Il male della scuola pubblica non sono gli insegnanti di sinistra
I problemi educativi della scuola italiana meritano un'analisi ben diversa da quella proposta da Silvio Berlusconi.
Le continue prese di posizione da parte di Silvio Berlusconi nei confronti della scuola pubblica mi inducono a sottolineare che i problemi della scuola italiana sono molto diversi da quelli che il Premier tende a diffondere. Poiché il suo chiodo fisso sono i comunisti, fa ovviamente coincidere i problemi educativi che caratterizzano la nostra scuola con la presenza degli insegnanti di sinistra. Posso dire, per esperienza diretta, che l’indottrinamento è forse il male minore che possiamo incontrare. Innanzitutto, non tutte le discipline si prestano a strumentalizzazioni tali da indurre gli studenti a parteggiare per una parte politica piuttosto che per un’altra. Solo le materie umanistiche consentono di addomesticare i contenuti proposti in funzione di una certa visione della società. Si tratta di discipline che sfuggono al rigore dell’oggettività, per cui la manipolazione e l’interpretazione possono effettivamente avvenire con fini non meramente educativi, ma di orientamento politico pilotato. Certamente lo studio di matematica, fisica, chimica, biologia, proponendo contenuti che sfuggono alla soggettività, non si prestano ad insegnamenti strumentali finalizzati a scopi diversi dalla maturazione delle capacità di analisi, sintesi, comparazione e collegamento che rappresentano il vero obiettivo da perseguire tramite l’insegnamento.
In ogni caso, pensare che l’indottrinamento provenga solo da sinistra è fuorviante: posso, senza dubbio di essere smentito, affermare che molti insegnanti della destra cattolica e non tendono a condizionare le coscienze dei giovani in modo molto più eclatante dei cosiddetti comunisti “berlusconiani”. Ho personalmente appurato la mancanza di obiettività di giudizio da parte di molti cattolici allorchè si trattava di valutare un alunno praticante piuttosto che uno che non lo era. Un danno educativo che, invece, può essere attribuito a certi insegnanti di sinistra, soprattutto dopo il famoso ’68, è stato quello di eliminare il merito e teorizzare il “sei politico” a discapito di quegli alunni che hanno sempre impostato la loro attività scolastica sul piano dell’impegno, della serietà e dell’applicazione. Sono comunque convinto che un insegnante di destra o di sinistra possa essere meritevole, anche se apertamente schierato, nel caso in cui imposti il proprio lavoro sul piano del dialogo in modo che posizioni contrapposte possano confrontarsi nel rispetto della libertà che ciascuno ha di esprimere la propria opinione.
L’aspetto però più risibile delle affermazioni berlusconiane sta nell’anteporre la scuola privata a quella pubblica. Se si vuol far credere che la scuola privata sia espressione della valorizzazione delle libertà dell’individuo si cade in un grosso equivoco: i primi a perdere la libertà sono proprio i docenti costretti spesso a subire condizionamenti da parte di molti Presidi il cui obiettivo non è la formazione degli alunni, ma solo la loro promozione. L’allievo è considerato solo un cliente che porta denaro e come tale deve essere mantenuto e salvaguardato. Una buona scuola privata è purtroppo merce rara. Questa mentalità non è certo quella che condiziona la scuola pubblica che ha bisogno di essere tutelata in modo che i docenti si trovino nelle condizioni di svolgere il loro lavoro in modo proficuo con finalità esclusivamente formative. Ridurre il personale e consegnare ai docenti classi con trenta o più alunni non è il viatico migliore per creare le condizioni di un insegnamento altamente qualitativo. Tagliare i fondi per la scuola studiando riforme che penalizzano la formazione dei giovani non è degno di una stato che ancora non capisce quale importanza abbia la scuola nell’ambito dell’intera società.
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