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Il ruolo dei Fratelli Musulmani nel processo di islamizzazione in Egitto

L’ Egitto è uno dei Paesi più importanti del Medio Oriente, dotato di un forte esercito e di una popolazione giovane. Il Paese nel 2011 è stato protagonista, come secondo fronte, della cosiddetta “Primavera araba”. Da quel momento si è riaperto il dibattito su quale ruolo avrebbe giocato l’organizzazione dei Fratelli Musulmani all’interno del sistema politico egiziano nell’era post-Mubarak.

 

Le conseguenze della Prima guerra mondiale

L’Egitto alla vigilia della Prima Guerra mondiale era formalmente ottomano, ma nei fatti il Paese era stato occupato dai britannici nel 1882 e dichiarato “protettorato” nel ’14. La disgregazione dell’Impero Ottomano provocò la nascita degli Stati-nazione e l’abolizione del Sultanato. Il Paese ottenne la sua formale indipendenza nel 1922, ma sempre dipendente dai britannici. Inoltre, le successive vicende dell’abolizione del califfato nel 1924, furono interiorizzate come la rottura e la scomparsa del simbolo dell’unità musulmana e segno di decadenza dei valori spirituali della società. Di fronte a questo scenario si sviluppò il pensiero che solo la ritrovata strada spirituale islamica avrebbe posto un rinnovamento attraverso la difesa dei propri valori, senza nessuna interferenza dello straniero. Difatti sorsero le prime organizzazioni politiche-religiose.

La nascita dei Fratelli Musulmani

Nel 1928 un giovane maestro di scuola Hassan Al Banna fondava, ad Ismailia, nel canale di Suez, l’associazione dei Fratelli Musulmani, in arabo al Ikhwan al Muslimun. L’associazione si faceva interprete della volontà di rinascita dell’Egitto sia davanti ai traumi politici e religiosi nonché all’occupazione britannica.

L’associazione fu strutturata in maniera gerarchica con al vertice la guida generale, le cui decisioni erano insindacabili, assistito da un Consiglio. Il radicamento territoriale fu strutturato attraverso le filiali, che a loro volta si raggruppavano in distretti e poi in aree. I Fratelli Musulmani da subito riuscirono ad infiltrarsi nella società mediante azioni caritatevoli e assistenziali, comunicazione e propaganda, acquisendo vasta simpatia tra la popolazione. Il movimento non rimase confinato in Egitto, ben presto nacquero delle società gemelle in varie parti del mondo arabo.

Al Banna parlava e agiva al fine di indirizzare una re-islamizzazione dal basso e non mediante un’imposizione dall’alto, ma di una presa di coscienza e di crescita per l’applicazione della legge islamica Sharia indicata come la giusta via da contrapporsi alla jahiliyya, ovvero la condizione di ignoranza paragonata a prima della rivelazione che ricevette il profeta Muhammad. Da un punto di vista ideologico i principi fondamentali sono cinque: 1) Dio è il nostro obiettivo; 2) Muhammad è il nostro modello; 3) Il Corano è la nostra Costituzione; 4) Il jihad è il nostro metodo; 5) Il martirio è la nostra aspirazione. Il Jihad veniva inteso nell’espressione “sforzo” e combattimento interiore contro le inclinazioni cattive. Solo in un secondo momento si cominciò a parlare anche di “guerra santa”.

I Fratelli Musulmani nel panorama politico egiziano

Sotto la monarchia i Fratelli Musulmani nel 1942 decisero di partecipare alla competizione elettorale, cercando una legittimazione politica che gli desse spazio e visibilità. Tuttavia la collaborazione fu bruscamente interrotta dalle autorità nel ’48, quando furono dichiarati fuorilegge. Ben presto nacquero le divisioni interne: una parte decise di formare un apparato clandestino e disposto anche alla lotta armata sulla base dell’ideologo Sayyid Qutb, il quale scrisse il libro “Le Pietre miliari sulla via”, che gettò le basi per la radicalizzazione. Il suo intendo era di abbattere, mediante la lotta armata, i governi considerati miscredenti e apostati per la realizzazione di uno Stato islamico.

