• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Essere o non essere? Capitalismo o socialismo? L’importante è (...)

Essere o non essere? Capitalismo o socialismo? L’importante è vivere

Nell’epoca che stiamo vivendo, piena di ansietá politiche e instabilità economiche, sta nuovamente emergendo la teorizzazione della morte del Capitalismo.

I teorici di questa ipotesi da sempre hanno sviluppato concetti partendo da situazioni statiche e prospettandole in funzioni dinamiche, ossia da un punto fermo, che è l’epoca nella quale vivono, per elaborare tesi applicabili in un futuro prossimo o remoto.

Il requiem del Capitalismo è stato invocato molte volte e varie persone, in tempi diversi, hanno cercato di teorizzare e di realizzare societá senza questa componente socio-culturale.

I principali furono:

· Karl Marx, che nel 1848 teorizzó la nascita di un nuovo sistema politico-economico, sostitutivo del capitalismo, elaborato nel libro “Il Capitale”;

· Vladimir Il'ič Ul'janov, detto Lenin, che attraverso la rivoluzione bolscevica del 1917 iniziò l’esperienza di un sistema di vita comunista in Russia;

· Mao Tse Tung, che nel 1949 iniziò l’esperienza maoista cinese;

· Fidel Castro, che ancora é emblema dell’esperienza cubana iniziata nel 1959.

Ho lasciato da parte i tentativi perpetrati dopo la 2ª Guerra Mondiale nelle aree asiatiche ed europee: penso che furono piú strumentalizzazioni che scelte popolari; come anche non prendo in considerazione il nuovo populismo dell’America Latina o il credo fondamentalista Mussulmano: non si basano su applicazioni ideologiche o su elaborazioni di dottrine alternative, ma solamente in “confronto-scontro permanente” contro i maggiori Paesi rappresentanti del sistema capitalistico: mi sembra la riedizione contemporanea dell’antico “Scipione il Temporeggiatore”: sembra una boutade.

Per primo dobbiamo dar credito alla elevata capacitá di trasformazione e di adattamento del capitalismo (inteso come sistema politico-economico) rispetto al mondo che lo circonda: la volontá di accumulare, beni mobili o immobili, fa parte della societá dell’uomo che, fin dalla nascita, é piú propenso a possedere le cose rispetto che a concederle. Per questo dobbiamo intendere che il capitalismo fa parte di noi stessi (inteso come comunità unama) e entra in crisi per segnalare alle Nazioni (che formano la comunitá mondiale) quando stanno agindo in modo errato. É come il nostro corpo quando passiamo per una intossicazione: i nostri equilibri funzionali mostrano segnali di alterazione rispetto a situazioni di fisico sano.

 Quali sono i fondamentali del capitalismo? La direzione del capitalismo é: - accumulare energie (l’utile); - respirare (i soldi); - pompare sangue (il credito, ossia la fiducia).

E noi dove ci troviamo in questo momento? In brevissima sintesi:

1. Abbiamo sfuocato l’obbiettivo dell'accumulazione, cercando di incrementare l’utile attraveso la speculazione (intossicazione per debito);

2. Abbiamo dovuto ridurre il flusso di denaro per controllare la deflagrazione di una sicura inflazione devastante (minore capacitá respiratoria = minore ossigenazione del sangue);

3. É diminuita drasticamente la fiducia tra le parti e nel futuro (rischio di arresto cardiaco).

Se torniamo indietro nel tempo possiamo vedere come il capitalismo é cambiato in conformitá alle mutazioni socio-economiche degli esseri umani: in un capitalismo selvaggio furono introdotte norme e, procedendo, si é passati da un capitalismo regolamentato per arrivare all’attuale capitalismo semi-democratico, in crisi. Volendo o meno, tutti dobbiamo accettare la prossima trasfomazione che spinge verso un capitalismo con regime democratico, dove la partecipazione alla accumulazione deve essere redistribuita e aperta al maggior numero di entitá e dove deve essere riconosciuto, come capitale, anche l’intelletto umano.

É arrivata l’ora che vengano aperte le porte delle “Stanze dei Bottoni” delle organizzazioni mondiali, diventando questo comando piú accessibile che oligopolista, come é attualmente. E smettere di confrontare il socialismo con il capitalismo, che non sono antagonisti. Sono movimenti socio-culturali che possono convergere verso uno stesso punto, abbracciando cosí un arco maggiore e comune.

Il Capitalismo non morirá mai, ma si trasformerà adeguandosi allo sviluppo dell’umanità attraverso l’aggiornamento sociale.

Anni che furono, nelle scuole italiane e intorno ai 13 anni di etá, esisteva l’obbligo della Narrativa che consisteva nel leggere-analizzare-riassumere un unico libro da parte di tutti gli alunni di tale classe: “Il Gattopardo”di Giuseppe Tommasi di Lampedusa, libro nel quale l’autore narrava accadimenti siciliani della sua antica famiglia nobiliare intorno alla metá del 1800. Questo libro rimarrá immortale nei tempi perché l'idea che lo percorre rispecchia quella della vita e si puó riassumere in “niente cambia, ma tutto di trasforma”.

