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 Home page > Tribuna Libera > I ricchi se la ridono

I ricchi se la ridono

Un interessante riquadro di “Affari in Piazza” a firma di Andrea Greco su Repubblica di qualche settimana fa è titolato “Se i ricchi non piangono”.

Il titolo avrebbe potuto essere più incisivo, ma fa comunque capire che l’argomento è quanto i più facoltosi hanno subìto dalla perdurante e angosciante crisi economica che viviamo. La risposta è “poco e niente”.

Pare che un recentissimo censimento specifico abbia attestato che “i milionari italiani sono scesi solo da 170mila a 168mila” nonostante, ci fa notare l’autore, che il PIL sia rimasto stagnante, i risparmi complessivi si siano ridotti e che la Borsa nel frattempo abbia perso ben un quarto del suo valore.

In pratica solo l’1,3 % dei milionari deve aver perso qualcosa se ha smesso di essere milionario. Naturalmente questo non ci dice tutto perché se uno aveva un patrimonio di un milione e dieci euro può aver perso per strada anche solo undici euro per non essere più considerato tecnicamente un “milionario”, ma tutto sommato si capisce bene che i paperoni d’Italia non hanno sofferto molto; da qui il titolo “i ricchi non piangono”.

L’autore deduce da questi dati che i nostri ricconi non frequentano la Borsa, non frequentano gli investitori o i banchieri e che ovviamente (ma questo lo sapevamo già) nessun governo, né politico né tecnico, ha mai ritenuto opportuno andare da loro (dove i soldi stanno) a chiedere di contribuire con una bella patrimoniale al disastro contabile e finanziario del bel paese. Meglio tagliare pensioni e buste paga facilmente individuabili e sforbiciabili.

Nonostante, e qui viene il bello, che alcuni supericchi abbiano proprio chiesto di poter essere tassati con una patrimoniale (magari 'una tantum') per abbassare il fatidico e gigantesco debito pubblico italiano.

Così mentre gli esodati stanno esodando (da Esodo, vale a dire la quarantennale traversata del deserto raccontata dalla Bibbia verso una terra promessa che sarebbe quella della Pensione dove scorrono fiumi di latte e miele, ma nient'altro), i pensionati languono, i precari traballano e i Neet (Not in Education, Employment, Training) continuano a non fare niente - immagino con effetti deprimenti in modo devastante sulla loro psiche - qualcuno continua a tuffarsi nella sua piscina piena di dobloni d’oro. Lo dicono le statistiche, non io. Per questo ho preferito titolare diversamente con “i ricchi se la ridono” piuttosto che con un “non piangono” troppo soft.

Pensavamo che fosse il governo Berlusconi-Tremonti a non voler toccare i grandi patrimoni (dal momento che c'erano interessi privati in ballo), ma adesso al governo ci sono i professori guidati da Mario Monti, reduce dalla bella vittoria di Bruxelles. Le cose avrebbero potuto forse cambiare se - dietro, a tirare le fila con il costante ricatto della crisi di governo - c'è sempre lui, il Grande Timoniere dalla capigliatura asfaltata.

Resta la domanda: con questi soldi, con questi patrimoni più o meno grandi, che ci fanno ?

L’unica cosa che mi consola è la implacabile legge del mercato: se si vuole che la gente torni a comprare in quell’indecifrabile e poco comprensibile giostra della crescita perpetua ed infinita, è necessario che qualcuno gli metta a disposizione dei quattrini belli freschi e fruscianti oltre che un po’ di rosea speranza nell’avvenire. Sennò il circo si ferma del tutto. E questo probabilmente nemmeno i paperoni lo vogliono.

Non lo possono volere né i “mercati”, né gli speculatori, né i banchieri, né i trafficanti internazionali di droga né i piccoli spacciatori, né le mafie né gli intrallazzatori politici. Se il popolo non spende, tutti i grandi profittatori smettono di profittare. E fine della storia, anche per loro. Dovrebbero riciclarsi come pensionati a dare briciole ai piccioni, magari in un resort di lusso. Che tristezza. Se il popolo non spende è la fine del capitalismo. Che sia questo, stringi stringi, il vero ‘potere al popolo’ ?

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