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Fight Club o Tao Te Ching? Boh, datemi un dottore e che sia bravo

C’è chi dice che l’arte dovrebbe guarire e nascere da un livello di coscienza superiore, in cui siamo capaci di stare sospesi e in estasi nella danza delle realtà. Jodorowsky docet. Sono d’accordo. 

In questo modo tutto l’universo trova un senso e lo spirito si riempie di gratitudine nell’esserne parte e tutti parliamo di un qualche Dio o qualche forma di Dio o qualche visione illuminante o stato di grazia ricevuta che ci ha folgorati nel cammin di nostra vita e da questo contatto superiore è nata quell’opera evoluta. Noi siamo evoluti e in questo modo possiamo far evolvere l’intero universo. Sono d’accordo anche con questo. 

Ciò nonostante, non credo che Van Gogh nel tagliarsi un orecchio o nel dipingere dei girasoli che raccontano un’assenza incommensurabile abbia avuto una qualche folgorazione divina. Credo che avesse un’assoluta necessità di strapparsi un dolore esistenziale e metterlo da qualche parte pur di estirparlo. Così invece di spararsi o sparare a qualcuno ha dipinto la sua storia. Tanto di cappello.

Eppure qualcuno non considera questo tipo di espressione intima “arte”, ma malattia, in quanto l’effetto che procura nel fruitore è un dolore altrettanto immane, e in quanto l’artista, a quanto pare, si trova ancora in stallo nei suoi nodi metagenealogici, psicologici, emotivi, infantili, creativi, sessuali e tutto ciò che possiamo aggiungere assumendo il ruolo di Jung o Freud e berci un té caldo mentre ne discorriamo. 

E magari Van Gogh non era figo come Magritte che, dopo aver visto da bambino il cadevere di sua madre suicida, è riuscito a liberarare se stesso e liberare il mondo con il surrealismo. 

E magari questa visione è corretta, ma anche Van Gogh è un artista. 

E sì, probabilmente affermo questo perché anch’io ho bisogno di un dottore a volte, e che sia uno bravo. 

C’è anche chi, come Rilke, dice che se scrivere è una necessità così forte da non poterla trattenere in te, ogni giorno dovresti farlo, e quell’atto di necessità è un atto creativo. 

E magari sì, le cose che scrivi sono impregnate di nevrosi e follia e non sollevano lo spirito a nessuno, o magari solo a te stesso perché a volte hai solo bisogno di vomitare tutto quello che hai dentro. Come oggi per esempio.

E magari sì, Leopardi era depresso e bipolare, Kafka era nevrotico e amoressico e Bukowski pure. E leggere i primi ci fa stare male e il secondo ci fa sorridere e l’amaro resta.

E sì, se avessero risolto tutti i loro problemi mentali forse sarebbero state persone più positive e felici nella vita, forse si sarebbero sposati e avrebbero avuto figli e forse Charles non avrebbe bevuto tutto quel whiskey e non si sarebbe fumato anche sua nonna. Ma non avrebbero scritto quello che hanno scritto e non avrebbero lasciato una traccia della loro lotta nello stare nel mondo, malati quali erano. 

E francamente io ho bisogno di riconoscermi da qualche parte, e riconoscermi in loro mi fa sentire meno sola nella mia follia.

Siamo tutti malati, almeno un po’, e tutti cerchiamo di guarire a nostro modo e lo scopo è per tutti noi lo stesso: trovare pace nella danza delle realtà.

Il problema è che a volte anche se possiamo razionalmente comprendere che questa “danza” altro non è che una proiezione del nostro subcoscio, del nostro mondo interiore, del nostro karma, del nostro albero genealogico che non siamo ancora riusciti a superare; anche se la danza possiamo vederla come se fosse un sogno e ricordarci di Calderon de la Barca, a volte vogliamo solo dire che questa “danza” puzza di merda e da troppo tempo. 

E sì, cerchiamo la salvezza e sbagliamo sempre strada. Non siamo fighi. 

Non siamo hip, siamo nerd.

C’è chi dice che la felicità o la grazia divina o la sensazione di estasi è possibile in ogni istante: certo, rispondo, sempre che tu riesca a starci dentro ogni volta.

Mi chiedo a volte: che droghe ci sono a disposizione per starci dentro ogni volta, così che io possa sorridere della morte perché esisto e perché ho uno scopo nella vita e perché, nella visione alchemica, sono io stessa una pietra filosofale, se riuscissi a comprendere il concetto di eternità? Sono d’accordo, è tutto molto figo, è tutto molto New Age, è tutto molto positivo, ed è tutto sacrosanto e sono molto felice che la Lao Tzu abbia capito tutto e ci abbia donato il Tao Te Ching e che insieme a Buddha, ai maestri Zen, ai Samurai e agli Yogi questi geni ci abbiamo consegnato la meditazione. 

E sì, la meditazione esiste, è reale e aiuta a guarire. 

Resta il fatto che, poiché siamo malati e ancora non siamo riusciti a guarire, a volte ce ne sbattiamo della respirazione Zen, perché non siamo così fighi. 

E magari Bukowski non era un figo, e magari neanche Kerouac o Kafka o Hemingway o Woolf e magari a loro la meditazione è servita a ben poco e ne sono felice, perché almeno so che qualcuno stava messo come me e scriveva per non impazzire. Non tutti loro ci sono riusciti. C’è chi si è ammazzato e ha detto fanculo a tutto. 

Che peccato qualcuno può dire. Se solo avesse avuto un buon dottore e fosse riuscito a diventare il dottore di se stesso, chissà che vita diversa avrebbe avuto. 

Peccato, hanno fallito. 

Non sono d’accordo. Non tutti siamo fighi sempre, e non tutti siamo in grado di starci in questo mondo e non tutti siamo in grado di accettarlo tale e quale è ogni giorno; a volte la risposta alla domanda sull’universo e tutto quanto, come scrive Douglas Adams, sembra essere solo 42 e non ci resta che fare l'autostop nello spazio.

E, sì, ci sono cose meravigliose nella vita e, sì, se ci sforziamo possiamo vedere la luce anche se poca, come ci ricorda Charles, e possiamo non sbattere il cuore nella cantina dell’arrendevolezza. 

E per alcuni malati e folli che fumano e bevono e si drogano e si devastavano e non riescono a smettere, la lotta sta nel sedersi e scrivere quello che hanno dentro. E, sì, forse è del tutto nevrotico e malato e non ce ne frega un cazzo. 

Scusateci se non siamo fighi. 

Scusateci se a volte come in Fight Club ci viene solo da pensare e dire a tutti “Tu sei solo la canticchiante e saltellante merda del mondo”, scusateci. 

Siamo veramente messi male. Se il vostro dottore è così bravo, pagateci una seduta lunga una vita intera.

 

Immagine: The New Yorker

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