Per comprendere il Capitalismo si deve:

a. Intendere e accettare il trasformarsi dell’intelletto umano, che é la capacitá degli uomini di adattarsi a qualsiasi tipo di situazione;

b. Credere nella sociabilitá umana, che é la capacitá degli uomini di arricchirsi attraverso lo scambio di idee.

Questa è la base del Capitalismo, che è anche dare credito al prossimo sapendo adeguare la reciproca fiducia a qualsiasi tipo di stato socio-politico-economico.

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.49) 12 luglio 2014 17:45

    Si può definire Capitalismo quel sistema in cui il capitale finanziario si moltiplica senza passare per l’economia reale? Io dico di no.
    Oggi buona parte del capitale finanziario ha divorziato dall’economia reale: snobba il mercato dei titoli seguendo circuiti alternativi, oppure entra nelle Borse per moltiplicarsi grazie alle sole variazioni dei titoli. Che è qualcosa di concettualmente analogo a guadagnare soldi giocando alla roulette. E’ Capitalismo giocare alla roulette?

    E si può chiamare poker quel gioco nel quale uno dei giocatori può scegliersi a piacimento le carte dal mazzo e modificare le regole del gioco secondo le sue convenienze? Non è questa la situazione attuale del cosiddetto Capitalismo, dove il potere finanziario (il giocatore) prevale in tutto sul potere politico (il regolatore)?

    In un sistema capitalistico funzionante il capitale finanziario esercita la funzione di propulsore e di controllore sull’economia reale all’interno di un quadro di regole prestabilite dall’autorità politica.

    L’investitore impiega il suo capitale in quei settori economici nei quali ha fiducia, che conosce, dei quali segue le sorti, per avere un profitto. In tal caso il profitto corrisponde a ricchezza reale prodotta, non ad un numero sopra un pezzo di carta.
    Ma se solo il valore nominale dei cosiddetti derivati assommano in totale a oltre 10 volte il PIL mondiale, a quale ricchezza reale corrisponde quel valore? E questo solo per citare il caso più immediatamente riconoscibile dei derivati, senza considerare la somma complessiva del capitale nominale che lievita in Borsa senza uscirne grazie a miliardi di transazioni ciascuna della durata di frazioni di secondo.

    Cosa se ne fa un’azienda del capitale se questo, da un ora all’altra, gli attribuisce un valore slegato da ogni dato reale?
    E perché dovrebbe condurre bene i suoi affari se al capitale interessa solo che le sue azioni salgano e scendano il più possibile?

    Facciamo un esempio reale facilmente comprensibile, parliamo della cosiddetta bolla immobiliare statunitense che ha innescato l’attuale crisi economica mondiale.

    La vicenda è nota: mutui immobiliari erogati con estrema facilità ad un gran numero di americani di dubbia solvibilità hanno spinto in alto i prezzi degli immobili. Questi mutui, detti subprime, sono stati "incartati" dentro strumenti finanziari dalle grandi banche d’affari americane, sono stati bollati come affidabili dalle agenzie di ratings, sono passati sotto il vaglio delle autorità di controllo governative americane, sono stati acquistati da quasi tutte le banche europee, hanno aumentato il loro valore nominale passando di mano in mano.

    Poi è successo che in USA la crisi ha iniziato a mordere: complici le cospicue delocalizzazioni e le ingentissime spese militari dovute alle guerre neocon, e i mutui concessi a tutti si sono trasformati in sofferenze.

    Le banche americane ed europee con la pancia piena di derivati hanno visto la loro capitalizzazione incenerirsi da un giorno all’altro allo svanire del valore fittizio attribuito ai subprime.
    Valore di carta, non corrispondente a nessuna realtà economica, che della ricchezza vera non aveva nulla.

    Ma, oltre a queste degenerazioni del capitalismo, delle quali dobbiamo essere grati a quei due grandi statisti di Tatcher e Reagan, esiste anche un’altro aspetto della realtà che va tenuto presente.

    Il Capitalismo ha bisogno di far crescere costantemente l’economia. Chi investe il suo capitale finanziario lo fa per avere un profitto: se investe 1000 punta ad avere 1000 + x, altrimenti non investe affatto. E se il capitale finanziario non viene investito, a meno di passare al baratto merce contro merce, le imprese chiudono e l’economia muore.

    Dunque, in un Capitalismo normale, non di carta, deve necessariamente esserci un continuo aumento di volume del capitale finanziario e un corrispondente aumento costante del volume delle merci prodotte dal sistema economico.

    E qui sorge un problema: l’aumento del volume delle merci prodotte, direttamente o indirettamente comporta l’aumento del consumo di risorse naturali.
    Come conciliare questa esigenza di crescita infinita con un contesto di risorse naturali non infinite?

    Ecco, se non torneremo al Medioevo a causa dello scoppio della immane bolla costituita dal capitale fittizio circolante l’alternativa è scoprire di avere tagliato il ramo sul quale siamo seduti.

