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Gaza: il conflitto mediatico

Ogni qualvolta Israele decide di reagire alle aggressioni dei propri vicini, la propaganda filoterrorista (e non filopalestinese, perché se così fosse appoggerebbe il popolo che non ne può più delle organizzazioni fondamentaliste o ultranazionaliste e corrotte come quelle di Hamas e Fatah) si risveglia dal suo torpore e rimette in moto quell’industria mediatica che è stata definita negli ultimi anni come “pallywood” e che niente ha da invidiare alla diffamazione e alle prediche contro gli ebrei condotte nei secoli passati.

Queste ultime settimane non hanno fatto eccezione, ma con una, forse due, novità: tra i giornalisti che hanno sempre privilegiato le fonti palestinesi e che anche questa volta avevano tenuto il minuzioso e macabro conteggio dei morti (quello comunicato dalle super citate “fonti mediche palestinesi” o di medici, come quello norvegese, sostenitore degli attacchi jihadisti, che pare facciano troppo spesso da portavoce dei peggiori terroristi della zona) e che hanno immediatamente condannato (senza processo né verifiche) la “strage della scuola dell’Onu (salvo poi accorgersi che lo scontro con i terroristi era avvenuto a diverse decine di metri dall’edificio) c’è stato chi ha avuto la faccia tosta di incolpare Israele anche di questo “Gran parte delle responsabilità di questa nebbia dell’informazione ricade sulle autorità israeliane, che hanno chiuso ai giornalisti la Striscia durante le operazioni.”




Questi giornalisti dimenticano che la fornitura di cifre gonfiate è una prassi che non è mai mancata, nemmeno quando tutti i media avevano libero accesso, senza nessuna restrizione. E’ successo a Jenin nel 2002, quando si parlò inizialmente di oltre il migliaio di morti, e poi venne fuori che erano rimasti uccisi solo 56 persone di cui la maggioranza terroristi armati in combattimento. Storia molto simile a Qana, in Libano nel 2006. Dimenticano anche che sono i giornalisti stessi a prendere parte attiva nella propaganda filoterrorista, come fu per il caso Al Durra: un bambino che muore in diretta tra le braccia del padre e solo dopo anni di indagini e di processi si scopre che il video girato e mandato in onda da France2 era solo uno spezzone di una montatura (montatura che è costata la vita a migliaia di persone!). O Tuvia Grossman, ebreo picchiato dai palestinesi e fatto passare dal New York Times per palestinese picchiato dai soldati israeliani. O ancora, la lettera di Riccardo Cristiano che ammise candidamente che era stata “Una delle reti private italiane, nostra concorrente, e non la rete televisiva ufficiale italiana RAI” a riprendere le il linciaggio di Ramallah di due malcapitati israeliani “ quella rete ha filmato gli eventi. (...) noi rispettiamo sempre e continueremo a rispettare le procedure giornalistiche dell’Autorità Palestinese per il lavoro giornalistico in Palestina” .

Si potrebbe citare anche la messinscena della ragazzina che si dispera davanti al cadavere di un congiunto sulle spiagge di Gaza, che costò a Israele la condanna immediata (anche lì senza processo!) per aver massacrato un’innocente famiglia che faceva picnic in riva al mare e che invece si rivelò essere la morte accidentale di alcune persone per lo scoppio di una mina nascosta appositamente tra le sabbie da Hamas come trappola per eventuali sbarchi israeliani. Anche quel che successe realmente non fu reso noto dai giornalisti che immediatamente accorsero a frotte, ma dopo alcuni giorni e in seguito a serie indagini israeliane.

Di esempi simili ce ne sono così tanti che ci si potrebbe scrivere un’intera enciclopedia, ma non c’è solo questo.

Sarà per la vicinanza con la Giornata che il Parlamento Europeo ha dedicato alla Memoria delle vittime della Shoah, o forse per un clima di crescente negazionismo conservatore e filonazista, ma la suddetta propaganda durante gli scontri a Gaza, ha alzato i toni e le aggressioni e le discriminazioni antisemite e razziste sono aumentate. Sempre più spesso si paragona la Striscia (il posto dove arrivano più soldi e aiuti umanitari che in tutta l’Africa) ad un lager, ad un campo di sterminio, i cui responsabili ovviamente non sono i capi di Hamas che rubano i generi di prima necessità per rivenderli a prezzi esorbitanti, o chi li ha votati, ma sempre e solo Israele.



