• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cultura > (In)ter(per)culturando: analisi-confronto da ’Il libro nero del mondo’ e (...)

(In)ter(per)culturando: analisi-confronto da ’Il libro nero del mondo’ e G.Dadati- II parte

Parole chiave, accennavo nella prima parte QUI, ripetizioni pressanti che acquistano peso e sensi procedendo negli sviluppi.
Male
e corpo (corpi) più di tutti.
Male
che ossessivamente torna, si insinua, entra nella lingua quanto tra inquadrature.
Poi corpi, materia pulsante, viva nel suo essere tangibile, carne anche animalesca.
Perché questo male, che nel romanzo emerge gradualmente, ha anche sfumature erotiche, dove la carne si cerca, anela piacere e mescola percezioni. C’è un preciso erotismo, tra alcune piaghe della storia, che non mira ai riflettori, ‘è’ in quanto sfumatura, venatura dello stesso frutto acido-amarognolo che ha spigoli teneri, succosi, eccitanti in modo animalesco. Ma la differenza probabilmente sta proprio nella scrittura, nel modo scelto da Dadati per raccontare, un modo che leggendo ho pensato femminile, nelle delicate eppur puntuali, forti spennellate che ricreano atmosfere senza scadere nel crudo fine e se stesso (e in questo approccio, mi sembra ci sia una vicinanza rilevante, importante per le comprensioni, con altri autori italiani contemporanei come Marco Mancassola di cui tratterò qui prossimamente ‘La vita erotica dei superuomini’).
 
Il corpo della ragazza è proiettato in avanti, tiene le braccia allacciate dietro la nuca di Gabriele e si alza quasi in punta di piedi. La sua bellezza cresce momento dopo momento mentre si baciano, la pelle si illumina e i lineamenti sono definitivamente lisci. Hanno entrambi gli occhi chiusi e le sensazioni liquide aprono i loro corpi a partire dalla bocca. La luce entra. Il bacio che si danno discende all’interno, convoca ogni organo: che partecipa. Una marea di sangue monta fino alle tempie, i genitali sono irrorati, la meccanica dei tessuti obbedisce a un desiderio condiviso. La luce artificiale mostra lembi di pelle sempre nuovi mano a mano che vengono scoperti. Si confondono il dentro e il fuori di ognuno dei due corpi. 
Il collo della ragazza si allarga fino a comprendere le spalle e si allunga fino a scoprire il seno. Gabriele lo bacia e poi lo morde.
(pag.46-47)
 
Da notare, nel breve stralcio sopra, l’uso della parola ‘corpo/i’. E le ripetizioni, qui appena accennate, in altri passi decisive. I termini che ritornano, in questo romanzo sono precise voci, sottolineano con modalità più o meno insistenti, parole che sono sensi, sotto-livelli, incastri. E’una scelta rischiosa, che però nel linguaggio scelto da Dadati calza, sta. Ripetere, insistere, per dare forma a un ritmo, una cadenza oltre lo stile, le strutture, per svelare una sostanza.
Altre key abbastanza evidenti: morte, libro, uomo, sogno, fantasma, sangue.
 
Che l’ultima parte, ‘Paradiso’ sia diversa dalle precedenti, l’ho già chiarito. Ma c’è un altro fattore, parallelo al narrare, che contribuisce in modo prepotente alla diversità. L’inserimento di immagini che sono fotografie bambine, scatti rubati alla (de)crescita e inseriti tra parole che si assottigliano, si tendono fino alla trasparenza, restituiscono livelli. L’effetto è quanto meno di amplificazione, destabilizzazione di ciò che il lettore può aver assorbito o tentato di capire in precedenza. Il connubio tra storie scritte e fotografie (o comunque immagini) non è novità eppure nella narrativa contemporanea tende alla svalutazione, diventa quasi eccesso inutile, stravaganza che svilisce le parole o il contrario, scatti mortificati da un contesto dove l’immaginazione domina e ruba attenzione e scena. Eppure, in questo come in altri libri (mi viene in mente ancora Marco Mancassola ne ‘Il ventisettesimo anno’, Minimum Fax) il valore aggiunto, ciò che trasmette l’unione, mi pare sorprendente. Sono miscelazioni certo, che attendono interpretazioni. Eppure leggendo e osservando, osservando e leggendo è come se ‘Paradiso’ si elevasse suo malgrado. E’ come se si respirasse un’aria diversa, sin dalla prima riga che non svela nulla, non porta certezze. Sono altre, le certezze che il lettore acquisisce via, via.
 
