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Il caso Weinstein e l’insostenibile leggerezza sul criterio di abuso sessuale

Proprio lo scorso 13 Ottobre, ho partecipato – in qualità di relatrice – a un convegno sul tema “Violenza di genere” e all’inaugurazione dello sportello anti violenza di Cuore Nazionale Abruzzo.

Abbiamo parlato di violenza a 360°. Durante il mio intervento, ho parlato anche di maschicidio, una realtà misconosciuta ai più, ma che ha come protagonisti – ogni anno – circa 5 milioni di uomini, abusati e vittime di violenza a vario titolo, di cui però non si parla mai. I dati sono del Viminale.

E proprio nelle stesse ore, ecco scoppiare il caso Weinstein. Un nugolo di attrici che, oggi, sono famose anche e soprattutto, per aver incontrato sul loro cammino proprio il produttore americano Harvey Weinstein, decidono di fare outing, e di denunciare le “violenze subite” dal produttore.

Immediate le reazioni, a livello mondiale, come da copione. Tutti a ergersi a paladini dell’integrità morale di chi, della moralità, non ha mai fatto il proprio stile di vita.

Parlo di Weinstein? No. Parlo di quelle persone che, pur di entrare a far parte del dorato mondo delle star cinematografiche, da sempre – sottolineo da sempre – sono pronte a varcare la soglia delle camere da letto di registi e produttori.

Il mondo ora, scopre l’acqua calda. E ne fa un caso internazionale. Di più: sui social, famoso contenitore di ideologi senza idee e sociologi senza cognizione di causa, attizzano il fuoco sul tema “violenza e abuso sessuale”, generando una confusione senza pari tra il criterio di violenza sessuale e quello di libero scambio tra adulti.

Li avessi mai visti così inviperiti quando si parla di casi di cronaca di abusi, sessuali o di altra natura. Mai. Le campagne moralizzatrici, in questi casi, durano meno di uno sbadiglio.

Si sta davvero perdendo il filo della ragione e della coerenza. La gente sta mettendo sullo stesso piano lo scambio sessuale per ottenere vantaggi, e le aggressioni violente a sfo

Eppure, di veri casi di violenza sessuale le cronache non sono affatto scevre, anzi. I casi denunciati ogni giorno, solo in Italia, sono 11. Scoprire però quante donne, e quanti uomini, ogni santo giorno subiscono cose inenarrabili, senza aver la forza e il coraggio di denunciare, è praticamente impossibile.

Ma niente, tutto sommato, la violenza in casa o fuori casa, quella vera, interessa poco o nulla. Alla gente frega niente di ciò che accade agli altri cittadini comuni, l'importante è che accada a qualche palmo dal proprio sedere, ci mancherebbe... 

Ordunque, ora però mettiamo un po’ in ordine le cose.

Sul fatto che molti attrici e attori di ogni epoca, si siano stesi volontariamente sull’altare sacrificale del compromesso tra prestazioni sessuali e carriera cinematografica, non mi sembra ci sia da discutere. E’ cosa risaputa. Da sempre.

Mio padre mi costrinse, duramente, a rifiutare diverse proposte cinematografiche – anche di livello – con la frase: “Tu, in quell’ambiente, non metti piede. Chiuso il discorso”. Tanto per ribadire l’idea che si ha di certi ambienti, e non a torto. Tutti sappiamo come funzionano certe cose e certi ambienti. O vogliamo dire che non lo sappiamo?

Al di là di questo: cosa diamine sta succedendo davvero? Mi appare quantomeno bizzarro tutto questo bailamme scatenatosi contro Weinstein, novello Strauss Khandato in pasto ai moralizzatori di mezzo mondo. Lui, che risulta essere il numero uno nel mondo della produzione cinematografica americana e rispettato a livello planetario, ora viene trattato come uno straccio vecchio e gli si strappano pure le medaglie al valor cinematografico: persino Macron ha deciso di togliergli la Legion D'Onore che gli era stata riconosciuta.

Trovo peraltro oscene le dichiarazioni che vengono fatte in TV in queste ore: “Con il caso Weinstein, finalmente si chiude l’epoca dei ricatti sessuali nel mondo cinematografico”… Cosa?? In che senso? E’ stata per caso emanata una legge planetaria che imporrà la castrazione non chimica a coloro che, forti del potere che possono esercitare, chiedono – o ricevono proposte di – prestazioni sessuali in cambio di carriera?