Così, poco prima della negazione delle camere a gas da parte dei lefebvriani, in molti hanno ricevuto un’email con un link a un sito in cui accanto alle foto del ghetto di Varsavia e dei campi nazisti, si mostravano foto false o vecchie di anni di presunti palestinesi (a volte ebrei residenti nei territori contesi, a volte libanesi, probabilmente anche iraqeni) perseguitati, torturati e uccisi dai cattivissimi soldati israeliani. Non c’è bisogno di andare a Gaza per accorgersi che quelle foto sono prese da altri contesti e che vengono fotografati “morti” che resuscitano (seduti o in movimento), così come basta fare un giro nella rete per accorgersi che anche nel sito del PD (www.youdem.tv) si può trovare un video su Gaza, intitolato “holocausto”, come se l’autore (non smentito da nessuno dei partecipanti al sito) volesse far passare il messaggio che “le vittime di ieri stanno facendo ai Palestinesi esattamente quello che fu fatto a loro dalla Germania nazista", in un misto di demonizzazione degli israeliani e di banalizzazione della storia.

Tutto questo, durante il Giorno della Memoria è stato taciuto perché come sempre più spesso accade, si preferisce piangere gli ebrei morti (e dovremmo anche tenerci stretto, come “il meno peggio”, o lodare chi ancora lo fa, visto il rimontare del negazionismo e il dilagare del razzismo in genere) per demonizzare quelli vivi.

Non solo. Ora, nonostante tutto quel che è stato detto contro Israele e nonostante tutto quel che è stato appurato durante o dopo, in alcuni Paesi europei e non, ci sono segnali di un ulteriore passo “avanti” in questa aggressività verso non solo gli israeliani, ma anche degli ebrei: accanto alle svastiche, alle proposte (corrette, ma solo dopo le numerose proteste) di boicottare i negozi i cui proprietari appartengono ad una comunità ebraica, la Spagna, dopo aver cancellato le commemorazioni per la Giornata della Memoria per reazione – questa la scusa – all’operazione difensiva israeliana, ha impiantato un processo per i “crimini” dei militari israeliani. Non dei capi di Hamas che usano i civili come scudi umani, che hanno attaccato Israele e i suoi cittadini, ma nei confronti di chi tenta di difendersi. Così molti ufficiali dell’esercito israeliano non potranno mettere piede in Spagna e probabilmente nell’immediato futuro anche in altri Paesi europei, senza correre il rischio di essere immediatamente arrestati.

In Danimarca un direttore di una scuola pubblica ha consigliato ai genitori di bambini ebrei di non iscrivere i propri figli in quell’istituto perché frequentato da una maggioranza di alunni musulmani.

Se, speriamo di no, si dovesse proseguire su questa strada, gli ebrei non potrebbero vivere in Israele perché perseguitati e cacciati dagli arabi, non potrebbero vivere nei Paesi a maggioranza musulmana da cui sono già stati cacciati negli ultimi 60 anni, non potrebbero vivere in Europa perché non avrebbero diritto all’istruzione e alle libertà fondamentali. Sarebbe interessante sapere dove potrebbero essere cittadini a pieno titolo e vivere in pace.

 

Commenti all'articolo

  • Di malba (---.---.---.29) 10 febbraio 2009 18:47

    Non ci sono parole per esprimere il dissenso ed il ribrezzo che un tal articolo suscita; per fortuna la verità è palese perfino dalle notizie di fonti filo-israeliane visto che si impedisce alla libera stampa mondiale di accedere ai territori che "dovrebbero" essere palestinesi soggetti a diffusa devastazione ed "intelligente" massacro. Ma chi può credere a quelle infantili, pietose e non documentate "invenzioni" citate nell’articolo che vorrebbero invertire i ruoli di carnefice e di vittima? Il mondo civile non ha nulla contro gli ebrei ma ogni persona "normale" condanna e rifiuta la politica israeliana contro i palestinesi da cinquant’anni volta al loro fisico annientamento. Eppure il governo israeliano dovrebbe aver sperimentato sulla propria pelle che non basta la logica crudele e spietata dello sterminio a cancellare un popolo. Nessuno si meraviglia che un bambino palestinese cui è stata annientata la famiglia o che vive ingabbiato e privato di ogni possibilità di sostentamento e perfino della libertà personale non si trasformi in un kamikaze o sogni di lanciare i ciechi e quasi innoqui "tubi della stufa" moderna versione della fionda di Davide.
    Con il mio personale, profondo e definitivo disaccordo con l’articolista.

  • Di Antonio (---.---.---.19) 18 febbraio 2009 17:44

    Disprezzo. E odio pregiudiziale. Hai bene espresso ciò che accieca persone come te, che parlano di "fisico annientamento", di "cancellamento" o peggio di genocidio, sterminio, ecc. di un popolo che negli ultimi sessant’anni si è moltiplicato più di chiunque altro al mondo. Continua a difendere il fondamentalismo islamico e il terrorismo, prima o poi colpirà anche te e i tuoi cari: a nutrire i coccodrilli, con la pelle degli altri, ci si guadagna soltanto sul tempo, poiché la jihad globale non guarda in faccia a nessuno, nemmeno i musulmani che non la pensano come questi assassini vengono massacrati.

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