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La verità sull’intervento militare in Libia

L’intervento NATO in Libia è stato ampiamente giustificato dal fatto che in Libia si fosse instaurato un regime di tipo totalitario, in cui il Colonnello Libico Mu’ammar Gheddafi, al potere da oltre 40 anni, negava alla popolazione i più fondamentali diritti umani, reprimendo ogni forma di dissenso, finanziando, altresì, il terrorismo internazionale. 

Miliziani libici nel 2011

Questo sarebbe stato il pretesto principale che avrebbe legittimato l’operazione militare sul territorio sovrano libico. Pretesto legittimo, se così fosse, peccato che la verità è un’altra: Gheddafi, come già anticipato, governava la Libia da oltre 40 anni, mostrando, fin da subito, una certa propensione al totalitarismo ed alla repressione dei diritti fondamentali, finanziando, in più occasioni, gruppi di terroristi e milizie armate, specie tra gli anni ‘70 e ‘80, ma nessuno si era sentito “in dovere” di intervenire militarmente. 

Quando si è deciso di farlo, e cioè nel 2011, le ragioni alla base erano certamente diverse da quelle “propagandate”: era ormai risaputo che Gheddafi rappresentava un “competitor” serio per gli Stati Uniti e per l’Occidente, che avrebbe potuto sottrarre loro un certo “prestigio” dalla scena internazionale. Gheddafi, che accumulava sempre più potere e visibilità, fattori che avrebbero potuto far perdere l’appetibilità verso USA ed Unione Europea, analogamente a quanto accadde con Saddam Hussein soltanto qualche decennio prima. 

E’ inoltre assai noto che la Libia era -ed è- un Paese ricco di risorse e materie prime, caratteristica che ha alimentato l’interesse ad intervenire: quegli stessi Paesi che hanno attaccato la Libia, erano gli stessi che fino al giorno prima si facevano rifornire di gas e petrolio dalla Libia di Gheddafi, con cui avevano pure concluso vantaggiosi contratti; primi tra tutti, l’Italia, che vantava con il Colonnello Libico una solida amicizia. 

In termini “domestici” è necessario notificare che Gheddafi era stato il solo nel riuscire a garantire una certa stabilità politica ed economica alla Libia. Proprio per questo motivo, il Paese diventava via via uno dei Paesi più influenti sulla scena geopolitica internazionale; altro campanello d’allarme per i “poveri” USA.

A distanza di un decennio e oltre, la Libia versa invece ancora in uno stato di caos assoluto e di instabilità sociale e politica, dirette conseguenze dell’intervento (o meglio dellaggressione) militare NATO, che ha condotto a povertà, distruzione, debolezza, cattive condizioni di welfare, che invece Gheddafi aveva in qualche modo garantito. Una situazione disastrosa che va a beneficio di “qualcun’atro” e s’immagina già di chi. 

La Libia è ora terreno fertile per movimenti neo-imperialisti che a vario titolo vogliono appropriarsi delle ricchezze naturali che custodisce, facendo leva su povertà e destabilizzazione. 

Ad oggi, è stato opportunamente riconosciuto, da parte di alcuni Studiosi, Governanti e Politici, il gravissimo errore di effettuare quell’intervento, non solo perché la Libia non ha più un Governo unitario disposto a trattare con l’Occidente (almeno non più di tanto), ma anche perché la destabilizzazione si ripercuote largamente su tutta la Regione, rendendo difficile qualsiasi tipo di approccio a carattere strategico e politico.

Ma, la cosa più grave, è che venti neo-imperialisti continuano a soffiare su quel territorio sfruttando non solo le risorse, ma anche la popolazione, alimentando le già presenti guerriglie interne; un circolo vizioso che contribuisce all’espansione dell’instabilità e della povertà, incentivi che invogliano gruppi terroristici a prendere il controllo della Regione e quindi ad espandersi sempre più rapidamente, minacciando la sicurezza internazionale.

Foto Wikimedia

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