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(In)ter(per)culturando: Scendo. Buon proseguimento di C.Vighy [annotazioni libere] - ultima parte

La morte della Vighy di fatto agli occhi dei più ne definisce ‘una fine’. Della sua storia, della sua vita, del suo scrivere.
(la prima parte delle presenti annotazioni QUI e tra le fonti - n.d.r.)
 
Ma non è una fine.
È ‘La’ fine di cui in molti hanno bisogno.
Per poter pronunciare la parola ‘malattia’ e la contro-parola ‘morte’. Per poterlo fare il tempo necessario a qualche battuta, tra un articolo di giornale o un commento rubato al lavoro, al tempo delle routine.
E finalmente, adempiuto al ‘dovere sociale’ dimenticare, andare avanti, oltre.
Perché ora Cesarina Vighy non soffre più, sta meglio.
Li sento i bisbigli, i volti che annuiscono seri e sollevati. Dunque. Se di una fine si tratta, è anche più facile, normale, proseguire con la vita di sempre, la vita che ognuno ancora ha, eccetto lei.
 
Ma questa non è una fine.
Non quella che già si può leggere in alcune medialità, tra spazi web, e carta stampata. Non quella che si può trovare tra corpi e mercati, editoriali e non.
Cesarina Vighy rideva degli happy end (“ingiungendomi però di scrivere una mail nuova di zecca sia per rendere l’end più happy”- dallo stralcio citato nella prima parte - n.d.r).
E dei libri [“uscirà il mio libro e sarà bello (se Elido non me l’avrà evirato troppo)”] delle stime editoriali, persino delle Speranze se afferrate con troppa forza, trattenute come talismani invincibili.
La Speranza va presa con delicatezza, scrive la Vighy, o si rischia di perderla, di ritrovarsi tra le dita appena alcune briciole. La Speranza non è necessariamente quella di vivere, quella ‘della vita’ alla quale, comunque, la Vighy non aspira, non cede a quel ‘happy’ dolcissimo da rischiare il soffocamento.
 
Cesarina Vighy merita un rispetto che non credo, non sento ora possibile in quest’Italia stanca, affamata, bramosa di potere, piaceri, vittorie. Bramosa di ricacciare da dov’è venuta la miseria che invece insiste ad attanagliare molte, troppe, persone, famiglie, individui che ogni giorni lottano contro economie fragili, inesistenti, contro desideri e impossibilità, idee, talenti e cadute. Un’Italia che propone pozioni magiche, che cede agli stordimenti mediatici, che si è lasciata corrompere e annullare dai blablabla che promettono non potendo mantenere, che bloccano pensieri e ragionamenti tra le mura bucate e marce delle filosofie, delle scienze spicciole, perfino delle medicine che non desiderano curare ma arricchire.
 
Forse non è ancora tempo per discutere della scrittura della Vighy con l’onestà e la lucidità che impediscono i risucchi delle strumentalizzazioni. Forse non è tempo di entrare tra periodare, intensità, pensieri e resoconti. Forse, per quest’Italia non è il momento di staccarsi dal biografismo fine a sé stesso, forse non ne sarebbe nemmeno in grado. Io non lo so.
 
Ma credo ancora nel potere delle parole, delle voci, dei narrare.
In loro soltanto.
 
Scendo. Buon proseguimento chiede una lettura senza fretta o forzature. Lo si può aprire non necessariamente dalla prima pagina. Ascoltarne l’umore di alcune frasi, il semplice fluire di corpi, ragionamenti, ricordi, critiche, e ogni altra inquadratura.
E’ un libro da leggere non perché l’autrice è morta.
Non perché era malata, non solo almeno.
Non perché scrive della propria malattia.
Andrebbe saggiato per sé stessi, il lettore dovrebbe farlo solo per sé.
Anche se sta bene, o si sente. Bene.
Magari ha vite piene, ricche o faticose.
E non ne vuole sentir parlare, di morte, non ne può più di ricordare. Che ogni corpo è destinato a smettere di funzionare, cuore compreso.
 
Questo libro andrebbe letto senza pensare a lei, a Cesarina Vighy, a se sta meglio o peggio, a se voleva davvero arrivare a luglio oppure qualche giorno fa prima di andarsene, ha sospirato di sollievo. Andrebbe letto, senza farsi penetrare da analisi, commenti o dichiarazioni altrui in proposito.
 
Leggetelo e pensatene ciò che volete, io credo che l’autrice, in fondo, abbia scritto anche per questo.
Che vi piaccia o meno, che vi resti qualcosa, fastidio e pena comprese, smettete di considerarlo un oggetto del mercato. Se lo è stato, negli intenti di qualcuno, se ancora lo è, oggetto del mercato, e magari sempre lo sarà: aprendolo, ci troverete parole.
Da lì, da quelle parole, si può ancora molto.
 
 
Da: Titty
A: Valeria
Data: 6 novembre 2007 18:04
 
Oggetto: Terreni ed Extraterreni
 
Cara Valeria,
sei stata molto molto carina a scrivermi.
Aspetto con l’acquolina in bocca la passeggiata nel cimitero dei divi, a Hollywood. Da qualche parte ne ho la piantina (o di uno simile) con le indicazioni dei fiorai e la raccomandazione di comportarsi correttamente: tu e occhioazzurro Muccino vi siete comportati correttamente?
Un piccolo favore. Credo di avere tutte le puntate di Extraterreni (compresa quella veneziana in cui compaio anch’io) tranne quella su Napoli, cui è successo qualcosa nella programmazione. Come collezionista, è un dolore.
Verrà ridata? Potresti procurarmela?
Per tua curiosità, intanto, ti svelerò che la malattia, che ti toglie quasi tutto, ti regala anche qualche cosa: per esempio una maggiore comprensione dell’altro, empatia e pietas, regali che però chiunque restituirebbe volentieri in cambio della salute magari un po’ stolida di prima.
Mi spiace ma non potremo sentirci. Non rispondo nemmeno più al telefono e non frequento nessuno, tanto sono manchevoli la voce e il passo.
 
 
Da: Titty
A: Valeria
Data: 25 gennaio 2008 15:07
 
Oggetto: La rosa blu
 
Cara Valeria,
ho un po’ rilfettuto sui tuoi messaggi.
Del primo, la cosa che mi ha più colpita - e un po’ scandalizzata - è il funzionario RAI con macchina e autista che aspetta sotto casa. Le altre sono cose di quel mondo, duro, sgarbato, sospettoso, che tu conosci meglio di me [...] Io mi sono fatta indietro al primo tentativo quando [...] mi sono vista defraudata dalle mie idee e, ritirandomi nel guscio, ho perso l’amica e le ulteriori occasioni. Colpa mia: non sapevo allora che saper scrivere, immaginare ecc. conta molto meno dei contatti giusti. [...]
L’idea de La Rosa blu [...] continua a parermi molto buona. [...] Credo necessario parlare di queste grandi malattie, questi spettri, ma è molto difficile trovare il tono giusto. [...]
La morte è più "letteraria" e anche, se vuoi, più "divertente", < tanto riguarda sempre gli altri> (come diceva una delle mie famose lapidi); la malattia riguarda noi, alcuni scelti a caso, e ci fa più male e più paura.
 
 
 
[Scendo. Buon proseguimento di C.Vighy, Fazi]
 
 
 
Fonti
 
Scendo. Buon proseguimento - prima parte su AgoraVox.
Scheda de ‘L’ultima estate’ dal sito dell’editore.
Scheda di ‘Scendo. Buon proseguimento’ dal sito dell’editore.
L’anticipazione all’uscita, su AgoraVox.
 

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