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(In)ter(per)culturando: ’Dalla vita in poi’

Uscito nell'ottobre 2010 nelle sale italiane, a guardare 'Dalla vita in poi' si ha l'impressione densa che a tratti sfugga qualcosa.

Soggetto, sceneggiatura e regia di Gianfrancesco Lazotti, completamente calato dunque delle tre principali macro tematiche che si rincorrono nella storia ovvero la disabilità di una giovane che non le lascia speranze, il carcere per un uomo che dovrà scontare almeno trent'anni prima di riavere la libertà e l'amore come condizione 'generale' con particolari dettagli rispetto alle visioni femminili distorte, quasi disperate e destinate al fallimento.

Per dare una mano all'amica verace Rosalba (Nicoletta Romanoff), la disabile Katia (Cristiana Capotondi) scrive - fingendosi l'amica - una lettera al giorno all'uomo di cui dice di essere innamorata, Danilo (Filippo Nigro) che si trova in carcere e dovrà scontare ancora molti anni.

Quando però Rosalba lascia Danilo, per Katia inizia un nuovo capitolo della sua vita. La giovane donna va a conoscerlo in carcere, rendendosi conto che le parole d'amore che gli ha scritto per mesi non gli sono indifferenti. Katia non è una a cui si può dire di 'no' e pian piano, tra ostacoli burocratici, barriere architettoniche e le lecite perplessità di Danilo, i due finiscono addirituttura per sposarsi.

Il finale del film in un qualche modo tradisce e conferma. Tradisce l'aspettativa che ci possa essere una qualche possibilità di ridere e stare assieme oltre i cliché e le sconnessioni nelle vite dei due. Ma conferma l'impressione che aleggia dall'inizio ovvero che l'amore è più spesso un 'concetto' inquadrato da lontano, forse definito per il singolo personaggio ma che trova pochi riscontri pratici e concreti in ciò che dicono, fanno e pensano tutti i personaggi.

Danilo fugge ma per poco, e lo fa per non perdere Katia - o almeno è la spiegazione di Danilo.

Katia capisce al volo la situazione e contribuisce alla fuga (aiutata dalla 'fedele' amica Rosalba), ritrovandosi poi nuovamente sola con un marito in carcere che le scrive il fatidico 'ti amo' tanto richiesto per tutto il fim sul vetro di uno specchio e la scritta ricompare se lei ci alita sopra.

Rosalba rincorre amori prefabbricati che dovrebbero - in qualche modo - soddisfare bisogni specifici di certezza, stabilità o addirittura fama: il carcerato poi un calciatore fino a fingere - molto bene - interesse per la guardia (Pino Insegno) che seduce dal balcone mostrando le gambe nude e stendendo i panni senza mutande per contribuire alla fuga di Danilo.

L'amore non manca, anzi, lo si nomina e gli si fa l'occhiolino in continuazione. Però è un tipo di amore che lascia sempre un amaro tra il palato, fa starnutire, stona e lascia perplessi non per il racconto di vite poco convenzionali o l'assenza di abitudini, e dinamiche delle routinne sociali riconosciute, bensì per gli affondi, le logiche che emergono e sfuggono comunque, anche a film concluso.

Ci sono tentativi ironici, tra le battute e gli approcci, sia rispetto alla disabilità di Katia quanto per le sconnessioni, le incongruenze e le sottili aridità di vite che danno nomi alle cose per necessità primaria, ma oltre un certo strato non vanno.

In Danilo probabilmente c'è l'intenzione di mostrare un uomo che ha sbagliato, coi suoi difetti conclamati ma che - alla resa dei conti - decide di restare, di aspettare e pagare pur di non perdere del tutto il contatto con la donna che ha avuto il coraggio di restagli accanto nonostante tutto. Non sempre però il personaggio riesce a convincere, troppo buono sul finale così come sembra essere troppo 'negativo' e cattivo all'inizio, risente dell'assenza di alcune sfumature.

Katia, per contro, non si piange addosso e vive la vita degli altri riflessa nella sua, scrive decine e decine di lettere al posto dell'amica, sa come mettere in difficoltà le persone usando proprio la sua condizione di salute per difendersi dalle differenze e le barriere. Eppure s'aggrapa all'idea di un amore che poi nella realtà si sfilaccia, resta a galleggiare tra ostacoli, differenze caratteriali, assenza totale di orizzonti futuri nonché tenerezze che appaiono rubate e forzate in un mondo dove la realtà è o il carcere o la distrofia muscolare.

Non so se l'assenza di confronti sostanziali sia stata per il regista - anche sceneggiatore e autore del soggetto - motivo di 'fossilizzazione' su punti di vista e modalità narrative che col tempo, tra visioni e stesure finali, hanno preso a diventare statiche, dunque meno aperte a possibilità, tonalità e approfondimenti. La struttura è coerente, indubbiamente Lazotti ha mantenuto i leitmotiv a cui voleva dare un'interpretazione. Forse il confronto con altri ruoli professionali avrebbe aiutato le virate e gli spessori.

Personalmente l'immagionario del 'Cyrano al femminile' particolarmene osannato dalla critica, non mi ha colpito allo stesso modo, l'impressione che ho avuto - dall'inizio - è che fosse un chiaro espediente per portare la trama da un'altra parte, ovvero ad allontanare Rosalba da Danilo, come poi si è verificato. Katia scrive - sì - a un uomo che non conosce e per conto di un'altra donna, scrive dunque d'amore ed è proprio in quell'amore - fatto di parole costruite, impastate e messe in fila per un non corpo, per un non carattere, per un non contatto - che poi decide di perdersi rincorrendo una sorta di 'oggetto del desiderio' in questo caso in primis affettivo ed emotivo, pur non trascurando nemmeno il lato fisico nonostante la disabilità che le impedisce l'uso delle gambe.

C'è tanta solitudine, probabilmente non potrebbe essere diversamente, sebbene resta un urticante senso di sconfitta complessiva, per ogni personaggio le cadute son inevitabili quanto devastanti, li lascia abbandonati a una realtà di silenzi, solitudini e fatiche perfino per Katia che prova scarpe con Rosalba eppure nei visi e nei compratamente allegri sul finale (a richiamare scene identiche inserite verso l'inizio del film), io ci ho scorto punte di forzatura, una necessità di leggerezza non del tutto sensata per il contesto o meglio: una sorta di alternativa all'happy end 'ufficiale' che tenta conciliazioni impossibili tra una storia per nulla conclusasi 'lieta' e la necessità tutta italiana di proporre narrazioni che coccolino lo spettatore in ogni caso.

Link

Il film su wikipedia.
E su mymovies.

Nelle immagini: scene tratte dal film

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