Trent’anni fa, il 2 agosto 1980 una bomba esplose all’interno della sala d’aspetto della stazione di Bologna, provocando 85 morti e 200 feriti. Fu l’attacco più grave subito dall’Italia in periodo di pace. Recentemente, a seguito di certe informazioni contenute nel dossier Mitrokhin e di dichiarazioni dell’Ex-Presidente della Repubblica Cossiga, si è fatta avanti una nuova ipotesi sulla matrice della strage. Si è parlato di una responsabilità del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, organizzazione nella quale lei ha militato diversi anni e per la quale ha compiuto numerose azioni, nonché di un coinvolgimento della sua organizzazione, SEPARAT, attraverso il militante tedesco Thomas Kram, che si trovava a Bologna proprio quella mattina.
E’ ridicolo, persino il nome affibbiato al nostro gruppo è assolutamente assurdo. Le dico quello che so, nel 1980 ero con la Kopp (Magdalena Kopp, seconda moglie di Carlos e membro delle Cellule Rivoluzionarie tedesche, ndr) e ricevevamo informazioni sia dalla Repubblica Federale Tedesca, sia dalla Repubblica Democratica Tedesca. All’epoca alloggiavamo vicino alla casa del Presidente Honecker e avevamo accesso a molte informazioni dirette, non solo della Stasi. Il 2 agosto eravamo a Budapest e mi ricordo che quella mattina Magdalena venne e mi disse: “Kram ha rischiato di farsi uccidere”. Thomas Kram era un ebreo tedesco. La sua famiglia è sempre stata comunista, sua nonna manifestava contro il regime nazista. Una famiglia di attivisti. Era un personaggio conosciuto e un militante molto impegnato nella zona bassa del Reno. Quell’anno ricevette un invito dall’Università di Perugia per andare un periodo ad insegnare lì e per questo passò per l’Italia. Appena attraversò la frontiera fu seguito da due agenti italiani che lo accompagnarono lungo tutto il percorso. La prima sera soggiornò a Chiasso, c’è anche la registrazione dell’albergo, poi proseguì verso Bologna dove giunse la sera prima dell’attentato. Anche qui prese una stanza a suo nome e al mattino presto partì. Se Kram fosse morto nell’attentato sarebbe stato un responsabile perfetto a cui dare la colpa. Ma lui utilizzava i suoi veri documenti perché non aveva bisogno di nascondersi. Era un agitatore politico sì, ma un agitatore politico legale. Come ho già detto altrove, non faceva parte del nostro gruppo.
Un’altra persona che sarebbe stata vista a Bologna quella mattina è la militante tedesca Margot Christa Frolich la quale, secondo la polizia ungherese faceva parte del suo gruppo. Quali erano i vostri rapporti?
Con la Frolich ci siamo incontrati varie volte, questo è vero. Ma io sono un gentiluomo e non entrerò nel dettaglio, anche perché è stata accusata di essere una mia amante, nonostante lei fosse la moglie di Alessandro Padula (militante delle Brigate Rosse ndr). Hanno tentato di tirare in mezzo Madame Frolich anche per l’attentato della Rue Marboeuf, ma lei non c’entra niente. La descrizione parla di una donna grossa con capelli biondi corti o di un uomo travestito da donna. La Frolich non corrisponde alla descrizione perché lei è una bella donna, magra, di un metro e sessanta. Hanno detto che la persona che scappava aveva dei capelli corti ma lei li ha sempre avuti lunghi fino al bacino. Una persona con i capelli corti può fingere di avere i capelli lunghi usando una parrucca ma non viceversa!
E’ stato detto che Kram era un esperto di esplosivi. Altri, invece, sostengono fosse piuttosto un falsario. Qual è la verità?
