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Colloqui con Hitler

Generalmente è considerato un pazzo - anche se lucido - e molti lo definiscono un genio del Male. Tutti lo conosciamo, oltre che per la distruzione infernale che ha causato, per i suoi discorsi pubblici e per il suo tristemente celeberrimo testo programmatico e autobiografico.

Chi era, però, nella vita privata? Come si comportava con i suoi collaboratori? È possibile, forse, conoscerne più approfonditamente alcuni aspetti, grazie all’importante testimonianza di Hermann Rauschning che scrisse “Colloqui con Hitler”, ora ripubblicata in Italiano da Tre Editori, a cura di David Redles e grazie alla traduzione di Anna M. Baiocco.

Questo impressionante resoconto uscì per la prima volta in Francia nel 1939, sul quotidiano Paris Soir e poi in un libro dal titolo “Hitler m’as dit” (Hitler mi ha detto). L’anno dopo arrivò in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e infine in Svizzera. In quel periodo, anche nel nostro Paese circolò la versione francese, ma solo nel 1944, dopo la caduta di Mussolini, venne pubblicato in italiano, seppur sempre clandestinamente. Nonostante, infatti, non ci fosse più la dittatura fascista, la guerra continuava a devastare il nostro Continente e gran parte dell’Italia era ancora occupata.

Rauschning, che inizialmente fu a capo della Lega Agricola di Danzica, aderì al nazismo nel 1932. L’anno seguente, nella stessa città, venne eletto membro del Senato del quale divenne poco dopo il presidente. Nel 1934, però, si dimise sia dal Parlamento che dal partito e l’anno successivo emigrò in Svizzera. In quel breve lasso di tempo, in occasione dei vari incontri con il dittatore, ebbe spesso l’ardire di esprimere il suo dissenso, ma fu sempre respinto e cadde ben presto in disgrazia, a tal punto che, se poi non avesse espatriato, sarebbe stato sicuramente ucciso.

Nel dettagliato saggio tanti sono gli aspetti trattati dall’autore, sia caratteriali e psicologici che politici ed economici: oltre alla personalità di Hitler, nonché di alcuni dei suoi collaboratori e al rapporto che il dittatore aveva con gli altri, l’atmosfera che si respirava nel suo entourage, le intenzioni (e le prime azioni) di gestione interna ed economica, le mire espansionistiche, il razzismo, l’antisemitismo e le sue idee sulle Chiese cristiane. In particolare, sebbene siano ormai noti, colpiscono i livelli di ciclotimia, di fobie, di depressione e di insonnia che emergono dalle situazioni descritte.

Tutti coloro che lo circondavano erano terrorizzati dalle sue sfuriate, tanto che nessuno osava contraddirlo. Arrivisti e corrotti miravano, a qualunque costo, alle cariche più alte: “ognuno cercava di accaparrarsi un buon posto e sperava, rendendo buoni servigi e grazie ad un comportamento deciso, di farsi notare e ottenere una promozione. Chi dimostrava più risolutezza ed era senza scrupoli, si assicurava favore e cariche. Muovere serie obiezioni era considerato un atteggiamento sorpassato dettato da pregiudizi borghesi.” Fu così che gli “esperti” che interpellava “gli gettavano polvere negli occhi”, nascondendogli le verità, minimizzando le difficoltà e riferendogli soltanto “notizie favorevoli e piacevoli”. L’inflazione, per esempio, pericolo del quale Rausching lo avvertì oculatamente e che poi puntualmente si verificò, portando il fiorino di Danzica ad un’altissima svalutazione, era considerata dal dittatore, a causa soprattutto dei rapporti che riceveva dagli altri collaboratori, un problema fittizio e facilmente controllabile con violente incursioni delle SA negli esercizi commerciali.

Nei discorsi, già da prima che salisse al potere, egli parlava spesso di ordigni di distruzione di massa, gas tossici, armi elettriche e batteriologiche. Mirava alla disgregazione dell’Impero Britannico, a colonizzare l’Argentina, la Bolivia e il Messico, respingendo “l’influsso del Nord America, della Spagna e del Portogallo” e “si immaginava un dominio tedesco anche nell’Africa centrale”.

Facile pensare, quindi, che se la denuncia di Rauschning fosse stata presa per tempo in seria considerazione dai governanti europei dell’epoca, forse i tragici danni del nazismo avrebbero potuto essere più limitati o addirittura evitati.

Questa importante testimonianza è corredata da una “piccola cronologia hitleriana”, da diverse eloquenti illustrazioni, ma soprattutto da un ricco saggio di David Redles sulla biografia di Rausching, sulle vicende della sua opera e sulle credenze antisemite di Hitler.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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