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Governo: la scoperta della crisi e del conflitto d’interessi. Un riassunto

Clamoroso al Cibali! Berlusconi scopre che siamo in crisi, dopo averlo negato per anni, e confessa in Parlamento il suo osceno conflitto di interessi parlando delle sue aziende quotate in Borsa.

Ma la distinzione che non fa (perché non gli conviene) è tra una crisi normale, ciclica, per prevede una ripresa dell’economia, e una crisi di sistema, strutturale, che è quella che ci attanaglia, in cui più fattori economici si sommano e portano verso la bancarotta (situazione in cui siamo virtualmente).

Il più pesante di questi fattori è il tasso di interesse che lo Stato paga ai sottoscrittori di Buoni del Tesoro, ora attorno al 6%, che è insostenibile, in quanto fa aumentare il volume del debito pubblico arrivato alla stratosferica cifra di 1.900 miliardi di euro, fattore che ci espone senza difese ad ondate speculative o vendite di privati e banche che il nostro Tesoro non è in grado di onorare.

L’altro fattore decisivo è che la nostra economia non tira più, non cresce, non per poca produttività, ma semplicemente perché la globalizzazione ci ha rubato dei mercati, altre economie crescono e alcuni segmenti di mercato li abbiamo perduti per sempre.

Quindi la fantomatica crescita che tutti invocano, semplicemente non è possibile e non ci sarà e non è per quella via che si può uscire dalla crisi.

Un esempio che può valere per tutti è la crisi della Fincantieri, che non ha più commesse per costruire navi in quanto gli acquirenti internazionali ora le comprano da Cina e Corea del Sud, dove costano di meno e le consegnano prima.

Se continueremo a restare nella globalizzazione, dunque nella WTO, nel FMI, nelle maglie dell’Europa, nelle alleanze militari atlantiche, nelle assurde spese per gli interventi militari all’estero, il nostro declino è segnato, e suonano enormemente ridicole le parole ad altissimo livello che dicono che il nostro prestigio internazionale ci obbliga a questi comportamenti, ma non si dice che il prestigio non si mangia e che siamo senza futuro.

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