India, nasce il partito contadino
Se sarà un partito di classe o una formazione politica di categoria, con ricadute corporative, lo si vedrà. Per ora c’è l’ufficializzazione del Samyukta Samaj Morcha gruppo che riunisce 22 associazioni sindacali degli agricoltori pronto a presentarsi alle elezioni indiane.
Almeno così sostiene la guida, Balbir Singh Rajewal, uno dei leader indiscussi della lunga marcia partita dai campi nell’estate 2020 e giunta ad assediare anche la cittadella storica di Delhi, oltre ai palazzi del potere. Alla fine ce l’hanno fatta: lo scorso novembre Narendra Modi ha ceduto e rapidissimamente i due rami del Parlamento indiano (Rajya Sabha e Lok Sabha) hanno votato l’abolizione delle sue leggi senza neppure discutere, avallando la retromarcia del premier che sul tema ha ingoiato un amarissimo rospo. Risultando impopolare fra il ceto agricolo dei suoi stessi elettori hindu di alcuni importanti Stati: Punjab e Uttar Pradesh. Così milioni di contadini e loro familiari, che con la pandemia da Covid e la crisi economica delle micro e medie imprese hanno visto riversarsi nelle province rurali decine di milioni di ex lavoratori urbani, si sono difesi dal rischio d’essere fagocitati dalle multinazionali delle monocolture.
Negli oltre diciotto mesi di lotta, in genere non violenta ma fermissima, gli agricoltori hanno pianto oltre 700 vittime, e ora avanzano richieste di risarcimento economico al governo centrale. Potrebbero spuntarla anche su questo, poiché la scelta di organizzarsi politicamente costituisce un serio problema al sistema di potere messo su dal Bharatiya Janata Party, sistema incentrato sull’esaltazione del nazionalismo confessionale, mirante a polarizzare la nazione su questioni religiose. In tornate elettorali locali svoltesi nel 2021, partiti minori hanno eroso consensi al Bjp che rischia di non calamitare un voto di appartenenza cercato sullo stereotipo della nazione hindu. Una parte del movimento contadino è contraria alla discesa politica, sosteniene che praticarla rappresenta un tradimento all’impegno di lotta, la politica non può che avvelenare l’unità dei lavoratori. Uno dei leader di quest’avviso - Ravi Azad - definisce il passo del collega Rajewal una caduta in disgrazia. E rincara la dose ricordando come sin dall’inizio la protesta rurale si ponesse “l’obiettivo di combattere il neoliberismo che impoverisce l’India, mentre la scelta di formare un partito è personale, verticistica, non discussa dalla base”. Egualmente altre figure di spicco del movimento parlano delle insidie del partitismo, una minaccia al fronte contadino che deve difendere quanto raggiunto finora e rilanciare, perché è in ballo il sistema di produzione nelle campagne.
Un altro leader, Ashish Mital, non trova innaturale guardare al mondo politico perché è questo a decidere le sorti dell’economia del Paese, del resto già in altre fasi le stesse organizzazioni sindacali si sono dovute schierare oppure scontrare con le posizioni dei partiti. Inoltre il recente sviluppo della protesta ha visto una distinzione di tattiche, fra coloro che puntavano a sit-in stanziali e chi ha indicato la più pericolosa strada dell’assedio alla capitale, risultata vincente. Scelte nate dall’evoluzione delle situazioni, facendo così intendere che potrebbe esser giunto il momento del passaggio al ruolo politico. Però c’è un avvertimento: aderire al movimento sindacale è una sorta di linea rossa che impedisce di avvicinarsi, individualmente o come gruppo politico, a quelle forze che l’hanno contrastato: Bharatiya Janata Party, Congress Party, Aam Aadmi Party. Insomma il recente successo degli agricoltori rappresenta un patrimonio significativo che qualsiasi scelta politica non può ignorare. Proprio l’ambiente rurale ha lanciato un segnale contro la passività, pur accusati di passatismo i piccoli contadini indiani stanno indicando una via contro la massificazione produttiva e l’inquinamento del capitalismo agrario. Elementi che nessun partito, anche d’opposizione, sembra aver colto, sostengono i capi della rete sindacale Samyukta Kisan Morcha che, giurano, continuerà a vivere al di là delle scelte partitiche di ciascuno.
Enrico Campofreda
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