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Gli Highlander del calcio (Parte I)

"Vecchi a chi?" risponderebbero ai detrattori che li accusano di aver perso lo smalto di un tempo. Ecco una rassegna di calciatori cui solo la carta d'identità tradisce la sete di sfide e l'entusiasmo da ventenni. Precisazione: si tratta di giocatori nati almeno 1978 e tuttora militanti in un campionato europeo. Altri criteri presi in considerazione sono la difficoltà dei campionati, il peso specifico all'interno della squadra e la frequenza d'impiego. Di seguito, la prima parte:

   

RYAN GIGGS (Ala, Manchester United, 1973): Per delineare un quadro preciso, basta un’occhiata alle statistiche: più di 900 incontri ufficiali con la maglia dei Red Devils (680 in campionati) conditi da 163 gol complessivi e da una pletora di trofei (12 Premier, 2 Champions League, 4 FA Cup, 1 Mondiale per Club, solo per citarne alcuni). Ala, seconda punta e all’occorrenza mediano, fa del dribbling, della tecnica e della duttilità i suoi cavalli di battaglia. Ancora sulla breccia a 39 anni suonati, un unico rammarico: l’essere il miglior giocatore gallese di sempre non è bastato a garantirgli la presenza al Mondiale (colpa della mediocrità perenne in cui versa la selezione gallese). Professionista esemplare in campo per quanto concerne impegno e abnegazione, da rivedere il comportamento fuori dal rettangolo di gioco (chiedere alla cognata e al fratello Rodney per un’ulteriore conferma).

 

GIANLUIGI BUFFON (Portiere, Juventus, 1978): La tradizione vuole che i giocatori agonisticamente più longevi siano i portieri. A stupire è però la costanza di rendimento cui l’estremo difensore bianconero ci ha abituato da ormai 17 anni (l’esordio in campionato risale ad un Parma-Milan 0-0 del 19 novembre 1995). Portato alla Juventus nel 2001 dall’allora d.g. Luciano Moggi (35 milioni di euro in aggiunta al cartellino di Bachini) vanta tra l’altro 3 scudetti, 1 Coppa Uefa (con il Parma) e il Mondiale 2006 con la Nazionale. Carattere guascone, si tratta di un giocatore carismatico capace di infondere sicurezza a tutto il reparto e che ha nella reattività e nel piazzamento le doti migliori. Uniche pecche: la scarsa predisposizione nel neutralizzare rigori ed alcuni comportamenti perlomeno discutibili fuori dal campo (più volte accusato di apologia di Fascismo)

 

DANIEL VAN BUYTEN (Difensore, Bayern Monaco, 1978): Centrale difensivo belga, giunge in Baviera nel 2006 dopo aver militato in Standard, Marsiglia, Manchester City e Amburgo. Si guadagna immediatamente il posto da titolare custodendolo gelosamente per 5 stagioni. Sopperisce alla lentezza e alla scarsa mobilità con l’abilità nel gioco aereo, forte di un’imponente stazza fisica (196cm x 96kg) grazie alla quale riesce a farsi valere anche nelle aree avversarie (lo testimoniano gli oltre 60 gol realizzati in carriera, cifra inusuale per un difensore). L’impressione è che nella stagione in corso l’arrivo del brasiliano Dante rischia seriamente non garantirgli più lo status di intoccabile al centro della difesa, anche se potrebbe giocare a suo favore la mancanza di alternative valide(Boateng è più un terzino)

   

FRANK LAMPARD JR. (Centrocampista, Chelsea, 1978): Idolo dello Stamford Bridge, tanto da essere eletto dai tifosi blues “Giocatore dell’anno” nel 2004 e nel 2009. Debutta nel West Ham, cresce nel Chelsea targato Ranieri (esordio il 19 agosto 2001,Chelsea-Newcastle) per ergersi definitivamente a centrocampista più prolifico d’Inghilterra sotto la guida di Mourinho, facendo incetta di trofei. Buona tecnica, ottimo rigorista, rende al meglio nel ruolo di centrocampista centrale, dove può sfruttare il tiro dalla distanza e la facilità di inseriment (qualità che gli hanno fruttato oltre 200 gol in carriera). Dopo il mondiale in Sudafrica pareva aver imboccato definitivamente il viale del tramonto. Con Di Matteo ha invece dimostrato che, se centellinato, può ancora apportare un contributo determinante alla causa.

 

HELTON DA SILVA ARRUDA (Portiere, Porto, 1978): Approda al Porto nel 2005 e dopo un inizio stentato, con Adriaanse in panchina si impone come titolare a scapito del mostro sacro Vitor Baìa, leggenda vivente del club di Oporto. Non un fenomeno, ma un mestierante di buon livello che garantisce nel complesso un rendimento costante (al netto delle occasionali amnesie). Punto fermo del Porto-pigliatutto in patria (6 campionati portoghesi vinti negli ultimi 7 anni), si toglie la soddisfazione di alzare da capitano l’Europa League 2010/11. Vanta 6 presenze nella Selecao.

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