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Il miracolo sudafricano

Nel libro “La questione della terra in Sudafrica. Ridistribuzione e democratizzazione” (Carocci, 2009), si affronta il delicato tema della progettazione della convivenza pacifica e civile in un Paese multietnico (cioè composto da diverse tribù africane) e multirazziale (suddiviso in bianchi e neri).

L’opera essenziale e sintetica del mio amico e collega Francesco Rossolini può essere molto utile a chi si occupa di studi internazionali, di cooperazione internazionale, oppure di progetti multiculturali. Infatti la Carocci Editore è una casa editrice universitaria molto attiva sui temi internazionali. E veniamo al nocciolo della questione sudafricana. Purtroppo la cultura afrikaner è l’esempio lampante di come la religione trasmessa di generazione in generazione dagli uomini e dalle donne ai loro figli, può comportare l’uso improprio della fede ai fini della dominazione: i loro diritti di superiorità di razza a discapito della popolazione di colore era un elemento centrale della loro pratica religiosa che determinava la politica dell’apartheid. Del resto strappare territori ad un’altra popolazione sarebbe un’attività molto ignobile se non venisse rivestita di un particolare significato patriottico o religioso. E, come molti altri imperi del passato, anche la Corporatocrazia delle multinazionali ci ha indotto “a credere che Dio stesso ci abbia dato il diritto di mettere pochi di noi in cima a questa piramide capitalista e di esportare questo sistema al mondo intero” (John Perkins, consulente economico americano).

Anche perché quasi tutti i giornalisti preferiscono scrivere cose care agli inserzionisti. Accade così che gli indigeni o gli agricoltori che vivono in un dato territorio possono venire chiamati comunisti, terroristi e narcotrafficanti, ma spesso la verità è che sono solo persone che hanno famiglia e vivono sulle terre che fanno gola a molte imprese minerarie (oro, coltan, ecc.) e petrolifere. E anche a quelle che producono energia idro-elettrica.

Comunque in Sudafrica “il problema che si è trovato ad affrontare il nascente sistema democratico è di dimensioni enormi e senza eguali: garantire la democrazia, introdurre i principi di uguaglianza e tutelare i diritti delle minoranze, tra cui quella Afrikaner, garantendo allo stesso tempo la crescita economica e l’integrazione dei neri nel libero mercato del lavoro; queste sono state le premesse sotto cui è iniziata l’elaborazione della Costituzione” (Rossolini, p. 23). L’impresa è quasi disperata se si pensa che quasi tutti i lavoratori neri non sono scolarizzati ed erano e sono una comoda “sorgente d’energia, impiegabile in grande quantità per espletare tutti quei compiti necessari per la lavorazione del terreno e la raccolta dei prodotti con macchine rudimentali” (pag. 26). Inoltre gli altissimi tassi di criminalità impediscono lo sviluppo del turismo. Per fortuna tutte le regioni sono multietniche e composte da molte tribù, e questa dispersione delle varie popolazioni è il fatto principale che ha consentito di avviare “il miracolo sudafricano” e che rende più difficili le secessioni delle relative provincie.

Ma il potere, come si sa, corrompe e “una nuova oligarchia multirazziale… ha intrapreso un processo di sfruttamento dei paesi confinanti. La storia sembra ripetersi, una nuova discriminazione è sorta dalle ceneri dell’apartheid, ma ora gli autori sono i neri sudafricani, e le vittime i neri, di diversa origine, immigrati nel paese alla ricerca di condizioni di vita migliori” (p. 7).

Perciò il Sudafrica democratico è il paradigma del futuro dell’umanità: lo scontro tra la piccola popolazione europea e la grande popolazione africana anticiperà i futuri conflitti sociali tra le popolazioni in crescita dei paesi africani e tropicali e quelle dell’intera Europa a portata di barca.

P. S. Il libro sarà nelle migliori librerie dal 18 luglio e si può già ordinare online: www.carocci.it

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