    Concludo con un po’ di sana retorica:
    "Solo quando l’ultimo fiume sarà prosciugato, quando l’ultimo albero sarà abbattuto, quando l’ultimo animale sarà ucciso, solo allora capirete che il denaro non si mangia."
    Ma non c’è da preoccuparsi: chi ha pronunciato questa frase non capiva nulla di economia e finanza.

  • Di (---.---.---.10) 13 luglio 2014 01:14

    Il modo di pensare, ossia lo sviluppo delle idee, si trasforma in conformitá alla situazione contingente nel quale vive.

    Non é trasformismo politico, ma significa trovare l’opportuno Valore da Aggiungere ai prodotti e adeguato al momento.

    Per questo dobbiamo smettere di accostare il Capitale a Speculazione e Utilitarismo: questi ultimi due non possiedono Valori Aggregati, bensí tendono a impoverirli essendo una semplice accumulazione di ricchezza che non si muove.

    Dobbiamo iniziare a rifondare gli strumenti che formano il capitale che non deve piú basarsi unicamente nel mezzo finanziario, ma allargarsi a quello intellettuale.

    É cosí che il capitalismo si avvicinerá al socialismo, ossia un capitalismo piú accessibile e meno oligopolista.

    • Di Persio Flacco (---.---.---.49) 13 luglio 2014 11:35

      Quella che lei propone oggi sembra una soluzione rivoluzionaria, ma in realtà è insita in un Capitalismo "sano", o almeno non troppo malato. 

      In un Capitalismo sano gran parte del valore viene prodotto dall’innovazione in senso lato, dalle idee nuove, dalle scoperte scientifiche, dall’impresa che tenta nuovi mercati e offre soluzioni che non esistevano.

      Quando l’investitore rischia il suo capitale in un’impresa innovativa, e gli fornisce i mezzi per produrre innovazione, non impiega solo i suoi soldi ma anche il coraggio nel sostenere le sue idee. In questo modo concorre a produrre ricchezza reale attraverso il progresso intellettuale e la conoscenza. Ovviamente non investe per filantropia o per amore delle idee nuove: investe per avere un profitto, per arricchirsi. Tuttavia, nel sistema, il desiderio di profitto si trasforma in innovazione e progresso.
      A patto che il desiderio di profitto si eserciti in un quadro di regole stabilite dal potere politico: responsabile ultimo del bene comune.
      Altrimenti, senza regole e controlli, il desiderio di profitto produce l’effetto "volpe nel pollaio": una volpe che riesca ad entrare nel pollaio uccide tutte le galline, anche se può mangiarne solo alcune. Il suo istinto si è sviluppato in un contesto naturale nel quale non si verifica mai che tante prede siano disponibili in un luogo dal quale non possono scappare, per questo non ha sviluppato alcuna capacità di regolazione autonoma.
      Lo stesso vale per la Finanza: i teorici dell’ultraliberismo hanno liberato la volpe nel pollaio assicurando che si sarebbe autoregolata. Si sono sbagliati: la volpe sta divorando tutto, anche il suo stesso futuro.

      Comunque, questo discorso vale per le degenerazioni del Capitalismo, non serve a risolvere il problema della crescita infinita in un contesto finito. Il Mondo è diventato troppo piccolo e fragile per lasciarlo nelle mani di un sistema governato da istinti semplici e miopi come il desiderio di potere e di ricchezza.
      Chi rappresenta l’interesse comune deve imporre delle linee di indirizzo generali all’interno delle quali il Capitalismo possa sviluppare la sua capacità innovativa senza fare danni.

      Purtroppo sarà impossibile farlo in tempo utile, non con le buone almeno. Ricordo che il Presidente Obama espresse la sua simpatia al movimento Occupy Wall Street e alle sue sacrosante richieste. Il Movimento è stato infiltrato dall’FBI, i suoi leader sono stati minacciati, le sue manifestazioni di fatto proibite. Alla faccia delle garanzie costituzionali.

      Lo stesso Obama è stato eletto dai cittadini americani sulla base di un programma politico innovativo: salvaguardia delle aree naturali, divieto delle trivellazioni offshore, investimenti pubblici nelle energie alternative, limitazione del nucleare, lotta alle lobbies, distensione nei rapporti internazionali, de-escalation negli armamenti.
      Oggi possiamo affermare con sicurezza che Obama e i cittadini americani sono stati sconfitti da un potere più forte di loro.
      Non è facile riacchiappare la volpe.

  • Di ARMANDO CAPPELLO (---.---.---.10) 13 luglio 2014 13:43
    ARMANDO CAPPELLO

    Esistono modi di crescere e modi di degenerare.

    Il raggiungimento di mete, percorrendo strade identificate, significa crescere; se eliminiamo anche solo uno dei precedenti concetti, cadiamo nella degenerazione.
    Rimando la discussione all’articolo che o appena proposto, dal titolo "DEMOCRAZIA ILLUSORIA O REALE?", e che tratta del rapporto Capitalismo/Democrazia.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità