Il sole che ride e che costa poco
La politica italiana sta alla tecnologia come Arrigo Boito sta a Jeffery Deaver. Tanta è la noia e la stomachevolezza delle moine che provengono dal palazzo, quanto sono entusiasmanti le notizie di nuove invenzioni che ogni giorno i media ci forniscono, soprattutto nel campo energetico.
Pare scontato che nel giro di relativamente pochi anni ci affrancheremo dalla dipendenza del petrolio per produrre energia, con tutto quello che ne consegue: abbattimento radicale dell’inquinamento atmosferico e marino (BP e Cina docent), venir meno di tante guerre per il controllo dei pozzi mediorientali, riscatto dalla povertà millenaria dei paesi africani, di sicuro nuove abitudini di vita.
Siamo ancora agli albori della green economy, e dobbiamo aspettarci invenzioni sempre più sensazionali nel campo dell’energia pulita. Già c’è il consorzio, di cui l’Italia fa parte, per lo sfruttamento del deserto africano con una mega centrale fotovoltaica - con relative coltivazioni agricole nelle sottostanti zone d’ombra - dopo che è stato messo a punto con successo un sistema di trasporto dell’energia su lunghe distanze senza apprezzabili perdite per strada. In Sicilia, grazie all’intuizione di Carlo Rubbia, è entrata in funzione Archimede, la prima centrale a specchi che permette di produrre energia anche quando manca il sole, grazie ad un nuovo olio per l’accumulazione del calore.
Nel nostro Paese la produzione di energia pulita ha già raggiunto il fabbisogno del consumo domestico, e siamo solo agli inizi. C’è chi impianta centrali fotovoltaiche nelle ex discariche, come l’Emilia Romagna, e le stesse aziende (forse sulla scia del nuovo verbo di Obama) hanno capito l’importanza economica delle fonti rinnovabili: così a Marghera è già entrata in funzione la prima centrale ad idrogeno.
E’ un susseguirsi di grandi e piccole invenzioni, dalla discoteca che sfrutta il movimento prodotto in pista, ai privati che possono installare piccole turbine nelle canne fumarie (sfruttando le emissioni o il semplice passaggio continuo di aria) o negli scarichi di acqua sporca, come il recentissimo HyDro-Power. E’ proprio il caso di dire con De André che dal letame nascono i fiori.
Ed il nucleare? Beh, pare proprio che sia destinato ad andare in soffitta, almeno nei paesi teconologicamente più avanzati, non in Italia (che non rientra in questo novero) dove Berlusconi è fermo ad una trentina di anni fa.
Nuovi studi, economici stavolta, svolti da John Blackburn, docente di economia alla Duke University, hanno dimostrato che il costo di produzione del fotovoltaico è oggi inferiore a quello del nucleare, destinato quest’ultimo a crescere ulteriormente nei prossimi anni, tanto che lo stesso Google ha sottoscritto un contratto per l’uso di energia pulita dell’Iowa che prevede la fornitura a prezzo fisso per i prossimi vent’anni.
Questo impone una seria riflessione tra le forze politiche nostrane non sull’opportunità o meno di mettere Umberto Veronesi a capo dell’agenzia per il nucleare, ma sulla convenienza economica - tralasciando tutti gli altri aspetti - di imboccare la strada atomica. Se il popolo italiano si è già espresso in maniera univoca in tal senso, ributtarci oggi su questa scelta è non solo antistorico, ma soprattutto antieconomico.
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