Esiste ancora l’articolo 67?
Troppo timidamente, per l’importanza che ha, si sta sviluppando nel Paese un dibattito sull’art. 67 della nostra Costituzione che recita: "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". Sedici parole di fondamentale importanza per la nostra democrazia. Ma perché i nostri Padri Fondatori hanno introdotto questo articolo nella carta fondamentale?
La risposta non è proprio semplice: il diritto-dovere del cittadino è eleggere i propri rappresentanti; costoro però, nel momento in cui sono eletti, rappresentano tutta la collettività nazionale e non solo i cittadini del proprio collegio. Ne consegue che il loro mandato è svincolato da tutto e da tutti, compresi i partiti nelle cui liste sono stati eletti, le coalizioni di cui eventualmente questi partiti fanno parte, i governi che eventualmente sostengono ed ancor più sono svincolati - secondo la Costituzione - da eventuali leader sotto il cui nome-simbolo sono stati eletti.
Sbaglia grossolanamente (e falsifica la realtà costituzionale) chi, per esempio, di questi tempi va predicando che i finiani tradiscono il mandato popolare se si sganciano dalla maggioranza. Il mandato popolare prevede la rappresentanza di tutta la Nazione ed ogni azione in Parlamento è legittima, come lo fu quella della Lega nel famoso ribaltone del primo governo Berlusconi.
In termini banali i costituenti hanno previsto che io scelgo i miei rappresentanti, ma poi essi fanno quello che vogliono, facendo e disfacendo partiti ed alleanze com’erano in partenza. Sennò bisognava andare alle urne ogni volta che - come nei tempi recenti - un partito si è sciolto o si è trasformato o ha cambiato nome, PdL per primo.
La centralità del sistema parlamentare è ribadita dal fatto che un governo, per iniziare e continuare il suo lavoro, deve ottenere la fiducia delle Camere; nel momento in cui questa cessa, il Presidente della Repubblica ne prende atto e dà un nuovo incarico per verificare se il Parlamento può fiduciare un altro esecutivo. Solo quando non c’è alcuna possibilità si va alle urne, proprio perché ogni parlamentare rappresenta la Nazione, e non un raggruppamento politico.
In altri paesi il sistema parlamentare prevede addirittura la sfiducia costruttiva per cui, di fronte ad un voto di sfiducia, le parti si capovolgono, e l’ex minoranza ha il diritto di formare il nuovo governo, mandando all’opposizione l’ex maggioranza. Da noi non c’è, ma nulla toglie - nella pratica - che si possa ottenere un risultato simile, per nulla "tradendo" il mandato popolare che prevede, comunque, una delega a legiferare e governare il Paese.
Finché dura questa democrazia, piaccia o non piaccia il sistema è questo. Nel momento in cui l’articolo 67 sarà sostituito dai sondaggi, dal televoto o dai decibel di chi urla di più, parleremo di qualcosa di diverso che al momento non esiste.
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