Di che diamine stiamo parlando? Davvero c’è qualcuno che crede alla storia dell’abuso sessuale? Se non vuoi scendere a compromessi, cambi proprio strada. Punto. In quell’ambiente non ci entri. Chiuso il discorso. E attenzione: è risaputo come, lo scambio prestazione sessuale-carriera cinematografica, non interessi solo il gentil sesso, nella figura di "vittima" ma anche i maschietti in odore di successo. Basta fare gli ipocriti! Sono cose che si sanno, e non da oggi.

Ovvio che, il fatto che esista lo scambio prestazione sessuale/carriera cinematografica sia cosa da condannare in tutti gli ambienti. Ma per carità: non chiamatelo abuso sessuale! Da un lato c'è una persona che può fare la differenza in una carriera, dall'altra c'è una persona che, pur di far carriera, accetta anche le avances del produttore o del regista. E diciamola tutta: non accade solo nel mondo del cinema.

Abuso è quando ti ritrovi uno o più energumeni che ti bloccano, ti strappano i vestiti e abusano di te. E tu non puoi nemmeno muoverti o chiedere aiuto. Abuso è quando ti ritrovi in casa il vero orco, quello che ti parlava d’amore e ti picchia metodicamente o abusa di te sessualmente, quando non ne hai voglia.

Abuso è tutto, tranne che scambio e compromesso. Che si finisca di fare confusione, che in questa maniera si toglie – alle vere vittime – il diritto di esserlo.

Si sta equiparando un metodo consolidato, conosciuto e accettato come “normale” con i casi di chi è davvero vittima di abusi sessuali. Persone che in cambio, spesso, non ottengono nemmeno l’aiuto e il sostegno delle istituzioni.

Si vergognino quindi, tutti coloro che – in queste ore, in questi giorni – si stanno ergendo a paladini di una campagna sbagliata: quella, l’ennesima, della visibilità di chi, oggi, non sta esattamente cercando salvezza dalla mostruosità umana, ma un click in più, un’intervista in più, una foto patinata in più. in quel mondo di plastica a cui, a suo tempo, ha deciso di donare pure l’integrità morale.

C'è persino chi ha dichiarato che "non ha denunciato gli abusi perchè teneva troppo alla sua carriera". Non aggiungo altro. Nemmeno il nome di chi ha pronunciato questa frase, che dice tutto, proprio tutto. La carriera. Appunto. Non la costrizione assoluta senza alcun tipo di opzione. Non la violenza per la violenza. Non l'abuso sessuale nudo e crudo. No. La carriera. Uno scambio. Palese.

Non si rinnova la verginità morale montando un caso per molti versi assurdo. Sono certa che, dietro a tutto questo polverone, si nasconde ben altro. Qualcosa che forse emergerà, ma che nulla ha a che fare con gli "abusi sessuali" che hanno poi creato una generazione di star e starlette che oggi rinnegano il metodo attraverso il quale sono riuscite a salire sull'Olimpo della notorietà.

Attenzione poi all'effetto a cascata che questa storia sta già trascinando con sè: è di queste ore la notizia di una donna che ha denunciato di aver subito abusi sessuali dal presidente USA Donald Trump. Non vorrei che, all'improvviso, si ingenerasse un effetto domino di proporzioni mondiali che farà perdere di vista le problematiche socio economiche che, ovunque nel mondo, si stanno sviluppando. Dignità e condanna sì, caos mondiale basato sul tema degli eventuali abusi sessuali, no.

Concludo con una riflessione: chi davvero subisce violenza spesso non denuncia. Per paura, per dipendenza economica, per mancanza di sostegno da parte delle istituzioni. Poi però, ecco che chi ha anche capacità economica e notorietà, può decidere di scatenare l'inferno senza però aver chiara in mente la differenza tra vero abuso e compromesso.

A chi è vittima di violenza quotidiana e la subisce nell'oscurità della vita della gente comune, va tutto il mio sostegno e l'augurio di trovare la forza e il coraggio di uscire dalla grotta degli orchi...

Questo articolo è stato pubblicato qui

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