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Report: la sicurezza sulle strade, gli abbattimenti indiscriminati delle bufale e il rischio sismico dei Campi Flegrei

I servizi della puntata di Report: Bufale senzienti, Seduti sul vulcano e Nel Posto giusto. 

BUFALE SENZIENTI Di Bernardo Iovene

Anziché vaccinare i capi, nel 2019 la regione Campania ha deciso di abbattere tutti i capi che si sospettava fossero ammalati di Brucellosi (almeno il 20% di casi sospetti in un allevamento, questo diceva la legge). Poi nel 2022 il piano è cambiato, anche perché si scoprì che molti dei capi abbattuti non erano ammalati.
La campagna di vaccinazione è stata interrotta nel 2014 in Campania, quando la brucellosi era stata quasi eradicata: dal 2022 la vaccinazione è stata introdotta nuovamente ma solo ai vitelli di 1 anno, gli altri vanno abbattuti.

Gli indennizzi della regione non bastano agli allevatori per ripopolare l’allevamento, che devono anche accollarsi i costi di messa in sicurezza delle stalle.
Ma c’è anche da ripulire i canali d’acqua attorno agli allevamenti, perché il batterio si nasconde lì: la bonifica spetterebbe alla regione e non agli allevatori, molti dei quali trovandosi nuovamente a dover abbattere i propri capi hanno deciso di interrompere la produzione.

Fu l’ex presidente del Consiglio di Stato Frattini il primo a sollevare il problema giuridico degli abbattimenti massivi delle bufale: su 8187 bufale abbattute solo 80 erano state ritrovate positive alla brucellosi nel 2020.
A tutto questo si è giunti perché la regione e l’ASL hanno scelto la politica dei casi sospetti, perché erano metodi facili da gestire: anche per questo Frattini aveva bloccato la pratica degli abbattimenti – lo aveva spiegato a Report in una intervista poco prima di morire – con delle ordinanze che coinvolgevano nelle analisi l’istituto zooprofilattico e l’istituto superiore di Sanità.
Il sospetto della presenza dell’infezione non basta per ammazzare tutti gli animali, anche loro hanno dei diritti: ora l’ASL sta rifacendo le analisi sui capi, ma le norme sugli abbattimenti non sono state revocate.
Dovrebbe essere il ministero della Salute a fare chiarezza, per sospendere i piani di abbattimento: ma tra ministero, commissario straordinario, presidenza della regione, nessuno ha accettato l’intervista.

Report ha così sentito i sindacati degli allevatori, come Coldiretti, che hanno sposato la linea della regione, per il principio del dubbio e per la sicurezza della nostra salute.

Ma allora come mai gli animali macellati, per il principio del dubbio, sono stati destinati al consumo? Quella carne ce la siamo mangiata noi (il macello a cui si è rivolta la regione faceva riferimento al gruppo Cremonini).
I problemi degli allevatori campani sono arrivati in Parlamento: i deputati chiedono la fine del commissariamento della regione, la fine del piano di eradicazione voluto da De Luca, anche perché nel frattempo gli allevatori hanno iniziato uno sciopero della fame.
Il ministero ha nominato un nuovo commissario, ma non è cambiato nulla: a Report parla il presidente del coordinamento degli allevatori, gli allevatori vogliono i numeri senza doversi ogni volta rivolgere alla magistratura.

NEL POSTO GIUSTO Di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella

Il servizio sulla sicurezza nelle strade è cominciato con la storia di Francesco Valdisseri, investito da una macchina mentre camminava su un marciapiede, nel posto giusto. Era la ragazza al volante della macchina che l’ha ammazzato ad essere nel posto sbagliato: colpa dell’eccessiva velocità e dello stato di ubriachezza, in una strada dove pochi rispettano i limiti di velocità, via Cristoforo Colombo.
3159 sono stati i morti in un incidente stradale nel 2022: dieci morti l’anno tra ciclisti e automobilisti, senza contare i feriti.
L’introduzione del tutor e della patente a punti aveva ridotto il numero dei morti, nei primi anni duemila erano a 7000 circa, poi però sono saliti, anche per colpa delle scelte politiche fatte.
A giugno scorso il governo ha dato via libera al nuovo codice della strada, toccando anche il tema degli autovelox: per mettere a norma la “giungla” degli autovelox, accusando velatamente i comuni di fare cassa con questi controlli.
Eppure le evidenze raccolte da Report, con la polizia locale di Verona, di Ravenna, dicono il contrario: l’effetto deterrente sugli automobilisti fanno si che le multe dopo una impennata iniziale, si stabilizzano.

Salvini si è basato sul lavoro di un sito scdb (secondo cui in Italia ci sarebbe il 10% degli autovelox nel mondo), che però da numeri che non convincono, perché non contano tutte le nazioni: così Salvini, attento alla pancia del paese e del suo elettorato, ha deciso di limitare l’installazione di autovelox, nelle città sotto i 50 km orari.