Nel luglio del 1952 scoppiò la Rivoluzione degli ufficiali liberi che pose fine alla monarchia e instaurò la Repubblica. Il movimento che rappresentava l’organizzazione più radicata ed efficiente non si oppose. Tuttavia ben presto nacquero le divergenze e la concorrenza con il panarabismo di Nasser. Tanto che questi, dopo un fallito attentato alla sua persona, ordinò una dura repressione e l’impiccagione di Qutb.

Dopo la morte di Nasser, Sadat si presentò come il Presidente credente, i Fratelli Musulmani ebbero un certo margine di manovra. Nell’ottica del nuovo Presidente l’appoggio degli attivisti religiosi doveva contrapporsi ai nasseriani, visto il cambio politico con la rottura dell’alleanza con i sovietici e l’alleanza americana. Dopo l’assassinio di Sadat, dove la Fratellanza non era coinvolta benchè la rivendicazione richiamasse al pensiero di Qutb, il nuovo Presidente Mubarak coniugò un atteggiamento tollerante ma guardingo, cercando di limitare gli spazi politici, nell’ottica di pacificare la società egiziana. Nel 1984 i Fratelli si presentarono alle elezioni come Partito del lavoro. L’epoca del nuovo rais è contraddistinta dall’emergenze di un terrorismo -a metà degli anni ’90 - che colpisce i luoghi turistici e rende instabile la penisola del Sinai.

I Fratelli Musulmani tra ascesa e caduta

Nel 2011 in Egitto scoppiò la rivolta di Piazza Tahrir, la folla manifestava nella piazza vicino ai palazzi del potere per chiedere le dimissioni del Presidente Mubarak. Dopo giorni di grandi tensioni Mubarak decise di dimettersi lasciando il potere nelle mani del Capo di Stato maggiore dell’esercito egiziano, generale Tantawi. I Fratelli Musulmani, in fase iniziale, erano rimasti ad aspettare senza cavalcare il moto popolare per poi mischiarsi nella eterogeneità politica del momento. L’Egitto fu così retto per circa un anno dal Supremo Consiglio delle Forze Armate, che lo avrebbe traghettato verso le elezioni legislative e presidenziali. Alle consultazioni per il rinnovo del Parlamento, (novembre 2011 – febbraio 2012) i Fratelli, forti del radicamento nella società egiziana e cogliendo nel vuoto di rappresentanza dei vari movimenti di contestazione, ottennero il 47% dei consensi; successo confermato con le elezioni presidenziali del giugno 2012 con la vincita alla Presidenza della Repubblica di Mohamed Morsi. Per la prima volta nella storia repubblicana egiziana il Presidente non era espressione dei militari. La Comunità Internazionale si chiedeva se il nuovo Presidente avrebbe applicato un Islam pragmatico e realista, e se la Fratellanza sarebbe stata capace di trasformarsi da movimento di contestazione in classe dirigente, ma dopo quasi due anni la società egiziana si mostrava fratturata. In particolare i Fratelli musulmani al governo non riuscivano a dare delle risposte ai gravi problemi sociali ed economici. Inoltre il tentativo di far approvare la Costituzione, non condivisa con le altre forze politiche, portava a nuove proteste e all’assunzione del potere da parte del generale Al Sisi, il quale ottenne l’appoggio oltre dell’esercito anche dai leader religiosi: dal Grande Imam Al Tayyeb della Moschea Al Azhar al Patriarca copto Tawadros.

 

Al momento i Fratelli Musulmani non rappresentano più un’alternativa, la maggior parte di loro sono stati arrestati o vivono in clandestinità. Il movimento è stato dichiarato sciolto dalle autorità. L’ex presidente Morsi e la Guida suprema Mohamed Badie rischiano la pena di morte. Tuttavia il pensiero politico contemporaneo continua ad essere trasmesso dall’esterno dai leader esiliati come Al Qaradawi che vive in Qatar. C’è da credere che il movimento cercherà di rinnovarsi e di ricostituirsi per riaffacciarsi nel panorama politico egiziano.

Salvatore Falzone

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