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Il fantasma dello Sciacallo: sequestrato giornale in Sudan

Le forze di sicurezza del Sudan hanno sequestrano tutte le copie di un quotidiano vicino alla causa indipendentista del Sud Sudan. Stava pubblicando un dossier a puntate sugli ultimi giorni di Carlos, il terrorista venezuelano noto anche come “lo Sciacallo”, a Khartoum. Ma la stampa sudanese parla di un altro movente. Si tratta dell’ennesima “colpa” attribuita arbitrariamente al terrorista venezuelano o la notizia ha un qualche fondamento?

La libertà di stampa, in Sudan, sembra quasi un miraggio nel deserto. Il paese è macchiato da una serie di fatti inquietanti che minano il diritto d’espressione e d'informazione, previsto de iure dalla costituzione sudanese, ma reso de facto nullo dalle forze di sicurezza che controllano il paese. In uno stato che detiene il triste primato di essere tra gli ultimi dieci paesi nella classifica sulla libertà di stampa (stilata da "Reporters sans frontières" nel 2010) dove ad un mese esatto dall’indipendenza del Sud Sudan aleggia il pericolo di una guerra civile, i giornalisti indipendenti non hanno vita facile.

In quello che fino al mese scorso era lo stato più grande dell’Africa, i media privati, soprattutto quelli più vicini alla causa indipendentista, vengono presi di mira dal governo. Si tratta di ritorsioni che vanno dalle semplici minacce alla revoca delle licenze, com’è successo lo scorso 8 luglio a sei quotidiani (tra cui il popolare Ajras Al-Hurriya, “le campane della libertà”) proprio il giorno della vigilia dell’indipendenza. La loro colpa? Alcuni degli editori e direttori dei giornali - a maggioranza anglofona - vivono al Sud, il che li rende cittadini stranieri per Khartoum, dove la legge sulla stampa impone che gli stranieri non posseggano organi d’informazione. Qualche settimana fa due giornalisti erano stati denunciati per aver scritto dello stupro di una militante femminista ad opera dei servizi di sicurezza.
 
L’ultimo caso risale a domenica scorsa, quando la polizia ha fatto visita al quotidiano in lingua araba Al-Ahdath, di proprietà di un privato e vicino alle posizioni del MLPS, il movimento indipendentista sud-sudanese, divenuto ora partito di governo.
 
“Le forze di sicurezza hanno fatto irruzione ed hanno sequestrato tutte le copie del giornale senza dare alcuna spiegazione”, ha detto il direttore del giornale, Adil al-Baz, all’agenzia stampa francese AFP.
 
Ed è su questo scenario che si staglia l’ombra di Carlos. Classe 1949, originario di Caracas, Venezuela, Ilich Ramírez Sánchez, questo il suo vero nome, è stato per decenni il terrorista più ricercato dalle polizie di mezzo mondo. La sua figura ha ispirato cinema e letteratura, oltre ad aver alimentato la stampa per quasi vent’anni. “Più quello che raccontano i giornali è incredibile, meno uno sbirro si sente incoraggiato a darmi la caccia”, si dice fosse solito affermare.
 
Ma le luci della ribalta non hanno sempre giovato alla sua carriera di “rivoluzionario professionista”. Dal 1975, anno del suo ingresso in clandestinità, fino al suo arresto, avvenuto nel 1994, Carlos è stato oggetto di una miriade di speculazioni riguardo la sua responsabilità in attentati, sequestri, omicidi e persino stragi di ogni sorta. Era divenuto, per la sua sinistra fama e per l’indubbia abilità con la quale si destreggiava tra palestinesi, tedeschi, libici e sovietici, il capro espiatorio del terrorismo internazionale.
 
Non c’era infatti azione nella quale non venisse direttamente o indirettamente coinvolto. Poter avere lo spauracchio di un super-terrorista in libertà, segnalato ed attivo tra l’Europa, i paesi mediorientali e la Russia, ha fatto comodo a molti. Il fatto che Carlos non potesse smentire personalmente le accuse (ha rilasciato pochissime interviste, durante la sua latitanza) rendeva tutto incredibilmente più facile. Ancora adesso il suo nome o quello della sua organizzazione (un efficace ma banale “Ori - organizzazione rivoluzionaria internazionale”, trasformato da giornali e polizia nel ben più temibile e fleminghiano “SEPARAT”) viene tirato in ballo quando c’è una storia nella quale i conti non tornano, o non devono tornare. Come per la presunta pista palestinese nell’attentato alla stazione di Bologna.
 
Il 17 agosto 1994 Carlos venne arrestato a Khartoum ed estradato in Francia, dove fu condannato all’ergastolo per l’uccisione di due poliziotti e di un informatore della polizia, Michel Moukharbal. Si tratta dell’unico reato per il quale è stato processato. I servizi segreti francesi conclusero allora una trattativa con i servizi sudanesi per ottenerne la testa. Che cosa offrissero in cambio i servizi francesi è stato più volte ipotizzato, ma non esiste nessuna notizia certa. Da un’inchiesta del Sunday Times di quell’anno emerse che Parigi poté persino “scegliere” se farsi consegnare Carlos o Abu Nidal, l’altro grande terrorista mercenario attivo in Europa negli anni 70-80.
 
Il quotidiano Al-Ahdath aveva iniziato a pubblicare un dossier a puntate sui “giorni di Carlos a Khartoum”, tra documenti inediti e dichiarazioni di personaggi coinvolti nella vicenda. Nell’edizione di domenica, quella sequestrata dopo esser stata mandata in stampa, il giornale avrebbe pubblicato un’intervista ad un alto funzionario dell’SPLM, il movimento di liberazione del popolo sudanese, che avrebbe svelato i retroscena della cattura, oltre a far chiarezza sull’entità degli “aiuti” dati dalla Francia al Sudan in cambio della testa dello Sciacallo.
 
Ma il giorno dopo il sequestro, il quotidiano Sudan Tribune ha scritto che la ragione dell’operazione di polizia è da cercare piuttosto in uno scoop pubblicato da Al-Ahdath: la notizia dell’incontro segreto tra il presidente del Sudan del Nord, Omer Hassan al-Bashir, e Malik Agar, capo dell’opposizione, al fine di trovare un accordo per la cessazione delle ostilità nella regione del Kordofan meridionale.
 
Al-Ahdath non è al momento in grado di confermare o smentire nessuna delle due ipotesi: il sequestro di tutte le copie ha causato una perdita stimata di circa 10.000 dollari americani, una cifra enorme per un giornale sudanese. Il sito web non viene aggiornato da lunedì. Già nel 2008 il quotidiano Al-Ahdath aveva subito un trattamento simile.
 
Lo spettro della chiusura per fallimento, per questo piccolo ma coraggioso giornale sudanese, fa molto più paura del fantasma di un vecchio sciacallo, relegato ad infestare le quattro mura di una antica abbazia francese, ora prigione di massima sicurezza.
 
 
INTERVISTA ESCLUSIVA: Carlos si racconta ad Agoravox

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