Per controllare la velocità servono le pattuglie, secondo il decreto Salvini, siccome però mancano le pattuglie per tutte le scuole, queste rimarranno senza controlli.

Ma gli autovelox bloccano le città, l’economia, creano code? Ad Olbia la giunta di centro destra ha imposto per la prima volta diverse strade a 30 km all’ora.
Il decreto Salvini azzoppa il suo provvedimento? “Metto l’autovelox mobile, metto il telelaser e il controllo lo faccio, non possono essere vietati, altrimenti quando muore un bambino perché uno stava correndo, chi paga? Paga il ministero? Io non penso che il DG del ministero dei traporti che ha predisposto la direttiva abbia voglia di avere sulla propria coscienza un morto in più.”
“La destra fa un codice della strada di destra” è il commento di Luca Valdisseri “dove la parte repressiva e punitiva è molto forte, la parte di controllo della velocità è assente. Ringrazio Salvini di essersi occupato del tema, però ci volevano dei correttivi anche su quella parte che il suo elettorato vede con meno piacere ..”
Noi siamo uno dei pochi paesi che segnalano prima la presenza di un autovelox: “la gestione in Italia degli autovelox è demenziale …”

Sugli autovelox si è abbattuta una sentenza della cassazione, sulla loro approvazione e non omologazione: il processo di approvazione in uso non equivale alla sua omologazione, una falla che rischia di mettere nei guai molti comuni italiani, le prime 20 città italiane nel 2023 hanno incassato dalle multe per eccesso di velocità circa 73 milioni di euro che servono soprattutto per rifare illuminazione pubblica, manti stradali e manutenzione.
Diversi comuni hanno spento i loro autovelox, dovendo scegliere tra la tutela della sicurezza e il dover pagare i ricorsi ai cittadini, hanno scelto la seconda strada: toccherebbe al ministero fare le omologazioni, ma stiamo ancora aspettando da 30 anni.
La scelta del ministero di Salvini è stata politica, così nel paese sono nati diversi giustizieri degli autovelox, come Fleximan, che hanno abbattuto diversi dispositivi, costringendo le amministrazioni a dover fare altre spese per la loro ricollocazione.

Perché gli autovelox salvano vite umane: un incidente stradale non è una cosa ineluttabile, la narrazione contro gli autovelox è stata intossicata dalla politica per accontentare quegli automobilisti restii ai controlli.

Altro che mito di Fleximan, c’è di mezzo la tutela della vita delle persone.

Nelle 16 ore della morte, nel fine settimana, si sono concentrate 374 morti tra il 2022 e il 2023: sono le ore in cui le pattuglie della polizia monitorano le strade della movida, per controllare gli automobilisti, ma ci sono chat e app dove si segnalano i posti di blocco.

Sono chat dove i messaggi si distruggono dopo poche ore: uno dei gruppi Telegram di Verona riesce addirittura ad anticipare dove si piazzeranno i posti di blocco,

Siamo un paese di furbi, sulla pelle delle persone: queste app per evitare le multe, come Waze comprate da Google, sono alimentate dagli utenti stessi, che fanno da palo quando vedono un posto di blocco.

Il ministero dell’Interno dovrebbe bloccare queste app, vietando la pubblicazione di zone e orari dove ci sono posti di controllo: Google perderebbe fatturato se togliesse questa app, dunque perché farlo?

Le auto moderne sono più sicure, con tanti airbag, ma la presenza di display enormi, di tipo touch, rischia di creare problemi di distrazione ai guidatori: Euro NCAP, la società che certifica la sicurezza delle auto ha lanciato il suo allarme contro questi touch screen e le aziende automobilistiche potrebbero perdere tutte le stelle.

L’Europa aveva invitato tutti i paesi a produrre un piano nazionale di sicurezza stradale, per arrivare nel 2050 a 0 morti sulla strada: il ministro Giovannini aveva elaborato un suo piano, ma con l’arrivo del ministro Salvini è cambiata la composizione del comitato per la sicurezza stradale, i cui componenti sono stati nominati solo a fine 2023.
Questo comitato per il coordinamento del piano per la sicurezza non si è mai riunito: siamo molto lontano dalla riduzione del 50% dei morti entro il 2030.

Il piano Giovannini prevedeva anche un osservatorio nazionale sugli incidenti, ma in assenza di un tale strumento nazionale, sono le associazioni delle vittime della strada che devono colmare la lacuna. Scoprendo che i dati sui morti sulle strade sono sottostimati: in Italia non riusciamo nemmeno a contare i morti sulle strade (per circa il 10%), compito che spetterebbe ad Istat che si nasconde dietro il meccanismo contabile degli incidenti usati nel resto dell’Europa.
Mentre nel resto dell’Europa il numero di incidenti stradali è in calo e il numero di morti è sceso del -9%, in Italia stiamo andando in direzione contraria: tutto questo perché il piano della sicurezza stradale non prevede obblighi.

