Ue e migranti: il cosiddetto "Blocco dell’Est" mostra le sue crepe. Johannis: "La Romania accoglierà 6300 profughi in due anni"
Per il momento il capogruppo del PSE-PD Gianni Pittella ha sospeso il recalcitrante leader slovacco Robert Fico.
Dopo la votazione a maggioranza con la quale martedì scorso il Consiglio dei Ministri degli Interni dei 28 Paesi dell'Unione Europea ha licenziato il piano di ripartizione dei rifugiati come previsto dalla Commissione Europea, e soprattutto dopo il vertice tra i Capi di Stato e di Governo dell'Unione conclusosi poco dopo la mezzanotte di mercoledì, a Bruxelles e nelle altre 27 capitali europee si iniziano a tirare le somme in vista dell'apertura, il prossimo mese di novembre, dei primi "Hotspots" in Italia e Grecia ove si dovrebbe provvedere a separare i migranti economici dai rifugiati richiedenti asilo.
A due giorni dal summit straordinario inizia a scricchiolare quello che, forse un po' troppo frettolosamente, è stato definito "Il blocco dell'Est" composto da quattro Nazioni dell'Europa centrale che hanno votato contro il piano Junker, in difformità cioè al voto degli altri 24 Parsi della Confederazione. Da una posizione di aperto contrasto alle politiche europee in materia di immigrazione si sono innanzitutto defilati i Cechi che non impugneranno, così oggi ha fatto intendere Praga, il piano Junker di fronte alla Corte di Giustizia dell'Unione, cosa che invece faranno i loro " fratelli" Slovacchi, come ha sottolineato da Bratislava il premier Fico. "Nessun musulmano calpesterà il suolo della Slovacchia cristiana, non prenderò nessuno", ha tuonato.
Per tutta risposta si è beccato da Gianni Pittella, l'italiano capogruppo dei socialisti e democratici europei al parlamento di Strasburgo, la sospensione "sine die" dallo schieramento. A far capire che comunque, anche gli Stati più riottosi avrebbero aperto è stato nel corso di due conferenze stampa il Presidente della Repubblica romeno Klaus Johannis che partecipa, in rappresentanza del suo Paese in ogni Consiglio Europeo ove si discuta di politica estera essendo la Romania una Repubblica semi- presidenziale.
"La Romania partecipa allo sforzo di solidarietà dell'Unione Europea nei confronti dei rifugiati provenienti dalle zone di guerra ma avverte che la solidarietà deve essere accompagnata da senso di responsabilità in modo di non costringere le Nazioni più povere dell'Unione, come la Romania, a sobbarcarsi pesi insostenibili vanificando ogni seria politica di integrazione dei rifugiati richiedenti asilo. La Romania comunque farà la sua parte accogliendo nel prossimo anno circa quattromilatrecento profughi ed in occasione della redistribuzione successiva, cioè nel secondo scaglione, altri duemila, arrivando così ad ospitare in due anni circa seimila richiedenti asilo. E' uno sforzo alla nostra portata. Quello che continua a dividerci dalla Commissione Junker non è il merito della questione quanto la metodologia usata per ripartire i profughi, una metodologia basata su ferree regole matematiche obbligatorie che non ci trova d'accordo. Avremmo voluto una ripartizione basata su accordi bilaterali tra l'Unione ed i singoli Stati. Per il resto posso dire che accoglieremo i seimilatrecento rifugiati e solleciterò il governo a cambiare la legge romena sull'asilo visto che la Commissione europea ha aperto, contro la Romania così come contro altri diciotto Stati dell'Unione, in materia una procedura d'infrazione": queste in sunto le parole pronunciate nel corso dei due discorsi, il primo tenuto a Bucarest presso la sede della Presidenza della Repubblica cioè a Palazzo Cotroceni a mezzogiorno, le undici in Italia, di mercoledì poco prima di decollare per Bruxelles ed il secondo a vertice concluso, da Klaus Johannis.
Una serie di dichiarazioni che ha contribuito a distendere gli animi. Resta ancora da capire cosa farà il "falco" Viktor Orban, il leader ungherese che finora si è distinto nell'arte di costruire muri anti- migranti che oggi però appare sempre di più una sfinge: non ha annunciato il deposito all'Alta Corte europea, come ha fatto il collega slovacco, di un ricorso contro la decisione di ripartire i profughi sulla base di quote obbligatorie ma neanche ha manifestato l'intenzione di accettare immigrati islamici sul suolo magiaro.
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