Mi confronto allora, con l’autore:
Nel grande e variegato mercato editoriale, raramente sono state ‘perdonate’ le miscelazioni. La narrativa dev’essere parole e periodare.Per le immagini e altre forme più o meno creative, ci sono pubblicazioni specializzate. Puoi spiegarmi le ragioni che hanno portato alcune foto, precise e mirate secondo me, a ‘contaminare’ l’ultima parte del romanzo, Paradiso?
 
“Le sei fotografie che sono state inserite nell’ultima parte ritraggono un bambino – lo stesso bambino – che ha dapprima quattro anni e mezzo, poi quattro, poi tre e così via fino ad avere, nell’ultimo scatto, pochi mesi. Questo perché volevo suggerire, senza usare le parole, che l’ultima parte è anche una regressione all’infanzia: per questo il bambino “decresce” invece che crescere. L’ultima fotografia di questo bimbo, che potenzialmente è ognuno di noi, cade nella terzultima pagina, dove si racconta di una messa di Natale in cui viene esposto il bambin Gesù (una statua in legno del bambin Gesù) perché i fedeli possano adorarlo. Il messaggio è allora che c’è la speranza del ritorno all’innocenza, che questo ritorno non è precluso. 
Non so se questa miscelazione sia imperdonabile. Forse però non è del tutto accessibile il messaggio che porta con sé, e questo potrebbe anche essere un problema.”
 
Ho un’ultima curiosità-confronto, in parte già accennata in precedenza:
 
Il corpo, i corpi e le loro porzioni, sono secondo me personaggio-sottolivello, in questo romanzo. Son un ‘attraverso’ ma anche un ‘essere’. Me ne vuoi parlare? Quanto sono importanti e cosa tentano di ‘lasciare’, trasmettere, tra le maglie di una storia che spinge, preme sulle emozioni?

“Se devo dire in cosa credo, be’, io credo in molte cose. Ma se devo dire di cosa ho certezza, la cosa è una sola ed è proprio il corpo, con le sue parti e i suoi gesti. I corpi stanno nel mondo e sono veri: tutto il resto (l’anima come l’intelletto come i pensieri come i sentimenti e così via) noi non lo vediamo e non abbiamo certezza che stia nel mondo. Tra gli ultimi paragrafi de Il libro nero del mondo c’è anche questo: “Se scavassimo con le mani per cinque secoli di seguito troveremmo la più grande grotta di cristalli che si possa immaginare. Ma il corrispondente punto della crosta terrestre dove è iniziato lo scavo alla fine sarebbe devastato. Solo in quel momento capiremmo che lì stava il senso. Nell’inesauribile superficie delle cose”. In questo paragrafo sto parlando anche del corpo: il corpo va valorizzato nella sua bellezza, nella sua sensualità, nella sua forza, perché noi siamo il nostro corpo. È un errore accordare un privilegio assoluto all’interiorità trascurando e mortificando il corpo. Dice un sintagma di Ferdinando Cogni: “siamo anima e corpo in una volta sola”. Credo avesse ragione.”
 
 
Ringrazio Gabriele Dadati.
 
 
Segnalo alcuni spunti, riflessioni e opinioni, QUI partendo da considerazioni di Giulio Mozzi che si legano anche a ‘Il libro nero del mondo’ e altri romanzi recenti di cui mi sono occupata.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares