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I barconi di Lampedusa e il Papa

Oggi il Papa si è recato a Lampedusa per fare ricordare a tutto il mondo la tragedia dell’emarginazione. Dei poveri rispetto ai ricchi, degli ultimi della Terra rispetto ai potenti, delle nazioni devastate dalle dittature, dalle guerre, dalla fame e dalla sete, rispetto ai Paesi opulenti, dotati di cibo in abbondanza, ricchezze di ogni tipo e armi per difendere i loro privilegi e i loro beni.

E lì di fronte all’ultima spiaggia, dove iniziano o muoiono le speranze per un futuro diverso, abbiamo tutti l’opportunità di ricordare, senza tanta retorica, la storia di secoli dell’uomo e delle sue lotte per la sopravvivenza. Dei vecchi e nuovi colonialismi, frutto della nostra cattiva coscienza, della nostra storia di violenze e di negazione del diritto. Come ha dimostrato la storia europea in Eritrea, in Etiopia, in Algeria, in Tunisia, in Libia, e in moltissimi altri Paesi dell’Africa, dove negli ultimi secoli abbiamo portato solo distruzione e morte.

Il viaggio del papa è, perciò, un segnale, un monito. Un grido contro la continua disumanizzazione e contro lo spreco. Di risorse umane, di intelligenze. Al di sopra dei confini della legge. Perché nessuna legge potrà mai negare i diritti universali dell’uomo: alla vita, alla felicità, al benessere.

Immagino che questi concetti elementari ispirano papa Francesco a muovere i suoi passi fino al punto in cui mai nessun papa si era spinto: il lungo confine dell’inferno che separa gli uomini tra di loro. Un limite reale e simbolico al tempo stesso, dove mondi opposti si scontrano con armi impari e senza mediazione alcuna. Come se questo scontro di civiltà, di uomini e culture, riguardi soltanto un limite geografico e non anche la responsabilità dei Paesi più sviluppati dal punto di vista delle risorse economiche e tecnologiche.

Si tratta di un passaggio assai significativo del pontificato di Francesco, in questa sua fase di inizio così fortemente orientata verso gli ultimi e verso un modo nuovo di essere cattolici e cristiani oggi. Perché agostinianamente la fede senza le opere è morta. Nella scelta del papa c’è, dunque, una spinta concreta e realistica. Un appello alla solidarietà e alla reale fratellanza fra gli uomini. E non un semplice attuarsi di regole statuali e amministrative.

Se mi è consentito dire, la sua è una sfida della realtà contro la freddezza delle mere norme, o il trincerarsi dietro gli scenari della finzione. Che è quanto stiamo vedendo in questi giorni di fervido lavoro di addobbo scenografico nelle spiagge e nel paese di Lampedusa. Siamo sempre lì: pur essendo immersi nei problemi che ci travolgono facciamo finta di essere altrove per costruire uno scenario fittizio che ci piace. Quello della cartolina illustrata.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di illupodeicieli (---.---.---.140) 9 luglio 2013 10:42

    Non mi trovi perfettamente in sintonia, infatti dopo aver letto diversi articoli circa la visita di Francesco a Lampedusa, scriverò un post sul mio blog . Che cosa non mi convince? Mi pare che si tende a voler livellare verso il basso non solo la qualità della vita, intesa come poter fare tre pasti al giorno, dedicarsi alla cura del proprio corpo, elevare lo spirito , potersi e volersi divertire. Invece non mi pare si voglia andare e spingere le persone verso questa direzione, ma anzi mi ricorda quando i sacerdoti, negli anni 60, mentre mangiavi un bel panino con la marmellata o un cioccolato, ecco che ti ricordavano dei bambini del Biafra che muoiono di fame! Capisco bene che ci sono persone che muoiono di fame e sete, denutrite, ma dispiace anche che si fa cenno in generale alle guerre, alle armi , allo sfruttamento delle risorse dei paesi "poveri" privandoli delle royalties, costringendo i cittadini a emigrare perché si favoriscono dittature locali o si esporta (a modo Usa) la democrazia, si uccidono capi di stato, si rovesciano governi e si promuovono rivoluzioni colorate con o senza pussy riot. Ma di gran parte di queste cose Francesco non ne fa menzione, se ne parla si tiene molto sulle sue: e non mi si dica che non può farlo perché capo di stato. Sia il vostro parlare sì sì no no: almeno così è scritto nei vangeli riconosciuti. C’è un altro aspetto ed è quello che riguarderà il mio post e riprendo questa tua frase " Perché nessuna legge potrà mai negare i diritti universali dell’uomo: alla vita, alla felicità, al benessere" per inserirlo. Ecco vedi a me come fallito proprio la legge mi ha impedito di fatto di vivere, o almeno mi ha già privato di quasi 10 anni di versamenti contributivi,mi vieta l’accesso al credito, mi ha privato di uno straccio di benessere acquisito (lavoro quando posso in nero, non ho c/c, nè email certificata, vivo a casa dei miei, elemosino qualcosa da parenti).Non entro nello specifico perchè l’ho già fatto dal 2004 fino a un anno fa quando il blog su leo.it era ancora visibile, ma voglio osservare come certe frasi e comportamenti, dello stato e della chiesa, alimentino una guerra tra poveri, tra chi aveva qualcosa, e l’ha persa (le cause e altro si possono valutare) e chi non aveva niente e li hanno tolto la possibilità di riprendersi e gestire le proprie ricchezze (anche qui sugli immigrati si può discutere sul perchè e percome).Ma il punto è che vedere un occhio di riguardo per chi, non per colpa sua, affronta e vive ciò che talvolta ci viene raccontato dai media, e vedere come vengono trattati i casi delle persone che falliscono, che poi perdono ogni possibilità di reinserimento, e come già avviene per i protestati e per i cattivi pagatori, non viene offerta nessuna scappatoia. Ci sono i centri di ascolto? Ci siete mai andati?Avete chiesto a chi gestisce i fondi di aiutarvi? Ebbene io l’ho fatto e con risultati ...da suicidio: vi risponderanno che non ci sono soldi, che ce ne sono pochi, che sono tante le persone che chiedono. Ecco concludo con un pensiero che ho ,da anni, già esposto: sembra che a chi gestisce soldi e può aiutarti, faccia comodo e piacere che tu non possa riprendere a camminare con le tue forze, con le tue gambe, per cui fanno in modo che tu o non riprenda a camminare o che abbia sempre bisogno di loro (per cui non verrai mai messo in condizione di diventare autonomo). Quindi una politica per gli immigrati c’è o la si sta studiando, per chi è nato e cresciuto qui non c’è.

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