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Giorgio Napolitano, l’insediamento: accolte anche istanze dei grillini

Tre bandiere sventolano di nuovo sulla torre del palazzo del Quirinale, quella italiana, in alto, quella europea e quella di Roma: il Presidente è di nuovo in sede. Lo sfreccio delle "Frecce Tricolori" sull' Altare della Patria lo avevano preannunciato.

Giorgio Napolitano è ora - finalmente! - di nuovo nei suoi pieni poteri e non come nell'ultimo semestre, quello "Bianco". Dunque ha facoltà di sciogliere le Camere, ed ha facoltà - come più di un passaggio del suo eccellente discorso di insediamento velatamente indica - di dimettersi anzitempo dal proprio mandato.

È l'estrema gravità della situazione economica - il debito pubblico ha ormai raggiunto il 130% del PIL - il primo motivo ad averlo spinto ad accettare. Il secondo è la manifesta incapacità politica proprio di quei partiti, e lo denuncia apertamente, che lo hanno spinto ad accettare un secondo mandato. Incapacità anzitutto istituzionale per non aver dato seguito al monito reiteratamente fatto, tanto da lui stesso quanto dal Presidente della Corte Costituzionale Gallo, di modificare con urgenza la legge elettorale, fonte di gravi squilibri che sono la radice dell'attuale crisi politica.

Denunciata con forza anche la grave carenza, già indicata a "squarciagola" da Grillo e dal M5S, della autoreferenzialità della politica e dei partiti ed il conseguente grave iato apertosi tra essi e la società. I partiti - così Napolitano - sono indispensabili alla democrazia, ma lo sono nella misura in cui dialogano con la società, con i cittadini, e li rapprsentano ascoltandoli. La disponibilità di Napolitano è perciò nella misura in cui i partiti hanno quella di prendersi le loro responsabilità, cosa che fino ad oggi non hanno voluto né saputo fare.

Insomma si ricomincia da ieri, da sei mesi fa, dal giorno prima dell'inizio del semestre "Bianco": "The day after tomorrow".

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