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Il Governo non è eletto dal popolo: la costituzione, questa sconosciuta

Da una visione distorta degli assetti istituzionali derivano i problemi più grandi per la salute di una democrazia. Il tutto contornato da mass media e politica del consenso.

Era il 23 Giugno 2009 e in una missiva indirizzata al quotidiano della famiglia Berlusconi “il giornale”, il Ministro dei beni culturali Sandro Bondi dopo aver definito il quotidiano Repubblica come “una specie di ’superpartito’ che costituisce da tempo l’insidia più grande per la democrazia", prosegue nell’invettiva aggiungendo che “Scalfari è abile nel descrivere un regime corrotto e morente, contro il quale il suo quotidiano ha lanciato l’offensiva finale, trascinando con sé anche il Corriere della Sera e ciò che resta della sinistra, mentre la realtà è che un governo democraticamente eletto subisce un’aggressione sistematica da parte di un centro di potere economico e politico, che non può vantare alcuna legittimità democratica né morale, sulla base di una campagna scandalistica paragonabile alla pesca con lo strascico".

Ciò che salta agli occhi, o che almeno dovrebbe,  è la distorsione che viene fatta da Bondi quando afferma che il governo è “democraticamente eletto”.

Il Governo della Repubblica non è un organo ad elezione democratica. Bondi si confonde, per ignorantia legis o per opportunismo (decidete voi), con il Parlamento che è, in effetti, eletto a suffragio universale ex art. 56 della nostra Costituzione. Il Capo del Governo, invece, viene nominato dal Presidente della Repubblica ex art. 92 e quest’ultimo procede alla nomina dei ministri, su proposta del Capo del Governo.

 Il messaggio che da tempo viene inviato ai cittadini, soprattutto grazie ai mass media, è quello di un Governo democraticamente votato che in questo momento sta subendo attacchi di ogni tipo, principalmente ad opera della stampa, definiti addirittura ai limiti dell’eversione.



L’affermazione di Bondi e, più in generale, il pensiero che si percepisce all’interno della coalizione di Governo, deriva da un’errata concezione degli assetti costituzionali presenti oggi in Italia.

Il Parlamento, complice anche la forte maggioranza di centro-destra, viene considerato come una semplice appendice del Governo che, nella realtà dei fatti, è diventato il vero organo legislativo, sostituendosi di fatto al Parlamento. Questa tesi viene confermata dal continuo ricorso alla decretazione d’urgenza (34 decreti dall’inizio della legislatura) che rappresenta una vera e propria espropriazione della funzione legislativa spettante al Parlamento ex art. 70 Cost. Rafforzano la tesi di cui sopra anche certe dichiarazioni del Presidente del consiglio che, all’assemblea annuale di Confindustria, definisce il Parlamento “pletorico, inutile e controproducente”.

Risulta più logico affermare, invece, che una sorta di eversione viene perpetrata dal Governo stesso che, in un momento di profonda crisi politico-istituzionale, tende ad accentrare presso di sé tutti i poteri dello Stato come mai è stato fatto dalla nascita della Repubblica. Accentramento che diviene ancora più pericoloso a causa della mancanza di controllo dell’opinione pubblica sull’operato dell’esecutivo, dovuta alla concentrazione dei mezzi di comunicazione nelle mani di chi è capo del governo e al rifiuto da parte del governo stesso di ricevere critiche dalla carta stampata che viene vista come un “nemico” e “un’insidia” e non come un “contropotere” necessario per la salvaguardia e il buon funzionamento della Democrazia. Gli stessi mass media (in particolar modo la televisione) contribuiscono altresì a distorcere la definizione di consenso. Il consenso, come lo si intende oggi, è lo strumento che giustifica e legittima qualsiasi atto del Governo. Nel nome del consenso, per fare degli esempi, sono stati approvati il Lodo Alfano e a breve sarà approvata la stretta sulle intercettazioni.  

In realtà, una scelta legislativa, qualunque essa sia, deve presentarsi non solo come espressione e volontà di una maggioranza politica, ma anche come manifestazione di un vero e proprio “consenso sociale” che deve essere realmente esistente e che, obiettivamente, negli esempi di sopra non può essere rintracciato.

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