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Fiat: Marchionne obbligato ad accettare i pagherò dei serbi a causa della siccità e della crisi agricola

Intanto la fabbrica di Termini Imerese potrebbe finire in mano ai cinesi intenzionati a penetrare in Europa

Il Vice Presidente della Fiat Enrico Altavilla in questi giorni di ritorno da Belgrado, dove ha incontrato il Ministro serbo dell’Economia Mladjan Dinkic, ha tranquillizzato tutto l’establishment del colosso automobilistico di Torino circa la volontà in capo al nuovo Esecutivo serbo, guidato dal nazionalista Presidente della Repubblica Tomislav Nikolic, a rispettare gli impegni presi ed a garantire alla Fiat Automobili Serbjia ( la Fas) le sovvenzioni statali promesse.

A causa però della siccità che ha colpito le campagne della maggiore nazione dell’ex Jugoslavia nei mesi di luglio ed agosto scorsi, e che ha causato il dimezzamento della produzione di granturco, la Serbia non potrà più corrispondere alla casa del Lingotto 90 milioni di euro in un’unica tranche ma li verserà in due rate rispettivamente da cinquanta milioni la prima, che verrà corrisposta entro il 2012, e da quaranta milioni la seconda da versarsi entro il 2013. Non si poteva d’altronde fare altrimenti giacché il precedente governo di Belgrado non aveva inserito nel bilancio revisionale dello Stato per l’anno in corso alcunché e, quindi, sarebbe stato giocoforza obbligatorio da parte di Nikolic chiedere al Parlamento una manovra di aggiustamento del Bilancio, sacrificando allo scopo gli aiuti straordinari promessi agli agricoltori danneggiati dalla siccità. I contadini serbi del sud del Paese e, soprattutto, della Voivodina non avrebbero tanto volentieri accettato ciò e, dal momento che rappresentano il più genuino zoccolo elettorale del nuovo Esecutivo nazionalista, sono stati accontentati.

L’Amministratore Delegato della Fiat Sergio Marchionne ha dovuto così fare buon viso a cattivo gioco ed ha accettato i “pagherò” serbi. Martedì sarà a Belgrado dove in compagnia del Presidente Nikolic visiterà il nuovo stabilimento, sorto ai tempi del socialismo reale con il marchio Zastava, Fiat di Kragujevac. Qui, da luglio, si producono le nuove 500L che sinora si costruivano a Mirafiori. Sicuramente l’allargamento degli interessi Fiat pure all’Europa slava costituisce un successo per la storica casa subalpina e per l’imprenditoria italiana in genere ma tale delocalizzazione comincia, in un periodo di drammatica crisi occupazionale pure in Italia, a porre degli inquietanti interrogativi ai sindacati che temono innanzitutto che il trasferimento della produzione della 500L nell’ex Jugoslavia sia il preludio ad un disimpegno sullo storico stabilimento di Mirafiori. A tanto fervore da parte di Marchionne nei Balcani corrisponde un’assoluta incertezza sul destino del dismesso stabilimento Fiat di Termini Imerese che, si vocifera, dovrebbe essere ceduto ai cinesi di Chery od a qualcun altro imprenditore sinora non identificato. I cinesi sarebbero molto allettati dalla proposta di entrare sul mercato dell’Unione europea con prodotti fabbricati all’interno di questa, e quindi non soggetti ad eventuali dazi. Marchionne, dal canto suo, sta cercando di portare ad Est la sua battaglia contro gli storici marchi che offuscano le posizioni Fiat nel vecchio continente e cioè contro la Ford, che produce auto nella vicina Craiova in Romania, contro la Renault, che con il marchio Dacia parimenti lavora in Romania, e contro la Volkswagen che con lo storico marchio Skoda produce auto nella Repubblica Ceca. Fiat, rispetto ai concorrenti, però a proprio vantaggio ha un fattore non indifferente e cioè il fatto che ci vorranno ancora molti anni prima che la Serbia entri nell’Unione europea e che, quindi, le sia interdetto di concedere aiuti di Stato alle imprese.

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