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Ernest van der Kwast tra Trentino e Salento

Questa è la storia di un ombelico, quello di Giovanna, che sfrontata lo esibiva sulle spiagge salentine un anno prima che alla piscina Molitor di Parigi la spogliarellista Micheline Bernardini osasse il bikini, nel 1946.

L'ombelico che Ezio Ortolani baciò, nella stessa estate, perché pareva una profanazione sfiorare le labbra della signorina a cui questo apparteneva. L'ombelico che partecipava ai sussulti del ventre, mentre tanti uomini seguirono Ezio cercando il piacere tra i fianchi di Giovanna, e che lei smise di guardare e toccare dopo che il bambino che aspettava, un puntino di poche settimane, scivolò in un rivolo di sangue tra le sue gambe. E infine di un ombelico raggrinzito di ottant'anni che sentì un guizzo di entusiasmo dimenticato all'arrivo di un treno dal Trentino al binario 4 della stazione di Lecce, sessantadue estati dopo il 1945.

Ernest van der Kwast, nato a Mumbai nel 1981 da madre indiana e padre olandese, cresciuto a Rotterdam, con un passato da campione di lancio del disco, studi in Economia, un trasferimento in Alto Adige e una compagna di Bolzano, scrive una storia talmente piacevole e rassicurante che più che leggerla sarebbe meglio sedersi a gambe incrociate e farsela raccontare.

C'è tutto il gusto di un ottimismo allegro che testardo lotta per il lieto fine, nessuna pretesa intellettuale - e per fortuna -, perché ogni tanto si ha bisogno di dedicarsi a una storia carina e basta, e uno stile di narrazione fresco, eppure saggio, come se a raccontare la vicenda fosse un vecchio felice.

Certo, non avrebbe guastato un po' di originalità in più ad un romanzo la cui conclusione è chiara sin dalle prime pagine, ma la rinuncia a una trama dai voli pindarici è compensata da un'attenzione altissima per le percezioni fisiche e la loro capacità di imprimersi nei ricordi, che tralascia gli esercizi culturali per allettare con una narrazione sensoriale.


Dopo "Mama Tandoori", la brillante fatica del 2010 sulla storia della sua famiglia e sull'effervescente personaggio della madre Veena, che ne ha decretato il successo letterario, con "L'ombelico di Giovanna" l'autore si sposta in Italia, per raccontarci di due vite e un lungo amore. Traccia un profilo del Paese attraverso le sue impressioni di straniero, che con intelligenza non si lascia sedurre da immagini stereotipate, ma nemmeno ha l'intenzione di sventrarne i lati oscuri. 

Costruisce invece una mappa di sensazioni, raccontando un estremo Nord e un estremo Sud per mezzo di descrizioni e dettagli, tra mele gelate e croccanti pronte ad essere colte dagli alberi di valli alpine, e afa che toglie il respiro nella camminata tra Lecce e la spiaggia di San Cataldo. 




 

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