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Il "campione" Boemi, De Magistris e l’Expo di Milano

 

Salvato Boemi quando giocava a calcio lo faceva “in modo strano”. “Commetteva delle piccole scorrettezze". "Veniva spesso espulso”. Per sua stessa ammissione. Non era un buon esempio, calcisticamente parlando. Oggi è fresco di nomina nel Comitato per la legalità all’Expo di Milano del 2015. E’ commissario della Sua, società unica appaltante, struttura che controlla e vigila sugli appalti in Calabria. Non solo contro le infiltrazioni mafiose, ma anche per recuperare risorse. “Prima erano cinquanta i gruppi in Calabria che conducevano appalti per conto della Regione”, ricorda. Oggi Salvatore Boemi, se non può vantare nessuna folgorante carriera nel calcio, nella magistratura è diventato un “campione”, un modello da seguire, che lui sottolinea, espletato “in modo diverso” da Luigi De Magistris. È come se lui avesse fatto più gioco di squadra, per così dire, insieme al pool. Qualità che “sarebbe mancata” al pm napoletano, trasferito dal Csm e traslocato, oggi, in politica. Ieri ha ricevuto il "Premio Mar Ionio” a Cropani, sua seconda città, dopo Reggio Calabria. Qui ha fatto il pretore, dal 1971 al 1973. Durante la sua funzione giurisdizionale non ha mai giocato a calcio. “Non poteva il pretore giocare a calcio con i suoi compaesani!”, si giustifica. Ma lo ha fatto dopo, negli anni seguenti, da cropanese d’adozione, avendo sposato una cropanese. E da allora, però, nonostante la sua riservatezza, lo ricordano ancora come il “pretore che giocava a calcio”.

È più facile fare il commissario della Sua, (Società unica appaltante) o il giudice?

E’ più facile fare il commissario.

Recentemente lei ha dichiarato che ora, che non svolge più le funzioni inquirenti come procuratore, si sente più libero di esprimere le proprie idee. Come mai?

Perché uno dei doveri del giudice è la riservatezza nelle sue indagini. Per 39 anni non ho potuto esprimere le mie idee politiche. Che sono di sinistra, della sinistra storica, quella che ha fatto la resistenza per intenderci. Io faccio parte della generazione del ’68, che siamo cresciuti con il divo Ernesto, con l’alta considerazione dell’intellettuale che ha una responsabilità verso la giustizia sociale. Il mito del Che non è violenza, ma incorporava felicemente l’intellettuale e il politico. Essere di sinistra significa essere giusto ed equo. 

Ora che una parte della magistratura, come De Magistris, è scesa in campo in politica formando il partito dell’Idv, Italia dei valori, si sente di appoggiare questa di politica anziché quella rappresentata dalle storiche fazioni di sinistra?

Non capisco la domanda (troppo rumore in sottofondo, ndr). Il politico deve essere anche un uomo colto. E il magistrato è un uomo che ha sulla carta una notevole base culturale. È bene però che chi fa quella scelta non torni più indietro. Io sono dell’idea che se si fa la scelta della politica non si può fare marcia indietro. 

Nel corso della sua esperienza come giudice le è mai capitato di trovarsi in situazioni analoghe in quella in cui si è trovato De Magistris con il fiato sul collo dei poteri forti ?


Non mi sono mai posto il problema. Comunque io ho rappresentato un modello di giudice molto diverso da De Magistris perché io, amico di Giovanni Falcone, ho sempre sposato l’idea che il magistrato non debba lavorare da solo, ma debba avere la possibilità di lavorare con altri magistrati. Ho sempre lavorato, diciamo, in pool. 

Ma De Magistris, anche volendo, non avrebbe mai potuto lavorare con gli altri della Procura proprio perché i suoi colleghi gli remavano contro.

Perché?

Perché nella maggior parte dei casi erano coinvolti essi stessi nelle sue inchieste.

Quello che lei mi dice può essere vero ma non conosco bene questa realtà. Le posso dire che a Reggio Calabria eravamo in sedici, poi in diciotto, e poi ventiquattro. Abbiamo sempre lavorato in pool perché bisogna avere l’umiltà di confrontare le idee e anche le valutazioni perché la prova si deve valutare. Quando la si valuta in quattro o in cinque si può essere più tranquilli. Questo evita la sovraesposizione anche all’esterno. Aggredire un pool, è accaduto a Palermo: l’hanno distrutto, è molto più difficile, mentre aggredire una persona è molto più facile. E quindi il lavoro del magistrato finisce. Io mi sono sempre trincerato dietro anche il lavoro dei colleghi.

Ora che fa parte di una struttura amministrativa, si sente un po’ politico?

Assolutamente no. Anzi ci tengo a dire che la mia attività sia di alta amministrazione. Io dirigo una struttura regionale che deve funzionare indipendentemente dalle richieste.

Se Loiero le telefonasse per chiudere un occhio per una gara, lei che farebbe?

(RideQuesto non credo sia possibile proprio.

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