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Feltri, una vita da mediano. Alla Benetti

Certe volte la memoria mi tradisce. Ma solo sui fatti di dominio pubblico. Quelli privati, infatti, li ricordo benissimo. Da cosa dipende questa selettività della memoria? Perché i fatti privati li ricordo così bene e su quelli di dominio pubblico sono continuamente assalito dalle incertezze? Forse perché la scena politica pullula di persone che oggi sono così diverse da quello che erano ieri da farci dubitare di noi stessi e della nostra memeoria. Prendiamo quelli che attaccano ferocemente la stagione di Mani Pulite.

Feltri, una vita da mediano. Alla Benetti

Ecco cosa scriveva nel 1992 Vittorio Feltri, allora direttore dell’Indipendente, a proposito degli arresti: "Ma questa è una pacchia, un godimento fisico, erotico. Quando mai siamo stati tanto vicini al sollievo? Che Dio salvi Di Pietro" (15 giugno 1992).

E quando Craxi che lui chiamava il Cinghialone, riceve il primo avviso di garanzia: "Mai provvedimento giudiziario fu più popolare, più atteso, più liberatorio di questo firmato contro Craxi...
 
Di Pietro non si è lasciato intimidire dalle critiche, dalle minacce di mezzo mondo politico (diciamo del regime putrido di cui l’appesantito Bettino è campione suonato) e ha colpito in basso e in alto, perfino lassù dove non osano nemmeno le aquile...

Craxi ha commesso l’errore di spacciare i compagni suicidi (per la vergogna di essere stati colti con le mani nel sacco) come vittime di complotti antisocialisti.

[...] Intorno a Craxi c’è una folla di ladri, di mariuoli, di portaborse lesti di mano, e lui li scambia per fedeli servitori non suoi ma del Sacro Ideale? Andiamo: o cieco o rincoglionito o connivente o, peggio ancora, complice. Di qui non si scappa. Lo stesso Bettino, a quanto se ne sa, non si lascia mancare il superfluo.

[...] I giudici lavorano tranquilli. In assoluta serenità: sanno che i cittadini, ritrovata dignità e capacità critica, sono dalla loro parte. Come noi dell’Indipendente. Sempre" (16 dicembre 1992).

Sempre, Vittorio?

Sappiamo com’è andata. Diventato Direttore del Giornale che fu di Montanelli, Feltri diventa un accanito nemico di Di Pietro.

Che male c’è, diranno alcuni? Solo i cretini non cambiano idea.

Infatti Vittorio, che cretino non è, lo fa spesso.

Dopo avere attaccato Di Pietro per anni, nel 1997, per evitare di pagare un risarcimento milionario per calunnia, gli chiede scusa pubblicamente sulla prima pagina del Giornale, dopo averlo attaccato per una presunta regalia ricevuta da Pacini Battaglia: "Non c’è il tesoro di Di Pietro, ci siamo sbagliati e chiediamo scusa".


In questi giorni Feltri torna alla carica, sempre con Di Pietro.

Cerca di sostenere che fu, all’epoca di Mani Pulite, nient’altro che una pedina nelle mani dei servizi segreti americani (ci viene da chiedere: lo erano anche Borrelli, Colombo, Davigo e tutti gli altri? E che interesse aveva la Cia a smantellare un sistema politico che considerava gli Stati Uniti un punto di riferimento?).

Ecco cosa scrive il Giornale, con il sistema ben conosciuto dell’insinuazione, a proposito di alcune fotografie d’epoca in cui Di Pietro appare insieme con Contrada e con il colonnello Mori:

"In quelle carte e in quelle foto che circolano clandestinamente si troverebbero insomma indizi che se non smontati dimostrerebbero come Mani pulite fosse un complotto internazionale e come Di Pietro non fosse il magistrato senza paura e senza macchia che ha voluto farci credere. Ce ne sarebbe abbastanza per riscrivere la trama, e i giudizi, degli ultimi vent’anni di storia italiana!".

Insomma, la solita storia: prima forcaiolo contro Craxi, poi garantista a favore di Berlusconi, adesso di nuovo forcaiolo contro Di Pietro (a quando le scuse e le smentite, Vittorio?).

Notate la soavità del metodo.
 
 
Non ci dicono che Di Pietro era nei servizi segreti. Troppo rischioso.

Ci dicono che in quelle foto si troverebbero ( notate la prudenza del condizionale) indizi (per carità, mica prove!) che, se non smontati (da chi? Chi li dovrebbe smontare?) dimostrerebbero ecc. (e dagli con il condizionale!).

Un grande giornalista, non c’è che dire.
 
Molti lo ammirano per questo. E’ il mediano alla Benetti che ci serviva, aggiungono.

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