Ma in Italia non riusciamo nemmeno a creare le zone a 30km all’ora nelle città: contro questi limiti è partita una guerra ideologica, anche da questo governo, contro le città che avevano iniziato questa strada, come Bologna.
Piste ciclabili allargate, isole salvagenti per le persone, dossi per rallentare la circolazione delle auto, proteggere le persone, i ciclisti e non lasciare che le strade urbane siano piste.
Il sindaco Lepore è stato accusato di ammazzare l’economia: questi argomenti sono stati ripresi dal ministro Salvini che parla di scelta ideologica, di code di automobilisti, di maggiore inquinamento..
A Bologna si è creata una unione tra ex gruppi no vax e gruppi contrari ai limiti di velocità, saldati con l’estrema destra.

Anche i tassisti si lamentano di questi limiti, lamentando delle minori corse: il viceministro Bignami ha sostenuto la battaglia dei tassisti contro la direttiva della città a 30 km orari.
Ma ad Olbia, dove ci sono intere zone con questi limiti, non si è mica bloccata l’economia e la città: qui si sono registrati meno morti, dopo i nuovi limiti.

Tutta una questione elettorale per le europee, spiega così il sindaco di Olbia la scelta di Salvini.

Come funziona all’estero?
A Valencia la città a 30 km/ora ha reso la città più sicura, a misura d’uomo, si sono solo ridotti i tempi di consegna delle merci.

Qui si è puntato tutto su mezzi pubblici e bici: anche i tassisti sono felici di questi limiti perché con meno macchine in circolazione ci sono meno ingorghi.

Questi limiti sono presenti a Bruxelles, a Graz, Helsinki, Glasgow, Budapest.

Cosa c’è dentro il nuovo codice della strada?
Ci sono strette contro chi guida in stato di ebrezza, chi guida sotto l’uso di stupefacenti, contro chi guida col cellulare in mano. Multe più alte per eccesso di velocità.
Ma c’è dell’altro: ai neopatentati è consentito guidare auto più potenti, si fanno degli sconti a chi fa più infrazioni.

ACI è stata ispiratrice di queste norme, proprio Aci offre corsi di sicurezza alla guida.

Per controllare la velocità servono controlli, ma senza autovelox ci si basa solo sulle pattuglie della polizia locale e stradale: in questi anni però sono stati chiusi diversi reparti di polizia stradale nell’ottica del risparmio.

Sarebbe stato interessante ascolta il punto di vista di Salvini e del suo direttore generale, che però hanno declinato la richiesta.

Se vogliamo cambiare rotta sui morti nelle strade bisogna investire nelle strade, sui cartelli, ma va cambiata la cultura di chi si mette alla guida, non rispettare i limiti di velocità non rende fighi, non è un concetto di libertà. Di mezzo c’è la vita delle persone.

SEDUTI SUL VULCANO Di Giulia Presutti

La popolazione che vive nella zona dei Campi Flegrei deve convivere le scosse dei terremoti, vivono sopra un’enorme caldera che abbraccia diversi comuni attorno a Napoli, con 30 bocche eruttive attorno a cui negli anni sono state costruite tante case.
Ci sono 500-600 mila persone a rischio, racconta Mario Tozzi, invitando ad occuparsi della struttura e della sicurezza delle case.

Lo scorso anno il governo Meloni ha emanato un decreto per verificare lo stato delle abilitazioni, come quelle attorno alla solfatara di Pozzuoli, case che da una parte si affacciano sul golfo di Pozzuoli e dall’altra parte sull’inferno della solfatara.

A Pozzuoli non hanno ancora fatto controlli sulle case, per capire se sono in grado di sopportare le scosse: sono così i proprietari a chiamare i vigili del fuoco che verificano lo stato delle case.
Nel decreto campi Flegrei erano previsti 4ml per gli edifici privati e 800 per gli edifici pubblici: ma il decreto non prevede fondi per risistemare le case, prima va fatta una fotografia dell’esistente.
La situazione oggi è che, chi può, dorme fuori casa, gli altri dormono col pensiero della scossa.

Mancano i controlli alle case, manca un vero piano di evacuazione, manca una vera esercitazione per la popolazione per spiegare loro come comportarsi in caso di sisma.
Nel 2019 circa 4000 cittadini parteciparono ad una esercitazione in caso di allarme per eruzione vulcanica: i piani di previsione dei terremoti hanno una percentuale di prevedere l’evento pari al 20%, non è possibile essere certi di una previsione al 100%.

Oltre al problema della previsione dello scenario, c’è il tema dell’accoglienza: le persone dell’area interessata finiranno anche fuori regione, nelle regioni gemellate, per evacuare in 72 ore 500mila persone. Ma non tutte le regioni non sono ancora pronte, alcune prevedono di ospitare le persone nelle tende.

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