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Il Made in Italy

Da troppo tempo ascoltiamo chiacchiere, molti pseudo dibattiti sullo stato della nostra economia, sull’uscita dall’euro gridato a gran voce, sulle leggi che dovrebbero decimare stipendi e pensioni d’oro, su tutti gli sperperi e le gestioni allegre. Essenzialmente queste voci e tante altre similari, che per poca memoria ho dimenticato di annoverare, contengono tutte una loro verità che meriterebbero altre meditazione che non possono o non vogliono concepire i nostri “strillozzi” presenti nel panorama politico.

Ma se dalla nascita di quest’ultimo governo, ancora una volta siamo ossessionati soprattutto del caso Berlusconi, delle dimissioni della Cancellieri, delle beghe interne al PD al PdL alias N.F.I. o degli altri contrasti di Scelta Civica e delle rampogne del padre-padrone del M5S verso i suoi portaborse, c’è poco da sperare e ancor meno di veder maturare qualche buon provvedimento sul piano economico-finanziario.

D’altronde ogni popolo ha il governo che si merita e certamente inveendo contro tutti e lanciando campagne di “mobilitazione generale” in ogni occasione, difficilmente si consente ai cittadini ad imparare a discutere in termini civili e ad apprendere l’arte della democrazia diretta, che presume sempre la capacità di proporre idee concrete e saper controllare e gestire i propri rappresentanti.

E a proposito dei logorroici signori della nostra politica-teatrale, a nessuno è venuto in mente di proporre e sostenere una campagna a favore del made in Italy, sia per quanto riguarda i prodotti nazionali e sia per tutte le ricchezze del nostro territorio. Nessuno si fa carico ad insegnare agli italiani a preferire i nostri prodotti nazionali, attraverso i mass-media, la politica, le associazioni e la scuola, rispetto ai prodotti che interessi economici-finanziari internazionali legati a pochi e scaltri personaggi nostrani, impongono ai nostri ingenui acquirenti.

Favorire il made in Italy significa in “soldoni” acquistare scarpe, indumenti, tessuti, generi alimentari, elettrodomestici, utensili che si producono in Italia da parte di lavoratori e aziende italiane. Tutti dovrebbero concorrere ad insegnare a far preferire ai nostri consumatori i prodotti locali, ancor meglio se a Km zero, tutti i “predicatori pubblici” dovrebbero contribuire a far comprendere che l’economia italiana “gira” se si produce in Italia, e che per far questo bisogna acquistare prodotti confezionati in Italia, piuttosto che lasciarsi abbindolare dalle “sirene” dei prodotti esteri, spesso di infima qualità e a prezzi stracciati per palesi sfruttamenti della manodopera dei Paesi produttori emergenti. Educare a saper riconoscere la qualità e la convenienza, soprattutto sul piano economico, del made in Italy, dovrebbe essere l’impegno di ogni politico e di ogni educatore rispettabile, piuttosto che avvallare le solite pubblicità esterofili.

Il made in Italy si promuove salvaguardando contemporaneamente le nostre ricchezze ambientali e gastronomiche, monumentali e artistiche, con campagne serie di promozione, prevenzione e di restauro, per attirare il turismo estero, senza depredarlo, e di converso invogliando il nostro turismo a dirigersi nelle splendide località italiane, invece di rompere “le anime” con le pubblicità di pacchetti di viaggi, sempre più esotici, che offrono ben poco, da ogni punto di vista, rispetto alle nostre belle località dalle Alpi alle isole.

Così semplicemente, chi vuol veramente fare qualcosa per l’Italia, chi vuol aiutare i nostri lavoratori, i nostri giovani, i nostri disoccupati, dovrebbe finirla di romperci i “gabbasisi” con le beghe della nuova e vecchia politica delle istituzioni e mostrare con atteggiamenti e scelte di vita coerenti, di voler contribuire ad attuare la vera democrazia, spingendo la “barca comune” verso un nuovo rinascimento culturale e civile, che pretende necessariamente onestà intellettuale coniugata al buon senso pratico.

 

Foto: Tim Lucas/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.132) 26 novembre 2013 14:21

    Personalmente, già cerco di fare quello che raccomanda l’articolo. Ma bisogna stare molto attenti con il protezionismo fai-da-te. Se è un processo esclusivamente lasciato all’iniziativa individuale, senza un chiaro e organico indirizzo politico ed istituzionale, oltre che inutile può addirittura sortire l’effetto opposto.
    La difesa del prodotto nazionale va fatta con criteri opposti al protezionismo di stampo fascista, quello per intenderci che portava all’autarchia: vanno corretti con provvedimenti mirati le concorrenze sleali, basate sullo sfruttamento della manodopera e sulla produzione indifferente alle problematiche ambientali.
    Siamo un Paese senza materie prime e la nostra economia si sostiene con l’interscambio commerciale: benvenuta la concorrenza, quindi, ma tra nazioni con regole simili o assimilabili.
    C’è poi da risolvere il problema di una finta Unione Europea, in cui il più forte usa le regole comunitarie per conseguire un ingiusto vantaggio nel confronto con i Paesi più deboli: questo è un’altro tipo di concorrenza sleale, forse persino più pericolosa delle altre.

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