tra le donne, il 55% segnala problemi di salute che ostacolano l’allattamento e il 99% fa fatica a procurarsi abbastanza latte, compromettendo la sopravvivenza del neonato.
Come riesci ad ottenere le medicine per la tua bambina?
I farmaci per la mia bambina li recupero nella farmacia e talvolta negli ospedali, purtroppo sono raramente disponibili. L’ospedale che ne dispone in questi giorni non è assediato dai militari, lo è stato fino a qualche giorno fa, ma le strade sono bombardate e controllate dai carri armati ed ogni volta ho paura di non riuscire a tornare indietro per riabbracciare la mia famiglia. Per Israele non fa differenza che a morire sia un uomo, un bambino o una persona anziana.
Come hai fatto a portare tua moglie al sicuro dopo il taglio cesareo?
L’ho portata a casa, scusa nella nostra tenda, una tenda di stoffa in mezzo ad una strada, ero terrorizzato perché i miei bambini erano con amici fidati e io non potevo vegliare su di loro, credimi Antonietta è stato devastante psicologicamente. Abbiamo per fortuna trovato un taxi per tornare da loro, mi sono stati chiesti tantissimi soldi ed anche lì è stato frustrante.
La piccola Omnia è fisicamente fragile, come farete ora che sta per arrivare l’inverno?
Più che altro lei è molto magra, la nostra è una tenda che non ci proteggerà dal freddo e non reggerà le piogge, prego Dio che venga evacuata il prima possibile, servono coperte per scaldarci, tante coperte. Quando mia moglie viaggerà abbiamo bisogno di soldi, non avrà nessuno a cui appoggiarsi.
Hai ancora speranze e se sì, quali?
La mia speranza è di poter mandare lontano da qui i miei figli, lontano da questa guerra e che mia figlia Omnia si riprenda e possa vivere una vita lunga e serena. La mia speranza è di tornare a casa mia o a quel che è rimasto tra le macerie di ciò che avevamo costruito con tanta fatica, vivo nell’ansia, nella paura, senza mai dormire e con la continua paura di morire.
Le testimonianze dei medici che arrivano dall’enclave ci raccontano di esperienze devastanti, donne obbligate a subire un cesareo senza anestesia ed obbligate ad abbandonare gli ospedali con il neonato in braccio affrontando i colpi dei cecchini e le bombe israeliane, molte donne a causa della debilitazione fisica sono impossibilitate ad allattare i propri bambini e molti bambini a causa della salute cagionevole delle madri nascono sotto peso o spesso nascono morti.
La piccola Omnia ha lottato ed ha resistito, oggi ha quattro mesi nonostante un’ importante problema cardiaco la indebolisca ogni giorno e la condizione di pericolo in cui è costretta a vivere con mamma, papà e gli altri tre fratellini è assolutamente disastrosa ed inconcepibile per una società che dovrebbe definirsi civile.
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