Qualsiasi militante rivoluzionario, a quell’epoca, era capace di falsificare un documento. Erano nozioni basilari. Così come un minimo di conoscenza di esplosivi, ma niente a che vedere con l’ordigno di Bologna, che era una miscela di tritolo e C4, con inneschi militari. Kram non c’entra niente. E voglio aggiungere due cose: la prima è che un attentato del genere non è per niente in linea con la politica della sinistra rivoluzionaria. Sono accuse inammissibili. Nessun compagno avrebbe mai compiuto una tale strage, in maniera indiscriminata e nel cuore dell’Emilia comunista, di “Bologna la rossa”. Noi colpivamo obiettivi specifici, i simboli del capitalismo, le personificazioni dello sfruttamento di classe. La seconda è che l’attentato non è neanche di matrice fascista. I fascisti non avrebbero mai colpito la Stazione di Bologna, una stazione bellissima costruita dallo stesso Mussolini. Io resto dell’idea che Mambro e Fioravanti non siano i veri colpevoli.
Alcuni membri della Commissione Mitrokhin sono convinti della responsabilità palestinese nell’attentato, come ripercussione per l’arresto a Ortona, nel novembre 1979, di Abu Anzeh Saleh, uomo di riferimento del FPLP in Italia, accusato di traffico d’armi. La cattura di Saleh avrebbe rotto un equilibrio, un patto di non belligeranza tra gli italiani e i palestinesi. Esisteva davvero un accordo, firmato nel 1973, tra Aldo Moro e il FPLP?
Il Lodo Moro non è un accordo firmato. E’ un patto segreto, al quale aderirono anche parti ex fasciste, nel senso nobile del termine, se così si può dire. Perché l’Italia è sempre stata solidale con la causa palestinese. Non solo Andreotti o Moro, ma moltissimi altri uomini di stato, di qualsiasi colore politico. Persino lo stesso Berlusconi non è filoisraeliano, è a favore della Palestina nel fondo del suo cuore, ma non può dirlo. Proprio per questo motivo era impensabile un attentato palestinese su territorio italiano.
L’Ex-Presidente Cossiga si è però recentemente dichiarato convinto del contrario.
Cossiga mente. Lo ha sempre fatto. E le dirò di più: è corresponsabile della morte di Moro. Vede, le Brigate Rosse erano formate da cellule slegate tra loro, il rischio di avere degli infiltrati era molto alto. Un compagno delle BR mi ha detto che inizialmente il piano prevedeva il sequestro di tre personalità: il primo era un giudice della Corte Costituzionale, molto conosciuto all’epoca, ma non ne ricordo il nome; il secondo era il patron della Fiat Gianni Agnelli; il terzo era Aldo Moro. Alla fine fu rapito solo quest’ultimo. Moro era un signore, credeva sinceramente nella possibilità di un governo di larghe intese. Anche Agnelli era un signore, un uomo che sapeva trattare.
Quale sarebbe la colpa che lei attribuisce a Cossiga?
Cossiga è corresponsabile anche perché cugino di Berlinguer che, come si sa, fece in modo che il Partito Comunista Italiano adottasse la linea dura nelle trattative. Entrambi cattolici, entrambi sardi. Non si poteva dire all’epoca, ma la moglie e le figlie di Berlinguer andavano tutte le domeniche a messa insieme ai Cossiga. Le due famiglie s’incontravano e, dopo pranzo, Berlinguer e Cossiga parlavano a lungo e si scambiavano informazioni. Cossiga era legato agli americani e a Gladio, mentre Moro era per la causa palestinese. C’è un compagno brigatista che mi ha confidato che un giorno, quando sarà il momento, racconterà tutta la verità su quegli anni. Quello che, però, bisogna far capire è che nelle Brigate Rosse c’erano infiltrati del Mossad. Di questo sono sicuro. Ricevetti informazioni attendibili in proposito: esistevano agenti ebreo-italiani del servizio segreto israeliano che si infiltravano non solo ai livelli più alti, ma anche nelle cellule minori, che è un ottimo metodo per fare passare le informazioni tra i vari gruppi.
Poco più di un mese fa c’è stato l’anniversario di un’altra strage italiana per la quale non è mai stata fatta chiarezza: il disastro aereo di Ustica. Il 27 giugno 1980 un aereo della compagnia Itavia si inabissò in mare con i suoi 81 passeggeri. Sulle cause di quel disastro non si è arrivati a nessuna verità giudiziaria. Ma da qualche tempo, in Italia, è cominciata a diffondersi la convinzione che l’aereo sia stato abbattuto da un missile, durante una battaglia aerea tra caccia francesi e Mig libici. Lei ha lavorato a lungo per la Libia del colonnello Gheddafi, ha mai sentito parlare di quella storia?
Ho bevuto e scambiato spesso chiacchiere con gli ufficiali delle forze armate libiche e con i piloti d’élite. Sono loro che mi hanno raccontato una cosa che tutti sapevano all’epoca ma che è sempre stata smentita ufficialmente: ovvero che, spesso, c’erano degli scontri tra aerei libici e americani. Avvenivano nel corridoio aereo tra l’ex - Jugoslavia e la Sicilia, sopra il Mediterraneo. La maggior parte delle volte i piloti americani avevano la meglio. Su Ustica sembra sia stato un aereo francese. Hanno ritrovato anche un Mig sulla Sila.
Si è detto che i Mig libici fossero la scorta militare di un volo civile in partenza da Tripoli. E’ stata avanzata l’ipotesi che su quell’aereo ci fosse un VIP, una persona di grande importanza e che fosse lui il vero obiettivo dei francesi. Lei ne sa qualcosa?
I Mig libici sorvolavano spesso l’Italia perché andavano in Yugoslavia dal Generale Tito, con il quale io avevo un rapporto personale, mi aveva anche salvato la vita. Quella sera sull’aereo da Tripoli c’era Gheddafi.
Come ha saputo che su quell’aereo c’era proprio il leader libico?
Il Colonnello Gheddafi non è un tipo loquace. Ma io ero molto amico del cognato del Colonnello, Abdallah El Senoussi. Nonostante egli non parlasse inglese ed il mio arabo all’epoca non fosse dei migliori ci incontravamo spesso, perché mi voleva molto bene ed era solito telefonarmi ogni qual volta ritornava dall’Europa, specialmente da Parigi. Era lui l’uomo di collegamento tra la Libia e la Francia. Il Colonnello Gheddafi e il Presidente francese Mitterrand si incontrarono segretamente a Creta nel 1983 circa (in realtà l’incontro avvenne nel 1984 ndr). C’erano molti ufficiali maggiori e fu raggiunto un accordo. In quei mesi il mio gruppo, per conto della Libia, stava preparando un attacco agli aerei francesi in Ciad. La sera i piloti andavano a dormire in un hotel e la base era di facile accesso. Avremmo dovuto far esplodere tutti gli apparecchi, ma dopo quell’accordo la nostra operazione fu fermata. E’ una mia idea, ma penso che in quell’occasione fu deciso anche il silenzio su Ustica. Era un periodo di grande tensione e nel mediterraneo c’era il rischio scoppiasse una guerra. Fu fermata anche un’altra operazione che stavamo preparando di penetrare la destra guidata da Pasqua. Gestimmo tutta l’operazione da N'Djamena.
In base a quello che sa, lei crede che ci sia un legame tra le due stragi, tra quella di Ustica e Bologna?
No, no. Non credo assolutamente che la strage di Bologna e Ustica siano correlate. Bologna è nella linea di condotta degli USA che cercavano di tenere l’Italia nell’orbita NATO. Gli USA avevano e hanno troppe basi ed interessi in Italia per poterla perdere. Napoli ad esempio. Il comandante dell’AFSouth dell’epoca era un eroinomane, tutti lo sapevano. Era stato in Vietnam e attraverso la base faceva arrivare l’eroina dall’Indocina. C’erano troppi interessi perché l’Italia uscisse dall’orbita USA e per questo è stato compiuto l’attentato di Bologna.